Le indagini della Squadra Mobile di Palermo: 18 stranieri accusati di appartenere a una associazione a delinquere transnazionale. Base operativa tra Milano e il Nord Est, la banda di trafficanti avrebbe organizzato anche la traversata dei 190 migranti poi soccorsi dalla nave Diciotti
La Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica di Palermo ha emesso un fermo di indiziato di delitto a carico di 18 cittadini stranieri accusati di appartenenza ad un’associazione a delinquere transnazionale finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e all’esercizio di abusiva attività di prestazione di servizi di pagamento tramite 'hawala' e altri delitti contro la persona, l’ordine pubblico, il patrimonio e la fede pubblica; condotte criminali aggravate dall’aver commesso il fatto avvalendosi del contributo di un gruppo criminale organizzato impegnato in attività criminali in più di uno stato.
Le indagini svolte dalla Squadra Mobile di Palermo e dal Servizio Centrale Operativo e coordinate dal Procuratore di Palermo Francesco Lo Voi, dal Procuratore Aggiunto Marzia Sabella e dai Sostituti Procuratore Gery Ferrara, Claudio Camilleri e Giorgia Righi hanno consentito l'arresto di 14 persone facenti parte di un sodalizio criminale, con cellule operanti in Africa, in diverse aree del territorio nazionale e in altri paesi europei e non, che ha operato su due fronti diversi, ma strettamente interconnessi fra loro: il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e l’esercizio abusivo di attività di intermediazione finanziaria tramite il cosiddetto metodo “hawala”, utilizzato principalmente per il pagamento dei viaggi dei migranti o del prezzo della loro liberazione dalle “safe house” in territorio libico. Quattro indagati sono ancora latitanti presumibilmente all'estero. Sequestrate ingenti somme di denaro nel corso delle numerose perquisizioni in corso in tutta Italia.
L'INDAGINE - Era "tra Milano e il Nord Est" la "base operativa dei trafficanti di esseri umani" arrestati all'alba di oggi. L’indagine è la naturale prosecuzione delle operazioni “Glauco" 1, 2 e 3 condotte tra il 2013 ed il 2017 che hanno consentito, nel tempo, "di individuare ed identificare numerosi trafficanti di esseri umani operanti sulla cosiddetta rotta del Mediterraneo centrale, molti dei quali già condannati anche in via definitiva a pesanti pene detentive, ed i loro referenti sul territorio italiano". Già nel corso delle indagini denominate Glauco era emerso il ruolo di Ghermay Ermias Alem Ermias– destinatario di più misure cautelari e tutt’ora latitante - e proprio dallo sviluppo delle indagini finalizzate alla sua ricerca, anche attraverso attività di cooperazione internazionale svolte ai sensi della Convenzione di Palermo sul crimine organizzato transnazionale, è stata ricostruita l’associazione a delinquere operante tra il Centro Africa (Eritrea, Etiopia, Sudan), i paesi del Maghreb (soprattutto la Libia), l’Italia (Lampedusa, Agrigento, Catania, Roma, Udine, Milano), nonché vari paesi del Nord Europa (Inghilterra, Danimarca, Olanda, Belgio e Germania) e numerosi reati-fine commessi dagli appartenenti alla stessa.
Risulta accertato che "sin dal 2017, l’organizzazione criminale ha supportato le attività di traffico sia nel corso del viaggio dei migranti sul continente africano che in occasione del loro concentramento presso i campi di prigionia in Libia", dicono gli inquirenti.
In seguito, appena gli stessi sono finalmente giunti in Sicilia, a bordo delle navi impiegate in attività di soccorso in mare, gli indagati sono intervenuti, in un primo momento, "consentendo ai migranti ad allontanarsi dai centri di accoglienza, dove erano ospitati, nascondendoli in altri luoghi e fornendo loro in alcuni casi vitto, alloggio, titoli di viaggio e falsi documenti, e, in un secondo momento, curandone la partenza verso località del centro e nord Italia, da dove poi raggiungere agevolmente le località del nord Europa e talvolta gli Usa – meta finale del loro viaggio".
In altre occasioni, i membri del gruppo "hanno contattato direttamente i migranti, già giunti in Italia, al fine di consentire loro la prosecuzione dei loro viaggio verso altri Stati Europei o in alcuni casi anche verso gli Stati Uniti (gestendo la pericolosa tratta del viaggio attraverso i paesi del Sud America)", spiegano ancora gli inquirenti. Queste attività seriali di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina "sono state garantite a fronte dei pagamenti effettuati o dai migranti stessi o dai loro familiari ed amici, spesso residenti all’estero, i quali hanno inviato il denaro richiesto dai trafficanti mediante il sistema fiduciario “hawala” (che consente di trasferire denaro in maniera illecita utilizzando una rete di intermediari (hawaladars) operanti in tutto il mondo)".
