"L'operazione costruttori si è sgonfiata", ammette un senatore. Situazione in bilico soprattutto al Senato, ma anche alla Camera i numeri sarebbero "ballerini"
Ormai è bandiera bianca: "L'operazione costruttori si è sgonfiata", ammette uno dei senatori che più si era speso in questi ultimi giorni di crisi di governo. Già da 24 ore il lavoro dei neo responsabili era apparso in salita, ma oggi l'appello di Nicola Zingaretti e un nuovo addio di una deputata di Italia Viva (Michela Rostan) avevano sparso un po' di ottimismo. Una nuova serie di contatti e riunioni e l'amara constatazione: il 'soccorso' a Conte con la nascita di un nuovo Gruppo è nelle secche.
Una indicazione è arrivata anche dal vertice dei capigruppo di maggioranza di oggi con il ministro D'Inca: "Una riunione breve, molto tecnica. Senza numeri", viene riferito da uno dei partecipanti. Insomma, si sta scivolando sempre di più verso un passaggio parlamentare all'Ok Corral. Di sicuro al Senato. Qualche voto pro governo spunterà pure. Ma "Conte andrà in aula con 155-158 voti", è la previsione che si fa in ambienti parlamentari di maggioranza a palazzo Madama.
Restando fermo il no a Iv, si tratterà di mettere insieme una maggioranza di volta in volta. Tecnicamente possibile. "Politicamente un esecutivo fragilissimo", ammettono fonti governative. Tra l'altro, Iv a palazzo Madama dovrebbe tenere: salvo colpi di scena, non si hanno notizie di fughe di senatori renziani. E pare che non sia più sul tavolo l'ipotesi che Riccardo Nencini ritiri il simbolo al gruppo di Renzi.
Anche alla Camera, però, i numeri sarebbero 'ballerini'. "Trecentoquindici sì sono tanti -è il dato che rimbalza sulla chat dei deputati M5S- e i 38 renziani venuti meno tantissimi. Qui si stanno dando troppe cose per scontate".
Resta aperta ancor di più, a questo punto, la questione delle dimissioni di Conte e della nascita di un Conte-ter, con il premier e il M5s più orientati ad andare avanti con il 'bis' e il Pd meno convinto. Un nodo di non poco conto, visto che proprio questo avrebbe mandato all'aria l'ingresso nel governo dei centristi con il simbolo dell'Udc abbinato a quello del Ppe e benedetto dal premier, pronto a dare il suo imprimatur all'operazione.
Un piano miseramente fallito ieri mattina dopo una telefonata tra il presidente dell'Udc Lorenzo Cesa e uno degli uomini più vicini al presidente del Consiglio, di stanza a palazzo Chigi. E così ora nulla più appare certo.