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Teatro: Latella, il mio 'Natale in casa Cupiello' da orfano di Eduardo

In prima nazionale dal 3 dicembre all'1 gennaio all'Argentina di Roma il testo di De Filippo nella lettura di una delle figure di spicco del teatro italiano contemporaneo. Nell'allestimento la ricerca continua di un dialogo tra lingua italiana e napoletana, non dimenticando mai il confronto tra tradizione e riforma, radici e trasformazione, origini e innovazione

Una scena  di 'Natale in casa Cupiello' diretto da Antonio Latella (Foto di Brunella  Giolivo)
Una scena di 'Natale in casa Cupiello' diretto da Antonio Latella (Foto di Brunella Giolivo)
26 novembre 2014 | 09.12
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Per la Stagione di Progetti 2014-2015 del Teatro di Roma andrà in scena, in prima nazionale, al Teatro Argentina dall'3 dicembre all'1 gennaio prossimi 'Natale in casa Cupiello' di Eduardo De Filippo per la regia di Antonio Latella che si confronta per la prima volta con questo testo. Il capolavoro di Eduardo viene reinterpretato da Latella che si confronta con la tradizione alla ricerca di forme nuove, affrancate dalla riproduzione e dai condizionamenti: "Per ereditare qualcosa bisogna accettare il fatto di non essere più figli ma 'orfani'", afferma il regista.

"Solo quando accetti di essere orfano hai la capacità di ereditare e di capire cosa stai ricevendo. Succede -prosegue il regista- quando smetti di parlare di te stesso e parli dell’altro, provi a esprimerti attraverso l’altro, attraverso colui che ti lascia un’eredità. Se penso al rapporto di Eduardo con la tradizione e allo spostamento dalla tradizione che ha provocato con il suo lavoro, comprendo che noi ereditiamo proprio questo spostamento".

Domina la messa in scena, che vede sul palcoscenico Francesco Manetti, Monica Piseddu, Lino Musella, Valentina Vacca, Michelangelo Dalisi, Francesco Villano, Giuseppe Lanino, Leandro Amato, Maurizio Rippa, Alessandra Borgia, Annibale Pavone ed Emilio Vacca, la ricerca continua di un dialogo tra lingua italiana e napoletana, non dimenticando mai il confronto tra tradizione e riforma, radici e trasformazione, origini e innovazione. Proprio nella lingua risiede l’omaggio di Latella all'Eduardo "artista e uomo, drammaturgo di portata europea".

Per il regista il Presepe, elemento simbolico centrale nel testo è corpo, voce, parola, sguardo, è l’animale chiuso in ogni personaggio, è il dono che ogni personaggio porta al suo Creatore: "La stella cometa non porta nessuna buona notizia, non mi interessano i buoni sentimenti. Luca Cupiello insegue la stella come le pale di un mulino a vento. Lievita in assenza di concretezza e si riduce ad un dolore fasciato di pelle e ossa; un pater fuori ruolo che parla un’altra lingua e si muove in un altro modo" afferma Latella.

"La stella cometa illumina un presepe dietro il quale abbiamo messo -aggiunge il regista- tutto quello che non vogliamo vedere o che non vogliamo accettare, mentre arrivano le feste. La famiglia e le sue relazioni interne. La casa e gli equilibri che governa. Il carrozzone da trainare per un’altra 'madre coraggio'. Quello che i genitori vogliono e quello che i figli fanno, le aspirazioni degli uni e la libertà degli altri, come si dovrebbe essere e come si vuole apparire. Vuoti di senso sempre più difficili da colmare che diventano risacche di risentimento, odio, perbenismo formale diventato un abito troppo stretto per emozioni e sentimenti".

Poi i parenti, i vicini, gli altri. "Le generazioni si avvicendano e sono portatrici di valori diversi, distanti, inconciliabili, dagli esiti imprevedibili. Sguardi pronti a diventare giudizi e a indurci in comportamenti che qualcuno ha assunto come adeguati. Tutti sono immersi in un rituale funebre di interessi e di apparenze. Tutti sono schiavi di un dedalo di aspettative scontate, immobili come i personaggi del presepe, ma qui non ci sono nascite in vista", conclude Latella.

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