I capi e promotori dell’associazione sono due cittadini eritrei rimasti latitanti, "vertici internazionali del sodalizio operanti principalmente all’estero tra l’Africa, i paesi del Golfo Persico ed altri Stati extraeuropei principali collettori dei flussi monetari derivanti dai proventi del traffico di esseri umani". Si tratta di Tekliyes Solomon "il capo della cellula operante principalmente nel territorio di Udine" e Ghirmay Mussie e Andemiclael Musie "sono entrambi capi della cellula operante principalmente nel territorio di Milano".
Infatti, le attività investigative, supportate anche da servizi di osservazione con pedinamento e perquisizione e sequestro (sia di documentazione che di denaro – circa 30.000 euro in contante), hanno permesso di individuare tra Milano, dove è presente una grande comunità di cittadini proveniente dai Paesi del Corno d’Africa, ed il Nord Est la base operativa del sodalizio (anche grazie alle indicazioni fornire da un collaboratore di giustizia), nonché l’esistenza di una complessa rete di hawaladar operante sul territorio italiano.
Altro aspetto rilevante sono gli accertati numerosissimi contatti tra gli indagati e i migranti appena giunti in Italia, "che venivano quindi facilitati nel raggiungimento dei altri paesi europei, nonché tra gli stessi indagati e soggetti presenti nelle “safe house” in territorio libico, strutture in cui vengono “trattenuti” i migranti prima di partire verso le coste italiane".
Dalle dichiarazioni dei migranti sono emerse le condizioni di vita in queste strutture (violenze fisiche e psicologiche e torture, utilizzate dai trafficanti per ottenere dai relativi congiunti il pagamento di somme di danaro per la loro liberazione e per la prosecuzione del loro viaggi). "In particolare sono stati raccolti elementi indiziari sia dalle dichiarazioni che dalle attività tecniche di intercettazione a carico di numerosi trafficanti di esseri umani, operanti in Libia e Sudan e gestori direttamente di alcune safe house, purtroppo non compiutamente identificati nonostante le richieste di cooperazione internazionale in tal senso e su cui sono tuttora in corso le indagini per la identificazione".
Al gruppo criminale è riconducibile l’arrivo di alcuni dei migranti giunti in Italia nell’ambito dei seguenti eventi S.A.R. e il loro successivo spostamento dal territorio nazionale verso l’estero (Nord Europa e USA): lo sbarco del 14/07/2017 di 1422 migranti presso il porto di Catania; lo sbarco del 27/11/2017 di 416 migranti giunti a bordo della nave Acquarius presso il porto di Catania; lo sbarco del 16/12/2017 di 407 migranti presso il porto di Augusta; lo sbarco del 16/08/2018 di 190 migranti giunti a bordo della nave della Marina Militare “U. Diciotti” presso il porto di Lampedusa. "All’esito delle indagini, oltre al reato associativo, vengono contestati ad alcuni degli indagati i reati previsti dal T.U.B. in materia di esercizio delle attività finanziarie, in quanto prestavano servizi di pagamento senza l’autorizzazione" attraverso il sistema denominato “hawala” - la possibilità, previo pagamento di commissioni, di effettuare e ricevere pagamenti nonché di trasferire fondi all’estero e in Italia in elusione delle disposizioni del Testo Unico Bancario che regolamentano simili operazioni bancarie e finanziarie. Tali reati sono altresì aggravati per aver commesso il fatto avvalendosi del contributo di un gruppo criminale organizzato impegnato in attività criminali in più di uno Stato.
Per quanto concerne l’immigrazione clandestina sono stati contestati diversi episodi di favoreggiamento, tutti aggravati per aver commesso il fatto avvalendosi del contributo di un gruppo criminale organizzato impegnato in attività criminali in più di uno Stato e commessi in concorso con soggetti al momento non identificati.
DICIOTTI - La banda di trafficanti avrebbe organizzato anche la traversata dei 190 migranti poi soccorsi dalla nave Diciotti della Guardia costiera il 16 agosto del 2018. Si tratta dello sbarco che poi è costato l’iscrizione nel registro degli indagati dell’ex ministro dell’Interno Matteo Salvini. "Sgominata a Palermo una banda di trafficanti di esseri umani, capaci di organizzare partenze dall’Africa e anche fughe dai centri di accoglienza italiani per spostare i clandestini nel Nord del Paese, in Europa o negli Usa. Il sospetto concreto è che la banda avesse fatto affari perfino sugli immigrati fatti sbarcare dalla Diciotti, un’altra vicenda che per qualcuno doveva costarmi l’ennesimo processo. Grazie a Forze dell’Ordine e magistratura per la brillante operazione. Sono sempre più orgoglioso di andare in tribunale a Catania, il prossimo 3 ottobre, e ribadire che difendere l’Italia e i suoi confini non è un reato ma un dovere", il commento del leader della Lega.