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Turismo, Contini (Scuola Italiana Ospitalità): "Formazione e reputation per addetti che mancano"

L'intervista al direttore del progetto di alta formazione per il settore turismo nato nel 2019 da Cassa Depositi e Prestiti e dal gruppo TH Resorts

Giulio Contini, direttore della Scuola Italiana di ospitalità
Giulio Contini, direttore della Scuola Italiana di ospitalità
30 marzo 2023 | 16.16
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Formazione di qualità, migliorando hard e soft skill. Ma anche migliorare la reputation del settore, valorizzando le best practice. E' la 'ricetta' per trovare, e attrarre, nuovi addetti nel settore dell'hospitality secondo Giulio Contini, direttore della Scuola Italiana di ospitalità, progetto di alta formazione per il settore turismo nato nel 2019 da Cassa Depositi e Prestiti e dal gruppo TH Resorts.

E il corso di laurea in Hospitality innovation and e-tourism proposto dalla Scuola italiana di ospitalità (Sio) e sviluppato in collaborazione con l’Università Cà Foscari di Venezia, è tra i primi 100 al mondo nella categoria 'Hospitality & leisure management' secondo il Qs world university rankings 2023.

Oggi nel settore dell'hospitality "c'è una forte richiesta -racconta ad Adnkronos/Labitalia Contini- di personale con livello di operatività base, e di questo si parla molto. Ma c'è anche una forte richiesta di tutta una serie di personale del management. Tutte figure manageriali che guardano alla qualità e all'efficienza del servizio, alla qualità della struttura e che nel tempo possono crescere fino a diventare general manager della struttura e delle catene", sottolinea.

"Sono figure -aggiunge- che hanno una posizione di assoluto rispetto e che degli stipendi assolutamente interessanti ma che non si riescono a trovare già formate. E noi cerchiamo di sopperire a questo aspetto allineando il programma di studi del nostro corso di laurea con materie idonee ad esempio che riguardano tutto l'aspetto di gestione interculturale sia dal lato cliente che dal lato management di team", spiega Contini.

La Scuola Italiana di Ospitalità nasce infatti con uno scopo ben preciso. "L'obiettivo che si pone la Scuola -racconta Contini- è quello di colmare il gap tra le skills che sono richieste dal mercato del lavoro nel settore hospitality e quelle che hanno effettivamente gli studenti che terminano i percorsi di studi nel nostro Paese. E quindi fare questo attraverso una metodologia teorico-pratica molto diffusa all'estero e che si declina con varie soluzioni formative. Andiamo dai programmi di executive ai corsi di formazione post-diploma passando per il programma 'principe' che è appunto questo corso di laurea che abbiamo sviluppato insieme all'università Ca' Foscari di Venezia", spiega ancora.

Un percorso, spiega Contini, iniziato nel "2019 con la fondazione della Scuola. Siamo partiti e poi siamo riusciti ad attivare questo corso di laurea che in Italia è l'unico ad essere professionalizzante, ed in inglese, nel campo del turismo. E' partito un anno e mezzo fa, in questo momento abbiamo gli studenti del primo e del secondo anno, che sono circa un'ottantina, e provengono da oltre 12 Paesi e 4 continenti", aggiunge.

Non solo teoria ma subito tanta pratica sul campo. "Uno dei risultati più importanti ottenuti è il 100% di placement degli stage. I nostri studenti infatti hanno l'obbligo formativo di fare uno stage all'anno. Così fin dal primo anno hanno un impatto con il mondo lavorativo e il mondo lavorativo ha un impatto su di loro. La Scuola italiana di ospitalità si occupa di tutto: di contattare e selezionare le aziende, e di metterle in contatto con gli studenti. Di solito le aziende fanno una presentazione e poi si cerca di mettere in connessione ogni studente con l'azienda che è più adatta al suo progetto formativo", spiega ancora il manager.

Formazione ma anche altro serve per risolvere i problemi di personale del settore. "Uno dei principali problemi è un problema di reputation che ha il settore dell'hospitality. Problema di reputation perchè ci sono una serie di informazioni che denunciano situazioni aziendali non propriamente limpide nelle quali si trovano poi a lavorare persone del settore hospitality. Quello che va fatto e che noi facciamo è evidenziare tutte quelle situazioni aziendali turistiche sane, con un grande rispetto delle leggi, della regolarità dei contatti e del lavoratore. Quindi cercare di fare crescere la reputation del settore a partire dai casi di successo e delle pratiche sane di questo settore", spiega Contini.

Altra parola chiave è il digitale. "Dall'altro lato cercare di trasmettere ai giovani e anche ai meno giovani il valore della digitalizzazione dei processi, intesa non come una sostituzione del lavoro ma come un alleggerimento del lavoro più ripetitivo a favore di maggiore tempo dedicato alla costruzione del rapporto con il cliente", continua Contini.

"E dobbiamo puntare poi -spiega ancora- a una valorizzazione dell'italianità. Se guardiamo i dati infatti l'Italia è in cima alle ricerche per i viaggi ma poi non sempre alla fine siamo scelti come destinazioni. Perchè alla fine non ci comprano? Dobbiamo rendere questo processo più agile possibile. Possiamo riuscirci attraverso la digitalizzazione, una detagionalizzazione, la valorizzazione dei territori minori. Tutto questo affinchè per l'Italia il turismo non sia un fenomeno subito ma gestito", sottolinea Contini.

Un processo complesso che necessità di figure adeguatamente formate. "Per gestire un fenomeno bisogna studiarlo e creare quelle figure manageriali con hard skill e soft skill che servono nel settore dell'hospitality. E che noi puntiamo a formare con il nostro corso di laurea", sottolinea Contini.

Formazione, che, ribadisce Contini, è centrale per avere personale con competenze adeguate."Molto spesso le aziende si lamentano della serietà e dell'affidabilità del personale con cui si trovano ad avere a che fare. Persone che da un giorno all'altro non si presentano al lavoro, e altro. Noi possiamo dire che attraverso una formazione e una educazione all'etica del lavoro siamo riusciti non solo ad avere il 100% del placement degli stage ma poi praticamente tutti gli stage che sono iniziati sono terminati con successo nella stessa azienda dove sono iniziati. Un aspetto apprezzato dalle aziende visto che sono raddoppiate quelle che ci chiedono gli stage, e chi prima ce ne chiedeva 10 adesso ce ne chiede 20", conclude il manager.

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