Il segretario alla Difesa Usa a Tel Aviv: "Discusso cammino per futuro di Gaza". Terroristi mostrano video con tre rapiti anziani e malati
Dopo l'incontro tra il direttore del Mossad David Barnea ed il premier del Qatar Mohammed bin Abdulrahman bin Jassim Al-Thani, avvenuto venerdì ad Oslo, anche la Cia torna a partecipare ai negoziati per tentare di arrivare ad una nuova tregua a Gaza e la liberazione degli ostaggi ancora in mano ad Hamas. William Burns, l'ambasciatore di lungo corso scelto da Joe Biden per guidare l'agenzia di Langley, è volato a Varsavia per unirsi a Barnea e Al-Thani per il nuovo incontro che si svolge di nuovo in una capitale europea.
La presenza di Burns - scrive su Axios il solitamente ben informato Barak Ravid che è stato il primo a dare la notizia dell'incontro odierno nella capitale polacca - è molto rilevante dal momento che il diplomatico Usa che guida la Cia ha avuto un ruolo determinate per l'attuazione dell'accordo precedente che ha permesso il rilascio di oltre 100 ostaggi il mese scorso, tra i quali diversi americani.
La riunione di oggi a Varsavia avviene dopo che Burns e i vertici dell'intelligence egiziana - altra componente cruciale dei negoziati per il primo accordo - sono stati informati dei risultati dell'incontro di venerdì ad Oslo per rilanciare i negoziati indiretti tra Israele e Hamas, che fonti citate ieri dalla Cnn hanno definito "positivo".
L'incontro di venerdì ad Oslo è avvenuto dopo che un altro viaggio che Barnea doveva fare a Doha la scorsa settimana era stato cancellato dal governo israeliano. Giovedì scorso una fonte israeliana aveva infatti detto che il gabinetto di guerra non considerava che "le condizioni fossero giuste" per riprendere i negoziati, che Stati Uniti e Qatar continuavano a cercare di rilanciare.
A cambiare però la situazione, e l'atteggiamento di Israele, è arrivata la notizia dell'uccisione da parte di militari israeliana a Gaza di tre ostaggi che si erano riusciti a liberare, e che erano usciti da un edificio, sventolando una bandiera bianca. "La tragica morte dei tre ostaggi mi spezza il cuore, spezza il cuore della nazione...impareremo la lezione", era stato il commento di Benjamin Netanyahu in una conferenza stampa sabato sera, ammettendo che gli ostaggi "avevano toccato la salvezza e invece è successo il disastro", assicurando che Israele avrebbe continuato "ogni sforzo diplomatico e militare" per riportare a casa tutti gli ostaggi.
Secondo fonti citate ieri dalla Cnn, l'uccisione degli ostaggi ha dato un maggiore senso di urgenza ai colloqui che sono ripresi ad Oslo e continuano oggi a Varsavia, anche considerando che la morte dei tre ha raddoppiato le pressioni dell'opinione pubblica sul governo israeliano considerare la salvezza degli ostaggi prioritaria rispetto ad altri obiettivi militari.
"La pressione militare è necessaria per il ritorno degli ostaggi e per la vittoria. Senza la pressione militare non avremmo nulla", ha comunque affermato il premier israeliano nella conferenza stampa di sabato sera in cui ha rivendicato la sua opposizione alla sua soluzione dei due Stati e definito gli accordi di Oslo "un errore fatale".
In ogni caso funzionari israeliani citati oggi ad Axios hanno sottolineato quanto il coinvolgimento di Burns sia importante per il raggiungimento di ogni nuovo tipo di accordo, ammettendo che in questo momento è più difficile raggiungerlo, con l'operazione di terra israeliana in corso a Gaza. Una situazione che lascerebbe poco spazio per i negoziati. Nei giorni scorsi, esponenti di Hamas hanno pubblicamente detto che loro sono disposti a rilanciare i negoziati per un nuovo accordo sugli ostaggi solo dopo che Israele ha fermato le operazioni a Gaza.
Il primo cessate il fuoco, entrato in vigore il 24 novembre, e che ha permesso il rilascio di 105 ostaggi in cambio della scarcerazione di 240 detenuti palestinesi, ed ha permesso una parziale ripresa degli aiuti umanitari a Gaza devastata con la popolazione ridotta allo stremo dall'offensiva israeliana che ha fatto quasi 20mila vittime, ed è saltato il primo dicembre, con Israele che ha da allora iniziato l'offensiva di terra.
