Il messaggio di fine anno del Presidente della Repubblica. Ai ragazzi dice: "L'amore è dono e sensibilità, non possesso"
"Sappiamo di trovarci in una stagione che presenta tanti motivi di allarme. E, insieme, nuove opportunità. Avvertiamo angoscia per la violenza delle guerre. Di quelle in corso e di quelle evocate e minacciate" con il "rischio, concreto, di abituarsi a questo orrore". Per questo "è indispensabile fare spazio alla cultura della pace". Così il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, aprendo il tradizionale discorso di fine anno pronunciato in piedi dalla sala Tofanelli alla Vetrata.
"Questa sera ci stiamo preparando a festeggiare l’arrivo del nuovo anno. Nella consueta speranza che si aprano giorni positivi e rassicuranti. Naturalmente - scandisce il Capo dello Stato - non possiamo distogliere il pensiero da quanto avviene intorno a noi. Nella nostra Italia, nel mondo". "Avvertiamo angoscia per la violenza cui, sovente, assistiamo: tra gli Stati, nella società, nelle strade, nelle scene di vita quotidiana".
"La guerra, ogni guerra, genera odio. E l’odio - avverte - durerà, moltiplicato, per molto tempo, dopo la fine dei conflitti. La guerra è frutto del rifiuto di riconoscersi tra persone e popoli come uguali. Dotati di pari dignità. Per affermare, invece, con il pretesto del proprio interesse nazionale, un principio di diseguaglianza. E si pretende di asservire, di sfruttare".
"Si cerca di giustificare questi comportamenti - aggiunge il Capo dello Stato - perché sempre avvenuti nella storia. Rifiutando il progresso della civiltà umana. Il rischio, concreto, è di abituarsi a questo orrore. Alle morti di civili, donne, bambini. Come, sempre più spesso, accade nelle guerre. Alla tragica contabilità dei soldati uccisi. Reciprocamente presentata; menandone vanto. Vite spezzate, famiglie distrutte. Una generazione perduta. E tutto questo - ricorda - accade vicino a noi. Nel cuore dell’Europa. Sulle rive del Mediterraneo".
"Macerie, non solo fisiche. Che pesano sul nostro presente. E graveranno sul futuro delle nuove generazioni. Di fronte alle quali .ha concluso Mattarella- si presentano oggi, e nel loro possibile avvenire, brutalità che pensavamo, ormai, scomparse; oltre che condannate dalla storia".
"La guerra non nasce da sola. Non basterebbe neppure la spinta di tante armi, che ne sono lo strumento di morte. Così diffuse. Sempre più letali. Fonte di enormi guadagni. Nasce da quel che c’è nell’animo degli uomini. Dalla mentalità che si coltiva. Dagli atteggiamenti di violenza, di sopraffazione, che si manifestano. È indispensabile fare spazio alla cultura della pace. Alla mentalità di pace", sollecita Mattarella
"Parlare di pace, oggi, non è astratto buonismo. Al contrario, è il più urgente e concreto esercizio di realismo, se si vuole cercare -ha sottolineato Il Capo dello Stato- una via d’uscita a una crisi che può essere devastante per il futuro dell’umanità. Sappiamo che, per porre fine alle guerre in corso, non basta invocare la pace. Occorre che venga perseguita dalla volontà dei governi. Anzitutto, di quelli che hanno scatenato i conflitti. Ma impegnarsi per la pace significa considerare queste guerre una eccezione da rimuovere; e non la regola del prossimo futuro".
"Volere la pace non è neutralità; o, peggio, indifferenza, rispetto a ciò che accade: sarebbe ingiusto, e anche piuttosto spregevole. Perseguire la pace vuol dire respingere la logica di una competizione permanente tra gli Stati. Che mette a rischio le sorti dei rispettivi popoli. E mina alle basi una società fondata sul rispetto delle persone. Per conseguire la pace non è sufficiente far tacere le armi. Costruirla significa, prima di tutto, educare alla pace". "Coltivarne la cultura -ha insistito il Presidente della Repubblica- nel sentimento delle nuove generazioni. Nei gesti della vita di ogni giorno. Nel linguaggio che si adopera".
