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Unesco: Puglisi, pizzaioli napoletani hanno buone chance

La pizza napoletana sulla carta ha buone possibilità di entrare, con l'Arte dei pizzaioli, nella Lista mondiale del patrimonio immateriale dell'umanità dell'Unesco, spiega Giovanni Puglisi, che presiede la Commissione Nazionale Italiana dell'organizzazione internazionale e che conosce bene i meccanismi che regolano le scelte dell'Unesco. Ora la parola passa alla valutazione degli esperti: il verdetto in novembre a Parigi.

La pizza napoletana punta a diventare patrimonio dell'umanità.
La pizza napoletana punta a diventare patrimonio dell'umanità.
02 aprile 2015 | 16.49
LETTURA: 4 minuti

La pizza napoletana ce la può fare. La candidatura dell'Arte dei pizzaioli napoletani all'inclusione nella lista del patrimonio immateriale dell'umanità dell'Unesco, anche se le variabili sono "mille", ha buone probabilità di successo, sulla carta. "Conoscendo le candidature di alcuni Paesi, specialmente di alcuni Paesi africani, ci sono alcune tradizioni ancora più specifiche che vengono riconosciute". A spiegarlo è Giovanni Puglisi, presidente della Commissione Nazionale Italiana per l'Unesco, che, a meno di un mese dall'avvio di Expo 2015, fa il punto sulle chance di successo della candidatura dell'Arte dei pizzaioli (o pizzaiuoli) napoletani.

I pizzaioli vesuviani, spiega Puglisi all'Adnkronos, affiancano nella selezione operata dalla Commissione italiana e inviata a Parigi quella della falconeria, che tuttavia "già esiste ed è transnazionale, guidata dagli Emirati Arabi Uniti", dove la caccia con il falco è molto praticata. "L'arte dei pizzaioli napoletani - continua - ha delle caratteristiche che la supportano: c'è partecipazione popolare, legame con il territorio, identità culturale con la tradizione italiana".

A questo punto, prosegue Puglisi, "a novembre a Parigi dovranno prendere una decisione". Alfonso Pecoraro Scanio, presidente della Fondazione Univerde, che sta raccogliendo firme in sostegno dei pizzaioli, "rappresenta i sostenitori soggettivi della candidatura e fa lobbying, ovviamente". Ma per l'Unesco "le firme non contano: sono uno strumento di pressione psicologica, ma non hanno nessuna efficacia e nessun valore giuridico".

Ora l'iter della candidatura è piuttosto semplice: "Prima - aggiunge Puglisi - c'è una valutazione di esperti, dopodiché c'è il Comitato mondiale del patrimonio immateriale, di cui fanno parte molti Paesi ma non l'Italia. Non è uno svantaggio, comunque, perché vota tutta l'assemblea".

L'Unesco, ricorda il presidente della Commissione Nazionale Italiana, "ogni anno deve dichiarare 50 siti immateriali nel mondo". Ogni Paese può presentare "una o due candidature". Le possibilità di successo dipendono quindi in primis "da quante candidature ci sono e dalle priorità, una delle quali è la transnazionalità. Per questo, è probabile che la candidatura della falconeria vada in priorità".

Le possibilità reali di successo dei pizzaioli napoletani, aggiunge Puglisi, dipendono da "mille condizioni: se vengono presentate 500 candidature, è chiaro che la selezione sarà più rigorosa; se ne vengono avanzate 52, allora sarà più facile". In ogni caso, le ricadute pratiche di un eventuale successo sono anch'esse immateriali: "L'Unesco esclude il business: non riconosce la pizza napoletana, ma riconosce l'arte tradizionale dei pizzaioli napoletani", conclude.

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