La richiesta di differimento pena "per motivi di salute". I giudici di Milano: "Sciopero fame frutto di ragionamento preordinato e consapevole". No anche dai giudici di Sassari. La difesa: "Esito scontato"
I giudici del tribunale della Sorveglianza di Milano hanno rigettato la richiesta di differimento pena "per motivi di salute" per Alfredo Cospito, l'anarchico in sciopero della fame dal 20 ottobre scorso per protestare contro il regime del 41 bis. La difesa, rappresentata dall’avvocato Flavio Rossi Albertini, chiedeva che il detenuto possa scontare la sua pena ai domiciliari, a casa della sorella. Con l'ordinanza depositata i giudici hanno respinto anche la richiesta della difesa di disporre ''in via permanente la collocazione del detenuto nell'attuale reparto di medicina protetta'' dell'ospedale San Paolo di Milano.
Con un provvedimento motivato, i giudici - tenuto conto delle relazioni della Dna e della procura di Torino che evidenziano "l'estrema pericolosità sociale del detenuto in ragione dei suoi collegamenti con l'associazione terroristica denominata Fai/Fri, attualmente ancora operativa" - hanno rigettato l'istanza della difesa, che nulla attiene con il 41 bis ma riguarda esclusivamente la compatibilità delle condizioni di Cospito con il regime carcerario. Il collegio di Milano - composto dalla presidente della Sorveglianza Giovanna Di Rosa, dal magistrato Ornella Anedda e da due esperti, citando espressamente sentenze della Suprema Corte, evidenzia come i domiciliari non possono essere concessi se lo stato di salute viene determinato da comportamenti propri.
"Dagli atti risulta che l'attuale condizione clinica del detenuto Alfredo Cospito è diretta conseguenza dello sciopero della fame che egli sta portando avanti fin dall'ottobre 2022", una forma di protesta non violenta che lo porta ad assumere solo acqua, sale, zucchero e integratori (di recente questi ultimi rifiutati) per protestare contro il regime speciale del 41 bis. Lo sciopero della fame "è frutto di un ragionamento preordinato e consapevole", sostengono i giudici. "Da nessun elemento in atti, si trae che la scelta di Cospito di intraprendere e, attualmente, proseguire nello sciopero della fame, possa essere ricondotta a tratti disfunzionali di personalità (sui quali sarebbe altrimenti doveroso indagare) e ciò in quanto dalle relazioni sanitarie in atti e anche all'esito del consulto psichiatrico risulta che il Cospito è lucido, collaborante, non emergono alterazioni della percezione né acuzie psichiatriche in atto ed egli appare consapevole dei rischi connessi alla prosecuzione del regime dietetico".
Un rifiuto a sospendere lo sciopero della fame - a cui avrebbe rinunciato solo se fossero stati scarcerati "quei quattro vecchi malati" al 41 bis, come manifestato in udienza - con cui esprime "il suo spazio di autodeterminazione, al fine di provocare gli effetti di cambiamento a livello giudiziario, politico e legislativo sopra riportati e dallo stesso auspicati". Le sue condizioni di salute non si pongono in contrasto "con il senso di umanità", ma anzi - a dire del tribunale di Sorveglianza - proprio "l'ubicazione nel reparto ospedaliero" del San Paolo consentono "il più attento monitoraggio clinico concepibile" di cui Cospito necessita.
"DETENZIONE NON CONTRARIA A SENSO DI UMANITA'" -"La strumentalità della condotta che ha dato corso alle patologie oggi presenti è assolutamente certa, al pari della motivazione che ha indotto la forma di protesta e che non rileva in alcun modo in questa sede, preposta alla valutazione della compatibilità dello stato detentivo con la condizione sanitaria", scrivono i giudici del tribunale di Sorveglianza di Milano.
I giudici hanno respinto la richiesta di domiciliari così come un suo ricovero permanente nel reparto dell'ospedale San Paolo, perché la detenzione "non si palesa neppure astrattamente confliggente con il senso di umanità della pena, avuto riguardo alle condizioni oggettive del Cospito, che certamente precarie e a grave rischio - soprattutto di complicanze cardiologiche, neurologiche e metaboliche - sono il frutto di una deliberata e consapevole scelta sulla quale permane 'un discreto compenso cardio-circolatorio' e - attraverso l'ubicazione nel reparto ospedaliero dove si trova - il più attento monitoraggio clinico concepibile".
