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Corruzione in atti giudiziari, arrestato magistrato

Il togato è in servizio alla Corte di Appello di Catanzaro: denaro, preziosi e prestazioni sessuali in cambio di sentenze favorevoli

(Fotogramm)
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15 gennaio 2020 | 11.46
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Prestazioni sessuali, soldi in contanti, preziosi, promessi e consegnati a più riprese dagli indagati accusati di corruzione a un magistrato in servizio presso la Corte di Appello di Catanzaro. E' quanto emerso dalle indagini avviate nel 2018, condotte dalla Guardia di Finanza di Crotone e dirette dalla Dda in esecuzione di una ordinanza cautelare emessa dal Gip del Tribunale di Salerno nei confronti di otto indagati, sette in carcere uno ai domiciliari. Tutti i destinatari delle misure cautelari sono gravemente indiziati, a vario titolo, di corruzione in atti giudiziari, in alcuni casi, aggravata dall'articolo 416 bis. Tra i destinatari della misura cautelare in carcere Marco Petrini, magistrato in servizio alla Corte di Appello di Catanzaro, e un avvocato del foro di Catanzaro, mentre a un collega del foro di Locri è stata applicata la misura degli arresti domiciliari. Quanto emerso da un'attività investigativa supportata anche dagli uomini del Servizio Centrale Operativo Criminalità Organizzata di Roma, è una sistematica attività corruttiva nei confronti di un presidente di sezione della Corte di Appello di Catanzaro nonché presidente della Commissione Provinciale Tributaria del capoluogo di regione calabrese.

Gli indagati sono accusati di aver promesso e consegnato al magistrato beni e utilità, prestazioni sessuali comprese, in cambio del suo intervento per ottenere in processi penali, civili o in cause tributarie, sentenze o comunque provvedimenti favorevoli a loro o ad altre persone. In alcuni casi i provvedimenti favorevoli richiesti al magistrato e da questo promessi erano diretti a vanificare, con assoluzioni o consistenti riduzioni di pena, sentenze di condanna pronunciate in primo grado dai Tribunali del Distretto di Catanzaro, provvedimenti di misure di prevenzione, già definite in primo grado, o sequestri patrimoniali in applicazione della normativa antimafia, nonché sentenze in cause civili e accertamenti tributari.

Oltre al magistrato, una figura centrale del sistema corruttivo sarebbe stata un insospettabile medico in pensione ed ex dirigente dell'Azienda Sanitaria Provinciale di Cosenza. Oltre a "stipendiare" mensilmente il magistrato per garantirsi le sue funzioni, si sarebbe dato da fare per procacciare nuove occasioni di corruzione, proponendo a imputati o a parenti di imputati condannati in primo grado, nonché a privati implicati in cause civili, decisioni favorevoli in cambio di denaro, di beni o di altre utilità.

Nello specifico, le azioni corruttive documentate anche attraverso intercettazioni audio e video, sarebbero servite a far riottenere il vitalizio a un ex politico calabrese che, nel corso della V Legislatura regionale, ricopriva la carica di consigliere della Regione Calabria già condannato nel 2014 a sei anni di reclusione e quindi non più beneficiario dell'assegno vitalizio per la carica rivestita. Beni e utilità venivano anche offerti per agevolare, per alcuni candidati, il superamento del concorso per l'abilitazione alla professione di avvocato.

Le indagini hanno permesso di accertare la pesante sofferenza finanziaria in cui versava Petrini, il giudice arrestato: una condizione "cronicizzata", scrive il procuratore salernitano Luca Masini, e assolutamente non risolvibile nel breve periodo. Da qui la necessità del magistrato di procurarsi la disponibilità, oltre al suo stipendio e ai compensi come Giudice Tributario, di somme di denaro in contanti anche per mantenere l'elevato tenore di vita. Nella sua abitazione i finanzieri hanno trovato e sequestrato 7mila euro in una busta.

Tra i destinatari delle misure cautelari emesse dal Gip del Tribunale di Salerno Giovanna Pacifico c'è Giuseppe Tursi Prato, ex consigliere della Regione Calabria. Condannato nel 2004 a 6 anni di reclusione, aveva quindi perso l'assegno vitalizio. I soldi al giudice Petrini sarebbero stati promessi, secondo quanto si legge nell'ordinanza, "per far adottare dal collegio giudicante un provvedimento favorevole rispetto al ricorso presentato da Tursi con il quale si chiedeva la declaratoria di ineseguibilità della sentenza di condanna definitiva del 20-12-2004 pronunciata dalla suddetta Corte (divenuta irrevocabile il 6/2/2007) con la quale il ricorrente era stato condannato, tra l'altro, per concorso in associazione di tipo mafioso (...) al fine di consentire allo stesso Tursi il ripristino dell'assegno vitalizio regionale quale ex consigliere, di cui aveva effettivamente beneficiato dal primo aprile 2008 e fino all'aprile 2014" per un ammontare complessivo di oltre 156mila euro.

Emilio Santoro, che fungeva da intermediario, "consegnava al presidente Petrini una prima somma di denaro - scrive il Gip - per l'importo di 500 euro per l'interessamento di quest'ultimo finalizzato all'accoglimento del ricorso presentato da Giuseppe Tursi Prato". "Il 17 ottobre Santoro e Luigi Falzetta incontravano nuovamente nei pressi della sede della Commissione Provinciale tributaria di Catanzaro Marco Petrini che, in quella occasione, prometteva di consegnare a Santoro (detto Mario) un documento prima del 2 novembre 2018, raccomandando massima riservatezza,aggiungendo le espressioni 'Mario dì all'amico tuto che è amico mio che giorno 12 si fa' e ancora 'lui la causa l'ha vinta al 1000 per 1000' e, nello stesso contesto, accettava in cambio della decisione favorevole sul ricorso di Tursi la promessa di una ulteriore utilità consistita in un soggiorno gratuito presso una struttura gestita dallo stesso Falzetta a Brusson in Valle d'Aosta".

Ma non solo: cassette di gamberoni e merluzzetti da 350 euro, una bottiglia di champagne, clementine, verdura e formaggi venivano consegnate nell'androne dell'abitazione del giudice per ricordargli la causa sul ricorso di Tursi. Regali che aumentavano con l'approssimarsi della discussione del ricorso, somme di denaro prelevate nell'istituto di credito presieduto da Ottavio Rizzuto, la Bcc del Crotonese, destinatario anche lui della misura cautelare.

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