Lopalco: "E' sicuramente un'arma in più. Locatelli: "Massimo interesse ma rigore scientifico"
Continua a far discutere la cura del Coronavirus con il plasma dei pazienti guariti. Per Pierluigi Lopalco, ordinario di Igiene all'Università di Pisa e responsabile del coordinamento regionale emergenze epidemiologiche dell'Agenzia regionale strategica per la salute e il sociale della Regione Puglia, "non è la soluzione al problema, altrimenti il problema sarebbe già stato risolto, e non è una scoperta recente: è un vecchio principio di terapia, utilizzato già in Cina e in America. L'evidenza iniziale di efficacia di questa terapia è abbastanza buona quindi è sicuramente un'arma in più, soprattutto per curare i casi più seri".
Sulle possibilità di utilizzo del sangue dei pazienti guariti per la cura di Covid 19 "servono verifiche per dimostrarne l'eventuale efficacia, non ancora provata. Ma sono da evitare micro studi scollegati tra loro. Serve un coordinamento nazionale", ha detto all'Adnkronos Salute il direttore scientifico dell'Istituto nazionale di malattie infettive Lazzaro Spallanzani di Roma, Giuseppe Ippolito, che piega: ""Il sangue di convalescenti - spiega Ippolito - è stato provato con risultati alterni in molte malattie". Contro il nuovo coronavirus, aggiunge, "ogni tentativo è apprezzabile. Ma sono necessari studi randomizzati controllati e centralizzati con il Governo nazionale. Per poter capire, su popolazioni adeguate, con numeri sufficienti e con studi idonei, se funzionano o no. Fino ad ora questo non è stato dimostrato su numeri e ricerche adeguate". Per lo specialista "tutte le cose nuove vanno considerate, ma con i metodi e gli strumenti giusti, quelli appunto degli studi randomizzati controllati".
"Non siamo sicuri dell'efficacia del plasma dei convalescenti contro il virus Sars-CoV-2. Ma è una strada da percorrere, in mancanza di altre terapie o di un vaccino. Ovviamente serviranno dei trial clinici rigorosi per avere una prova di efficacia", fa eco Giorgio Palù, past president della Società europea di virologia e professore emerito di Microbiologia dell'università di Padova, che con l'Adnkronos Salute ammette "di non comprendere le polemiche su questo tema" e ricorda che su queste terapie sperimentali non ci sono dati rigorosi basati sul metodo scientifico perché, come le altre cure provate dai medici per salvare i pazienti Covid, "sono state utilizzate in emergenza, per uso compassionevole. Non si poteva fare altrimenti".
"I cinesi per primi - evidenzia Palù - hanno dimostrato che il siero di convalescente era in grado di migliorare o addirittura di guarire il soggetto. Ma queste sperimentazioni non sono state fatte con trial clinici controllati, ovvero test in doppio cieco, randomizzati, sicuri, che dovrebbero dare una risposta certa con metodo scientifico. Questo perché sarebbe stato necessario un gruppo di controllo non trattato accanto a quello trattato, senza che i due gruppi potessero essere identificabili (doppio cieco). Tutto questo non si è fatto per ragioni etiche". "Come tutti i trattamenti usati fino ad ora - ribadisce il virologo - sono stati compassionevoli o off-label, tutti sperimentali. Non vedo le ragioni dell'insorgere della comunità scientifica".
"Massimo interesse sull'uso del plasma dei guariti" contro Covid-19, "ma anche rigore: occorrerà validare i dati ottenuti" dalla prima sperimentazione italiana "con uno studio clinico controllato". Parola di Franco Locatelli, direttore del dipartimento di Onco-ematologia e Terapia cellulare e genica dell'Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, presidente del Consiglio superiore di sanità (Css) e componente del Comitato tecnico scientifico sull'emergenza Covid-19, interpellato dall'Adnkronos Salute sul plasma dei guariti, tema ormai al centro di un dibattito quasi 'da stadio' che divide medici e commentatori. "La comunità scientifica è in trepidante attesa dei risultati della prima sperimentazione, avviata dai colleghi di Pavia e Mantova", assicura Locatelli.
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