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Omicidio Willy, Gabriele Bianchi: "Sua morte ha distrutto le nostre vite come quella della sua famiglia"

"Accusati dalla feccia di Colleferro, ci davano dei mostri senza conoscerci"

(Fotogramma/Ipa)
(Fotogramma/Ipa)
18 novembre 2021 | 13.28
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(Dall'inviata Silvia Mancinelli) - "Aspetto questo momento da un anno e due mesi, non vedo l’ora di rispondere a tutte le domande". Inizia così, nell'aula della Corte di Assise del Tribunale di Frosinone, la deposizione di Gabriele Bianchi, imputato insieme al fratello Marco, a Mario Pincarelli e a Francesco Belleggia per l'omicidio si Willy Monteiro Duarte.

"Non ho colpito Willy, ma ho spinto e dato un calcio al petto a Samuele Cenciarelli. Me ne vergogno, e chiedo scusa a lui e alla sua famiglia. Ma quando sono arrivato e ho visto che guardava fisso Omar e mio fratello, temendo potesse colpirli, gli ho sferrato un calcio al petto, facendolo finire contro una macchina" dice Gabriele Bianchi, secondo a deporre davanti al pm Francesco Brando.

"Cenciarelli ha indietreggiato, non ha risposto al colpo e anzi ha detto che non c’entrava niente - aggiunge - A quel punto mi sono bloccato e ho realizzato che non avrebbe colpito Omar o mio fratello, ho capito che avevo sbagliato. Michele (Cerquozzi, ndr) mi ha strattonato afferrandomi alle spalle per la camicia, urlava di smettere e mi sono vergognato di avergli dato il calcio".

"Siamo stati accusati dalla feccia di Colleferro che, davanti alle telecamere, ha parlato male di noi, dandoci dei mostri senza nemmeno conoscerci" dice in aula Gabriele Bianchi. "Perfino i nostri amici sono stati influenzati dalla situazione mediatica, alcuni manipolati da genitori preoccupati che potessero finire nei guai - aggiunge - In parte posso capirli, so che sono stati minacciati solo per essere nostri amici".

"Ho visto Belleggia tirare un calcio sinistro al mento a Willy, quando era ancora in piedi, e poi colpirlo nuovamente quando era ormai a terra. Ha preso la rincorsa e ha dato un altro calcio al collo senza pietà" dice Gabriele Bianchi. "Marco (Bianchi, ndr) e io non lo avremmo mai fatto - continua concitato - colpire un ragazzo a terra è da infame non si fa".

"Sono vicino al dolore della famiglia di Willy e alle persone che gli vogliono bene, anche io sono padre e posso immaginare cosa significhi perdere un figlio" afferma. "Non ho raccontato da subito la mia versione - spiega - Ho voluto dare a Belleggia possibilità di prendersi le sue responsabilità in primo luogo, e poi mi sono fidato del mio avvocato che mi consigliava di aspettare".

"Ho provato dolore e rabbia, che ho affrontato grazie agli psicologi che mi sono stati vicino, ho dovuto prendere dei farmaci per dormire la notte. Provo tuttora rabbia verso Belleggia" risponde il 27enne di Artena al pm che gli chiede cosa pensi dell’imputato che a differenza degli altri è ai domiciliari. "So per certo che Belleggia non aveva intenzione di uccidere Willy - precisa - ma da lui mi aspettavo che si assumesse le proprie responsabilità. Invece niente, non ha detto niente".

"Se Belleggia non ha il coraggio di dire la verità ora lo faccio io. Lui si professava come un fratello, gli ho dato la possibilità di prendersi le proprie responsabilità". E aggiunge un particolare preciso anche su un altro imputato, Mario Pincarelli, come lui e suo fratello in carcere. "Ho visto Pincarelli dare pugni dall’alto verso il basso, ma Willy era in piedi. Erano sbracciate più che altro, che non avrebbero mai potuto provocare una morte".

"La notizia della morte di Willy è una notizia bruttissima che ha distrutto le nostre vite come quella della sua famiglia" dice in aula Gabriele Bianchi.

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