Mentre sono in corso i colloqui a Varsavia, il segretario alla Difesa Usa Lloyd Austin si è recato intanto a Tel Aviv per incontri con i vertici del governo e dell'esercito israeliano per ottenere una "spiegazione molto chiara" sui piani di Israele riguardo alla campagna a Gaza, mentre la situazione umanitaria nella Striscia diventa ogni giorno più catastrofica e crescono gli appelli globali al cessate il fuoco, con 153 Paesi che hanno approvato la risoluzione non vincolante dell'Assemblea Generale dell'Onu in questo senso che ha ottenuto solo 10 voti contrari.
La visita di Austin arriva dopo quella la scorsa settimana del consigliere per la Sicurezza Nazionale della Casa Bianca, Jake Sullivan, che, secondo quanto rivelato avrebbe detto chiaramente a Netanyahu che Washington si aspetta che Israele passi nelle prossime settimane e non nei prossimi mesi ad una nuova fase, meno aggressiva, della campagna a Gaza.
"Incontro produttivo". A descrivere così i colloqui su X è lo stesso Austin, precisando che sono serviti per "parlare della campagna di Israele in atto per sconfiggere Hamas, includendo obiettivi, fasi e protezione dei civili". "Ci siamo concentrati anche sulle minacce sostenute dall'Iran nella regione - aggiunge - e sul nostro impegno condiviso a contrastare questa aggressione".
Il segretario alla Difesa Usa ha detto che nei colloqui a Tel Aviv ha discusso il cammino "verso un futuro per Gaza dopo Hamas" e della protezione dei civili a Gaza. "Questa tragedia sarebbe aggravata", ha aggiunto il capo del Pentagono, se "alla fine di questa orribile guerra" per israeliani e "i vostri vicini palestinesi" ci fosse solo "più insicurezza, furia e disperazione".
"Come ho detto, gli israeliani ed i palestinesi hanno entrambi pagato un prezzo troppo amaro per ritornare semplicemente al 6 ottobre", ha poi aggiunto, riferendosi al giorno prima degli attacchi di Hamas del 7 ottobre.
Gli Stati Uniti continueranno a fornire a Israele l'equipaggiamento militare "necessario" affinché il Paese "si difenda", comprese munizioni, veicoli tattici e sistemi di difesa aerea, ha dichiarato ancora, ribadendo che "impegno degli Stati Uniti con Israele è inamovibile e nulla deve metterlo alla prova". Il capo del Pentagono, durante il suo incontro con Benjamin Netanyahu, ha comunque chiesto che "si garantisca l'entrata di più aiuti umanitari ai due milioni di sfollati a Gaza". Aiuti che, ha aggiunto, "devono essere distribuiti meglio".
Inoltre, Austin ha ricordato che gli Usa "guidano una forza internazionale nel Mar Rosso per appoggiare il principio basilare della libera navigazione", ribadendo che "devono finire" gli attacchi condotti dai ribelli Houthi, sostenuti dall'Iran, contro le navi commerciali. Infine, Austin, ha affermato che Washington continuerà "ad appoggiare la missione di Israele di localizzare e liberare tutti gli ostaggi". "Sono qui per discutere quello che potremo fare per appoggiare Israele nel cammino verso una sicurezza duratura", ha detto il ministro.
"Riguardo al calendario, questa è un'operazione di Israele e non sono qui per ordinare scadenze o termini", ha poi risposto durante una conferenza stampa con Yoav Gallant, aggiungendo che "è cruciale che Hamas non sia più in grado di minacciare Israele da Gaza e che persino non minacci più Gaza".
Nei giorni scorsi è stato rivelato che gli Stati Uniti avrebbero chiesto ad Israele di passare nel giro di settimane, non mesi, ad una fase meno intensa dell'offensiva a Gaza. Austin ha spiegato di aver avuto "discussioni approfondite sullo stato della campagna", su gli obiettivi e sulla necessità di "ridurre i pericoli per i civili" e la "necessità di mantenere un flusso costante dell'assistenza umanitaria".
"Abbiamo anche alcune idee su come spostarsi da operazioni ad alta intensità ad operazioni a più bassa intensità di tipo chirurgico", ha poi aggiunto, mentre Gallant, da parte sua, ha ribadito che "la guerra richiederà tempo e ad un certo punto raggiungeremo i nostri obiettivi, distruggere Hamas e liberare gli ostaggi".
