Il presidente francese: "Kiev deve poter colpire i siti militari". Il leader del Cremlino: "Gioco pericoloso"
L'Ucraina deve poter utilizzare le armi fornite dai paesi occidentali per colpire siti militari della Russia. Emmanuel Macron accende ulteriormente il dibattito sull'impiego delle armi che Nato e Ue forniscono a Kiev nella guerra contro la Russia. L'Ucraina deve fronteggiare l'offensiva del nemico nella regione di Kharkiv, al confine tra i due paesi.
Mosca lancia missili quotidianamente dal proprio territorio, che è diventato una 'safe zone', senza il rischio che le basi di lancio vengano centrate. Il tema sollevato dal segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, diventa una priorità nell'agenda di Unione europea e Alleanza Atlantica.
Alla fine della giornata, arriva la posizione 'pesante' di Macron, che nei mesi scorsi è arrivato anche a ipotizzare l'invio di soldati in Ucraina. "Pensiamo che dovremmo permettere loro di neutralizzare i siti militari da dove vengono lanciati i missili, da dove l'Ucraina viene attaccata", dice il presidente francese, sottolineando però che "non dovremmo permettere loro di toccare altri obiettivi in Russia, e ovviamente le strutture civili".
Macron parla accanto al cancelliere tedesco Olaf Scholz, che segue una linea differente: la Germania, che finora ha rifiutato di fornire missili a lungo raggio Taurus, non vuole che le proprie armi vengano utilizzare per colpire il territorio russo. Il presidente francese diventa il punto di riferimento di una 'corrente' a che comprende Regno Unito, paesi baltici, Polonia, Paesi Bassi.
Il tema è sul tavolo della Nato e anche su quello dell'Ue. L'Ucraina ha il "diritto di difendersi" colpendo la Russia anche nel suo territorio perché il "rischio di escalation" deve essere "bilanciato" con quella alla difesa, dice dice l'Alto Rappresentante dell'Ue Josep Borrell.
E' "chiaro" che per l'Ucraina colpire "obiettivi militari" in territorio russo per difendersi dagli attacchi è "legittimo dal punto di vista del diritto internazionale", ma è "altrettanto chiaro" che la decisione di rimuovere le restrizioni all'uso delle armi fornite a Kiev "spetta ad ogni singolo Stato membro. Nessuno può costringerli" a farlo.
"Alcuni", che prima erano perplessi, continua Borrell, "hanno cambiato idea e oggi hanno accettato di rimuovere quelle limitazioni, mentre "altri continuano ad essere riluttanti a prendere quella decisione. Capisco le perplessità" di chi ritiene opportuno mantenere il divieto "ma nella vita bisogna fare delle scelte. So che alcuni Paesi sono fortemente contrari, altri sono assolutamente a favore".
"Non posso dire - prosegue l'Alto Rappresentante - quale sia la maggioranza, ma nessuno può impedire ad un Paese Ue di fornire all'Ucraina un'arma che poi può essere usata in territorio russo. Non possiamo impedirglielo, così come non possiamo obbligarlo a fare così".
In prima fila, ad osservare dibattito e sviluppi, Vladimir Putin. Il presidente russo, dall'Uzbekistan, lancia messaggi chiari. I Paesi della Nato, soprattutto quelli europei, "devono essere consapevoli di ciò con cui stanno giocando. Queste sono cose serie e le stiamo monitorando con la massima attenzione", dice Putin. La minaccia è esplicita: "I governi dei Paesi della Nato dovrebbero ricordare che i membri dell'Alleanza, di regola, sono piccoli Stati con una densità di popolazione molto alta", dice il leader del Cremlino, che non perde occasione per delegittimare Stoltenberg: "Ricordo quando era primo ministro" della Norvegia "e non soffriva di demenza".
Putin agita lo spauracchio dell'escalation, che sarebbe inevitabile se i partner di Kiev dovessero inviare soldati in Ucraina: "Non penso che questa sia una decisione giusta. E' un'escalation e un altro passo verso un grave conflitto in Europa e globale". Nessun dubbio, afferma, sulla presenza di mercenari occidentali in Ucraine, compresi istruttori militari. "Per quanto riguarda la possibilità che dei mercenari siano in Ucraina, sì, ne siamo ben consapevoli. Non c'è nulla di nuovo. Ciò di cui parlano ora i militari in Ucraina sono lì da molto tempo. Sentiamo discorsi in inglese, francese e polacco sulle onde radio. Sappiamo che sono lì", dice ancora.