Il caso clostebol non è chiuso, l'agenzia mondiale antidoping fa ricorso al Tas e chiede lo stop di 1-2 anni
Jannik Sinner rischia la squalifica, il caso doping non è chiuso. La Wada, l'agenzia mondiale antidoping, fa ricorso al Tas e il numero 1 del mondo torna sotto processo per la positività al clostebol nei due controlli di marzo 2024. Si ricomincia, con una decisione a sorpresa almeno in parte.
La Wada ha formalizzato l'appello 2 giorni fa, riaprendo il caso che sembrava archiviato dopo il giudizio del tribunale indipendente dell'International Tennis Integrity Agency (ITIA). L'organo giudicante, ad agosto, ha stabilito che la positività di Sinner - con una presenza minima della sostanza - è stata provocata da una contaminazione accidentale. Uno spray contenente clostebol - uno steroide anabolizzante - usato sul dito del fisioterapista che ha trattato il tennista. Per l'agenzia mondiale antidoping, "la constatazione di 'assenza di colpa o negligenza' non è corretta ai sensi delle norme vigenti".
Per questo, il 26 settembre è stato presentato ricorso al Tas. Un appello anomalo: è la prima volta che l'agenzia mondiale contesta la decisione di un tribunale indipendente nel tennis. "È opinione della Wada che la constatazione di 'nessuna colpa o negligenza' non fosse corretta ai sensi delle norme applicabili. La Wada richiede un periodo di squalifica compreso tra uno e due anni. La Wada non chiede la cancellazione di alcun risultato, salvo quello già imposto dal tribunale di primo grado", si legge nella nota che offre spunti interessanti.
Sinner non viene considerato innocente, ma non viene chiesta la squalifica di 4 anni che può essere prassi in casi di doping. La sanzione ritenuta congrua - uno stop tra 1 o 2 anni - non viene abbinata alla cancellazione dei risultati che l'altoatesino ha ottenuto da marzo a settembre. Sinner ha perso punti e premi guadagnati con la semifinale a Indian Wells, il torneo 'incriminato', e non deve essere penalizzato in maniera supplementare in termini di ranking, trofei e denaro.
Il caso, nell'ultimo mese, è stato al centro di discussioni non tanto per la decisione del tribunale indipendente ma per l'iter. Sinner, di fatto, non è stato sospeso durante il procedimento. "Abbiamo capito subito cosa avesse provocato la positività e come la sostanza fosse entrata nel mio organismo", ha detto e ripetuto il numero 1 del mondo evidenziando la rapidità delle contromosse, che si sono rivelati anche efficaci.
I tentativi di spiegare che al numero 1 del mondo non è stato riservato un trattamento speciale, però, non hanno fatto totalmente breccia: tra i colleghi c'è chi ha chiesto espressamente la squalifica di Sinner, come l'australiano Nick Kyrgios che continua a esprimersi sui social, e chi - anche tra i big assoluti come Alcaraz - ha commentato con dichiarazioni tiepide, con un retrogusto di sospetto.
Novak Djokovic, rispondendo un mese fa a domande sul tema, si è soffermato sull'aspetto formale sottolineando che "altri giocatori hanno avuto casi simili o praticamente uguali ma hanno avuto risultati diversi". In realtà, ci sono stati tennisti positivi alla stessa sostanza e prosciolti proprio come Sinner: per loro, nessun ricorso della Wada. In questo senso, il numero 1 del tennis mondiale riceve un trattamento speciale ma in senso penalizzante.
Non tutti hanno letto le decine di pagine del procedimento che ha portato all'assoluzione. La tesi di Sinner è stata accolta anche dai 3 esperti chiamati a esprimere un parere: Jean-François Naud, direttore del laboratorio di Montreal; Xavier de la Torre, responsabile del laboratorio di Roma; David Cowan, ex direttore del laboratorio di Londra). Si tratta di esperti riconosciuti come tali dalla Wada e, come si deduce dalle cariche, inserite nel meccanismo antidoping.
Il ricorso pone l'agenzia mondiale antidoping sotto i riflettori. Da un lato, c'è chi giudica inopportuno l'appello evidenziando un presunto accanimento nei confronti di Sinner. Dall'altro c'è un organismo che nella circostanza agisce secondo le proprie prerogative e non fa sconti alla star assoluta di uno degli sport più popolari. Un rigore che cozza con l'atteggiamento tenuto in passato in casi ben più controversi, come quello relativo alla positività di 23 nuotatori cinesi che hanno potuto partecipare alle Olimpiadi 2021. Undici di loro hanno nuotato anche a Parigi 2024.
Ora, la palla passa al Tas. Per arrivare al verdetto potrebbero settimane e non è escluso che la decisione della Corte arbitrale di Losanna arrivi a stagione finita, a novembre. Il fascicolo è già corposo, la decisione potrebbe basarsi su documentazione già acquisita, senza ulteriori acquisizioni.
Sinner, nelle interviste e nelle dichiarazioni dell'ultimo mese, aveva fatto riferimento ad una vicenda considerata ormai alle spalle. Da due giorni, da quando ha saputo del ricorso, deve convivere nuovamente con il fardello. Il numero 1 del mondo continua a giocare e a collezionare vittorie, l'ultima negli ottavi di finale del torneo di Pechino contro il russo Roman Safiullin.
Il colpo, però, si fa sentire. "Forse vogliono solo essere sicuri che tutto sia nella posizione giusta. Resto comunque sorpreso che abbiano presentato appello", la reazione in conferenza stampa a Pechino.
Poi, arriva una nota più articolata, che riporta le parole dell'atleta ma che riassume in maniera dettagliata la linea difensiva. "Sono deluso dalla decisione della Wada di presentare ricorso contro la sentenza dei giudici indipendenti dell'Ita che mi hanno giudicato innocente. Nel corso degli ultimi mesi, durante il processo ci sono state tre udienze separate e in tutte è stata confermata la mia innocenza", dice Sinner con toni misurati, evidenziando i passaggi del procedimento: non è uno sfogo o una dichiarazione di circostanza, è una comunicazione con tono politico.
"Diversi mesi di colloqui e indagini sono culminati in un'udienza formale in cui tre giudici hanno passato al setaccio ogni dettaglio. Hanno poi pubblicato una sentenza approfondita, spiegando perché mi hanno ritenuto non colpevole, con le evidenti prove fornite e la mia completa collaborazione durante tutto il procedimento", aggiunge.
"Alla luce della robustezza del processo, sia l'Itia sia l'agenzia antidoping italiana hanno accettato il verdetto e rinunciato al loro diritto di appellarsi", sottolinea il 23enne altoatesino, evidenziando le posizioni assunte da altri organismi. "Comprendo che su queste vicende debbano esserci indagini approfondite per mantenere l'integrità dello sport che tutti amiamo. Tuttavia, è difficile capire cosa ci sia da guadagnare nel chiedere ad altri tre giudici di analizzare da capo gli stessi fatti e la stessa documentazione", dice chiamando in causa una sorta di 'ne bis in idem': c'è già un giudizio di innocenza al termine di un procedimento approfondito, in cui gli atti e i comportamenti sono stati valutati con attenzione e meticolosità.
"Detto questo, non ho niente da nascondere e, come ho fatto per tutta l'estate, collaborerò pienamente con i giudici e fornirò tutto quanto potrà servire per dimostrare ancora una volta la mia innocenza. Dato che ora il caso è pendente al Tas, non farò ulteriori commenti", conclude.