Tre ostaggi israeliani anziani e malati sono apparsi in un video diffuso dalle Brigate al-Qassam, il braccio armato di Hamas, e rilanciato da al-Jazeera. Nel video prende la parola uno dei tre ostaggi, che si presenta come il 79enne Halem Bery, del kibbutz di Nir Oz.
"Sono qui con un gruppo di altri anziani, hanno tutti malattie croniche e vivono in condizioni molto dure", dichiara Bery, aggiungendo subito dopo che "noi siamo la generazione che ha costruito le fondamenta per la creazione di Israele e siamo quelli che hanno dato il via alle Idf", le Forze di difesa israeliane.
"Non capiamo perché siamo stati abbandonati qui. Dovete liberarci, non importa il costo", prosegue l'anziano, sottolineando che "non vogliamo essere uccisi come effetto diretto di un attacco aereo delle Idf". Ribadendo la richiesta di essere liberati "senza condizioni", bery conclude con un appello: "Non fateci invecchiare qui".
L'Idf fa sapere intanto che è stato scoperto nei pressi del valico di Erez, tra Israele e Gaza, quello che viene considerato il tunnel più grande di Hamas. Secondo le Forze di difesa israeliane il sistema di gallerie sotterranee si estende per 4 chilometri, con l'ingresso a soli 400 metri dal valico di Erez, che veniva usato quotidianamente dai residenti di Gaza per entrare in Israele per lavoro o per cure mediche. Il sistema è stato progettato da Mohammad Sinwar, fratello del leader di Hamas nella Striscia, Yahya Sinwar, e comandante del battaglione Khan Yunis.
E' stato rinviato il voto in sede di Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite sulla risoluzione elaborata dagli Emirati Arabi Uniti per un cessate il fuoco e l'ingresso di aiuti nella Striscia di Gaza. Lo riporta il Guardian, precisando che il rinvio è legato alla necessità di riformulare il testo della bozza per rispondere alle obiezioni degli Stati Uniti ed evitare un nuovo veto. Il voto era previsto nelle prossime ore, ma gli Usa hanno dichiarato di non poter sostenere un riferimento alla cessazione delle ostilità, mentre potrebbero accettare la sospensione delle ostilità.
Sono 110 i palestinesi che sarebbero stati uccisi nella Striscia di Gaza nelle ultime 24 ore dalle Forze di difesa israeliane (Idf). Lo rende noto il ministero della Sanità del governo di Hamas in una nota. "Ci sono stati 50 martiri negli attacchi dell'occupazione contro le case a Jabalia", portando a 110 il numero di morti nella zona da domenica, afferma il comunicato.
"Israele affama i civili a Gaza come metodo di guerra", una strategia che equivale a un crimine di guerra. Lo afferma un rapporto di Human Rights Watch (Hrw), aggiungendo che “per oltre due mesi, Israele ha privato la popolazione di Gaza di cibo e acqua, una politica incoraggiata o approvata da funzionari israeliani di alto rango e che riflette l’intento di affamare i civili come metodo di guerra”.
Secondo Omar Shakir, direttore di Human Rights Watch in Israele e Palestina, l’esercito israeliano sta deliberatamente bloccando la fornitura di acqua, cibo e carburante, bloccando volontariamente l’assistenza umanitaria e privando la popolazione civile di beni indispensabili alla sua sopravvivenza. Secondo il diritto internazionale, tale privazione è un crimine di guerra, afferma il rapporto.
Le Forze della difesa israeliana (Idf) hanno annunciato la morte di altri quattro soldati nei combattimenti contro i miliziani di Hamas nella Striscia di Gaza. Sale così a 126 il numero dei militari che hanno perso la vita da quando è iniziata l'operazione di terra nell'enclave palestinese.
A perdere la vita nelle ultime ore è stato il sergente Urija Bayer, 20 anni, originario della città settentrionale di Maalot-Tarshiha, morto per le ferite riportate nei combattimenti nel sud di Gaza il 14 dicembre 2023. Vittima anche il sergente Liav Aloush, 21 anni di Gedera, ucciso ieri combattendo nel sud di Gaza. Sempre nel sud dell'enclave palestinese hanno perso la vita il sergente riservista Etan Naeh, 26 anni del Kibbutz Sde Eliyahu nel nord di Israele, e il sergente riservista Tal Filiba, 23 anni, di Rehovot. Un altro militare è rimasto gravemente ferito negli scontri.