"Dipende, anche, da ciascuno di noi. Pace, nel senso di vivere bene insieme. Rispettandosi, riconoscendo le ragioni dell’altro. Consapevoli -ha concluso Mattarella- che la libertà degli altri completa la nostra libertà".
"Lo Stato - ricorda il Presidente - deve garantire la sicurezza della convivenza. Anche contro il rischio di diffusione delle armi".
Quindi ancora un richiamo contro violenza e prevaricazione. "Vediamo, e incontriamo, la violenza anche nella vita quotidiana. Anche nel nostro Paese. Quando - afferma il Presidente della Repubblica - prevale la ricerca, il culto della conflittualità. Piuttosto che il valore di quanto vi è in comune; sviluppando confronto e dialogo. La violenza, penso a quella più odiosa sulle donne. Vorrei rivolgermi ai più giovani. Cari ragazzi, ve lo dico con parole semplici: l’amore non è egoismo, possesso, dominio, malinteso orgoglio. L’amore –quello vero– è ben più che rispetto: è dono, gratuità, sensibilità".
E ancora ai ragazzi va il pensiero del Presidente quando afferma che "rispetto allo scenario in cui ci muoviamo, i giovani si sentono fuori posto. Disorientati, se non estranei a un mondo che non possono comprendere; e di cui non condividono andamento e comportamenti. Un disorientamento - sottolinea il Capo dello Stato - che nasce dal vedere un mondo che disconosce le loro attese. Debole nel contrastare una crisi ambientale sempre più minacciosa. Incapace di unirsi nel nome di uno sviluppo globale".
"In una società così dinamica, come quella di oggi - afferma Mattarella -vi è ancor più bisogno dei giovani. Delle loro speranze. Della loro capacità di cogliere il nuovo. Dipende da tutti noi - esorta il Capo dello Stato - far prevalere, sui motivi di allarme, le opportunità di progresso scientifico, di conoscenza, di dimensione umana".
E ancora, ricorda, "affermare i diritti significa prestare attenzione alle esigenze degli studenti, che vanno aiutati a realizzarsi. Il cui diritto allo studio incontra, nei fatti, ostacoli. A cominciare dai costi di alloggio nelle grandi città universitarie; improponibili per la maggior parte delle famiglie".
"Cittadini e famiglie - sottolinea ancora il Capo dello Stato - devono affrontare, giorno per giorno, problemi e emergenze. Il lavoro che manca. Pur in presenza di un significativo aumento dell’occupazione. Quello sottopagato. Quello, sovente, non in linea con le proprie aspettative e con gli studi seguiti. Il lavoro, a condizioni inique, e di scarsa sicurezza. Con tante, inammissibili, vittime. Le immani, differenze di retribuzione tra pochi superprivilegiati e tanti che vivono nel disagio".
Il Capo dello Stato non dimentica però gli anziani. "Affermare i diritti significa ascoltare gli anziani - scandisce -. Preoccupati di pesare sulle loro famiglie; mentre il sistema assistenziale fatica a dar loro aiuto. Si ha sempre bisogno della saggezza e dell’esperienza. E di manifestare rispetto e riconoscenza per le generazioni precedenti. Che, con il lavoro e l’impegno, hanno contribuito alla crescita dell’Italia".
E tra "le difficoltà che "cittadini e famiglie devono affrontare, giorno per giorno", occorre ricordare quelle che "si incontrano nel diritto alle cure sanitarie per tutti. Con liste d’attesa per visite ed esami, in tempi inaccettabilmente lunghi".
"Affermare i diritti - afferma poi il Presidente - significa non volgere lo sguardo altrove di fronte ai migranti".
Il Capo dello Stato torna poi a ribadire il suo richiamo sul futuro dell'intelligenza artificiale e delle nuove tecnologie. "Ascoltare significa, anche, saper leggere la direzione e la rapidità dei mutamenti che stiamo vivendo. Mutamenti che possono recare effetti positivi sulle nostre vite. La tecnologia ha sempre cambiato gli assetti economici e sociali. Adesso, con l’intelligenza artificiale che si autoalimenta, sta generando un progresso inarrestabile. Destinato a modificare profondamente le nostre abitudini professionali, sociali, relazionali".