Il collegio non può quindi, in adesione agli orientamenti della Corte Suprema e alla stessa giurisprudenza dello stesso tribunale, che respingere l'istanza.
"COSPITO DETERMINATO E CONSAPEVOLE DEI RISCHI" - Lo sciopero della fame di Cospito sarebbe secondo i giudici strumento per una battaglia più ampia. "Egli appare determinato nel rifiuto delle terapie proposte, esprimendo così il suo spazio di autodeterminazione, al fine di provocare gli effetti di cambiamento a livello giudiziario, politico e legislativo dallo stesso auspicati".
"Cospito è lucido, collaborante, non emergono alterazioni della percezione, né acuzie psichiatriche in atto ed egli appare consapevole dei rischi connessi alla prosecuzione del regime dietetico", scrivono i giudici. La sua è una volontà che cozza con gli orientamenti della Corte Suprema - non si possono concedere i domiciliari a chi autodetermina le sue condizioni di salute - e che lo costringe al alla detenzione, nonostante le condizioni di salute che non contrastano con "il senso di umanità della pena".
"COSPITO RESTA AL SAN PAOLO, RICOVERO PER GARANTIRE DIRITTO SALUTE" - Cospito resta quindi in regime di detenzione nel reparto protetto dell'ospedale San Paolo. Se la scelta di non alimentarsi di fatto gli nega, secondo giurisprudenza, la possibilità di andare a casa della sorella a Viterbo, d'altro canto il suo ricovero è l'unico modo per garantirgli quello stretto monitoraggio "clinico ed elettrocardiografico" di cui necessita e che solo in un reparto ospedaliero possono essere fornite.
Il digiuno, come forma di protesta, ha determinato l'attuale condizione clinica di Cospito "(allo stato ancora reversibile) e sta determinando inesorabilmente il suo peggioramento" e "l'attuale ricovero in un reparto ospedaliero (seppur in regime carcerario) è stato disposto proprio per garantire ad Alfredo Cospito il massimo grado di tutela del suo diritto alla salute posto che, solo grazie a tale modalità detentiva è possibile effettuare il monitoraggio costante (attualmente anche tramite l'osservazione in telemetria) delle sue condizioni di salute e garantire così l'immediato intervento del personale sanitario in caso di insorgenza di complicazioni", scrivono i giudici.
NO A DIFFERIMENTO PENA ANCHE DA GIUDICI SASSARI - Anche i giudici del tribunale della Sorveglianza di Sassari hanno rigettato la richiesta di differimento pena ''per motivi di salute'' per Alfredo Cospito. La difesa, rappresentata dall’avvocato Flavio Rossi Albertini, aveva chiesto che l’anarchico potesse scontare la sua pena ai domiciliari.
"Nel caso in esame è assolutamente pacifico che l’attuale, precario stato di salute del detenuto – scrivono i giudici della Sorveglianza di Sassari – costituisce la conseguenza del digiuno che questi porta avanti con determinazione dal 20 ottobre, nonché del suo ripetuto e cosciente rifiuto di assumere le terapie consigliate e di adottare i protocolli di rialimentazione proposti dai medici in più occasioni documentate".
"In buona sostanza, pur essendo accertato che le attuali condizioni di salute di Cospito – scrivono i giudici - sono oggettivamente incompatibili con la carcerazione, in regime di 41 bis o meno, preso atto che lo stato di malattia è esclusiva conseguenza delle determinazione dello stesso detenuto sopra riassunte, nessun differimento, sotto alcuna forma, può essere disposto, fermo restando il suo diritto a ricevere le cure di cui necessita presso le strutture sanitarie, carcerarie o meno (cure che lo stesso, se bene si è inteso, non intende peraltro rifiutare)".
LA DIFESA: "ESITO SCONTATO" - "L'esito era scontato, non confidavamo in alcun modo in questa iniziativa, rappresentava un passaggio obbligato per adire, anche sotto questo profilo, le giurisdizioni internazionali. Il caso Cospito è paradigmatico sotto molti profili dello stato di civiltà giuridica del nostro Paese, chissà cosa ne direbbe Voltaire se fosse ancora vivo", afferma l'avvocato Flavio Rossi Albertini, difensore di Cospito.