Secondo l'esperto della Scuola Superiore Sant'Anna di Pisa, "a preoccupare di più è il 'potenziale di riscaldamento globale' del metano". Insomma, queste perdite danno una bella mano anche alla crisi climatica
Il gas fuoriuscito dai gasdotti Nord Stream 1 e 2 nel tratto di mar Baltico tra Danimarca e Svezia, a seguito delle esplosioni, ribolle su una superficie fino ai 1.000 metri di diametro. E se le immagini destano preoccupazione, ad allarmare dovrebbe essere di più quello che non si vede. Perché il gas che si è riversato in acqua raggiunge velocemente la superficie per poi volatilizzarsi, ed è quello che sta fuori dall'acqua, ora, a dover fare i conti con questa presenza e con il suo potenziale di riscaldamento globale. A farne le spese sarà in primo luogo il clima. "Un evento del genere avrà sicuramente impatti sull'ecosistema, a livello locale, ma in maniera più diffusa sull'intera biosfera", dice all'AdnKronos Donato Romano, ricercatore dell'Istituto di Biorobotica della Scuola Superiore Sant'Anna di Pisa, esperto di ecosistemi bio-ibridi e impiego di tecnologie nei sistemi naturali.
"Escluderei danni agli ecosistemi acquatici 'underwater', quindi a fauna e flora acquatiche e, in generale, al bioma presente in quegli ambienti, perché il gas metano ha una solubilità in acqua relativamente bassa e tende a volatilizzarsi presto nell'atmosfera", spiega l'esperto. Insomma, quello che fa il metano è risalire, disperdendosi nell'ambiente aereo. Gli effetti diretti, quindi, "riguarderanno sicuramente gli animali che sorvolano quella zona perché si troveranno a inalare questa elevata densità di gas in quel volume d'aria, intossicandosi. Ma quello che preoccupa di più, è l'effetto indiretto della fuga di gas dovuto al suo 'potenziale di riscaldamento globale'".
Il potenziale di riscaldamento globale, il 'global warming potential', è un indice utilizzato per misurare gli effetti di diverse sostanze e diversi gas sull'effetto serra "e il metano, ahimé, ha un valore di questo potenziale di riscaldamento globale molto superiore a quello dell'anidride carbonica - spiega l'esperto - Per questo parametro si utilizzano degli orizzonti temporali; generalmente, su 100 anni, si dice che il global warming potential sia di 25 per il metano, mentre per la CO2 il valore di riferimento è 1. C'è una bella differenza".
Il metano è abbastanza presente in ambiente acquatico, soprattutto sui fondali oceanici dove si stimano grandi quantità di questo gas, un gas continuamente prodotto dagli stessi sistemi naturali, dalla decomposizione alle paludi al processo di digestione animale. "Si trova in natura, proprio come la CO2, ma l'azione antropica ha contribuito in maniera molto significativa negli ultimi decenni cambiando gli equilibri di questi gas nella nostra atmosfera con effetti deleteri sul sistema Terra. Un evento del genere - conclude Donato Romano, riferendosi alle perdite del Nord Stream - apporterà livelli importanti di metano in atmosfera che potranno avere ripercussioni non proprio 'simpatiche'".
di Stefania Marignetti