"Ci troviamo nel mezzo -ha ricordato il Capo dello Stato- di quello che verrà ricordato come il grande balzo storico dell’inizio del terzo millennio. Dobbiamo fare in modo che la rivoluzione che stiamo vivendo resti umana. Cioè, iscritta dentro quella tradizione di civiltà che vede, nella persona -e nella sua dignità- il pilastro irrinunziabile".
Quindi un richiamo all'importanza del voto. "Viviamo un passaggio epocale. Possiamo dare tutti qualcosa alla nostra Italia. Qualcosa di importante. Con i nostri valori. Con la solidarietà di cui siamo capaci. Con la partecipazione attiva alla vita civile. A partire dall’esercizio del diritto di voto. Per definire la strada da percorrere, è il voto libero che decide. Non rispondere a un sondaggio, o stare sui social. Perché la democrazia è fatta di esercizio di libertà".
"Libertà che, quanti esercitano pubbliche funzioni -a tutti i livelli-, sono chiamati a garantire. Libertà -ribadisce il Capo dello Stato- indipendente da abusivi controlli di chi, gestori di intelligenza artificiale o di potere, possa pretendere di orientare il pubblico sentimento".
"Non dobbiamo farci vincere dalla rassegnazione. O dall’indifferenza. Non dobbiamo chiuderci in noi stessi per timore che le impetuose novità che abbiamo davanti portino soltanto pericoli. Prima che un dovere, partecipare alla vita e alle scelte della comunità -ha concluso Mattarella- è un diritto di libertà. Anche un diritto al futuro. Alla costruzione del futuro. Partecipare significa farsi carico della propria comunità. Ciascuno per la sua parte".
"Contribuire alla vita e al progresso della Repubblica, della Patria, non può che suscitare orgoglio negli italiani. Ascoltare, quindi; partecipare; cercare, con determinazione e pazienza, quel che unisce. Perché la forza della Repubblica è la sua unità".
"L’unità - spiega Mattarella - non come risultato di un potere che si impone. L’unità della Repubblica è un modo di essere. Di intendere la comunità nazionale. Uno stato d’animo; un atteggiamento che accomuna; perché si riconosce nei valori fondanti della nostra civiltà: solidarietà, libertà, uguaglianza, giustizia, pace. I valori che la Costituzione pone a base della nostra convivenza. E che appartengono all’identità stessa dell’Italia".
"Questi valori –nel corso dell’anno che si conclude- li ho visti testimoniati da tanti nostri concittadini. Li ho incontrati nella composta pietà della gente di Cutro. Li ho riconosciuti nella operosa solidarietà dei ragazzi di tutta Italia che, sui luoghi devastati dall’alluvione, spalavano il fango; e cantavano ‘Romagna mia’".
"Li ho letti - prosegue il Capo dello Stato- negli occhi e nei sorrisi, dei ragazzi con autismo che lavorano con entusiasmo a Pizza aut. Promossa da un gruppo di sognatori. Che cambiano la realtà. O di quelli che lo fanno a Casal di Principe. Laddove i beni confiscati alla camorra sono diventati strumenti di riscatto civile, di impresa sociale, di diffusione della cultura. Tenendo viva la lezione di legalità di don Diana. Nel radunarsi spontaneo di tante ragazze, dopo i terribili episodi di brutalità sulle donne. Con l’intento di dire basta alla violenza. E di ribellarsi a una mentalità di sopraffazione".
"Li vedo nell’impegno e nella determinazione di donne e uomini in divisa. Che operano per la nostra sicurezza. In Italia, e all’estero. Nella passione civile di persone che, lontano dai riflettori della notorietà, lavorano per dare speranza e dignità a chi è in carcere. O di chi ha lasciato il proprio lavoro –come è avvenuto- per dedicarsi a bambini, ragazzi e mamme in gravi difficoltà. A tutti loro -ha concluso Mattarella- esprimo la riconoscenza della Repubblica. Perché le loro storie raccontano già il nostro futuro. Ci dicono che uniti siamo forti".