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Ferrero arrestato per bancarotta, le accuse e i reati contestati

Libri contabili sottratti, un furto d'auto denunciato con carteggi

Fotogramma /Ipa
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06 dicembre 2021 | 15.48
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Libri contabili sottratti, spuntano leasing per una Ferrari e uno yacht, un furto d'auto denunciato con carteggi. Sono alcuni dei reati contestati a Massimo Ferrero, arrestato per bancarotta. L'ex presidente della Sampdoria, si legge nell'ordinanza, "in esecuzione di un disegno criminoso quale amministratore di fatto della società Ellemme Group Srl dal 7 dicembre 2010 al 23 dicembre 2013" in concorso con il liquidatore della società "sottraevano/distruggevano in tutto o in parte con lo scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizio ai creditori, i libri o le altre scritture contabile, in modo da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari".

"In particolare il 13 febbraio 2014 veniva denunciato il furto di un'auto, un'Audi, all'interno della quale vi era custodita una borsa in pelle contenente, tra le altre, tutta la documentazione contabile", si legge nel capo di imputazione contenuto nell'ordinanza del gip nell’ambito di un’inchiesta della Procura di Paola.

Nell’inchiesta, che riguarda il crac di 4 società in Calabria, a vario titolo vengono contestati agli indagati la bancarotta fraudolenta aggravata, false comunicazioni sociali e una serie di reati societari. Nel capo di imputazione si fa riferimento anche al fallimento di altre società, come la Blu Cinematografica Srl, la Blu line srl e la Maestrale Srl. Anche in questi casi a Ferrero e agli altri indagati viene contestato di aver distrutto o sottratto in tutto o in parte i libri e altre scritture contabili della società fallita con la stessa modalità.

Fra le accuse c'è anche la ‘distrazione’ di oltre 200mila euro compiuta attraverso un contratto di leasing per una Ferrari. Ferrero e un altro indagato, in particolare si legge nel capo di imputazione, "cagionavano il fallimento della ‘Società Maestrale Srl in quanto dal 12.03.2009 al 14.03.2013, distraevano dal patrimonio sociale la somma complessiva di 201.434 euro. In particolare, la fallita stipulava contratto di leasing riferito all’autovettura marca Ferrari modello F430 Spider, pagando l’intero piano d’ammortamento di 246.434 euro ed alienandola successivamente alla società ‘V Production Srl introitando soltanto 45mila euro. Pertanto veniva distratta la somma complessiva di 2012.434 euro".

Nel capo di imputazione, a Ferrero e un altro indagato, viene contestato anche il contratto di leasing per uno yacht "in presenza di un debito tributario, al 31.12 2017, pari ad euro 497.628, e a fronte di ricavi registrati nel corso del 2007 pari ad euro 285.658, contraendo l’impegno di pagare rate di leasing per un importo annuo pari a 600mila euro per i primi due anni e pari a 950mila euro per i successivi 8 anni, nonostante fosse evidente – in assenza di una vera attività commerciale e di una vera struttura organizzativa della società, nonché tenuto conto dei bilanci degli esercizi precedenti – l’impossibilità di sostenere i costi aziendali e coprire i costi di gestione".

“Tali operazioni appaiono nascere da un preciso disegno criminale e da una unica regia che ha il fine ultimo di accumulare beni e risorse con poco dispendio economico. L’attività di indagine svolta ha permesso di individuare la ‘cabina di regia’ in Massimo Ferrero, il quale ha gestito realmente il patrimonio sociale compiendo, all’interno del gruppo, complessi intrecci societari, avvalendosi altresì, sia dei propri familiari che di soggetti di fiducia, e svolgendo l’attività propria e tipica di amministratore”, scrive il gip.

“Si può affermare che l’analisi delle vicissitudini societarie accomuna le stesse in un medesimo destino, contrassegnato dallo svuotamento deliberatamente programmato, degli assets e dal successivo fallimento. Le manovre finanziarie hanno consentito di non soddisfare i creditori con particolare riguardo all’erario che vanta nei confronti delle società una elevata esposizione creditoria – si legge nell’ordinanza – Considerazioni queste che dimostrano la pericolosità nel campo dell’esercizio illecito di attività imprenditoriale, degli indagati, i quali dimostrano di aver praticamente condotto al fallimento quattro società con una imponente esposizione debitoria pari a 19.820.937 euro e un totale di distrazioni pari a 13.189.622 euro”.

"La particolare spregiudicatezza, la pervicacia e la scaltrezza manifestate dall'indagato nelle vicende in esame, unitamente all'elevata consistenza degli interessi economici coinvolti, fanno ritenere che non sarebbe sufficiente la misura cautelare degli arresti domiciliari - anche con applicazione del braccialetto elettronico. Ed invero, detta misura non impedirebbe al Ferrero di continuare a svolgere attività di gestione anche tramite terzi, avendo questi dato piena prova di saper ricorrere ad amministratori di comodo nei casi di maggiore difficoltà finanziaria delle persone giuridiche interessate dalla presente vicenda delittuosa", quanto si legge ancora nell’ordinanza.

"Con particolare riguardo a Massimo Ferrero – annota il Gip -, l'attualità delle esigenze è oltremodo desumibile dal numero, dalle modalità, dalla collocazione temporale dei fatti per cui si procede e dal ruolo centrale - pregresso e attuale - dallo stesso assunto nel contesto soggettivo ed economico di riferimento per come sopra descritto. Lo stesso continua a mantenere contatti con gli altri Indagati e con terzi Interloquendo su questioni afferenti alle gestioni pregresse e attuali e risulta aver rivestito e/o rivestire ruoli e cariche di rilievo In plurime società".

Inoltre, continua il Gip, "tenuto conto delle circostanze summenzionate in ordine al ruolo centrale dallo stesso assunto nelle vicende in esame, del relativo coinvolgimento nella quasi totalità delle condotte di cui alla provvisoria imputazione, in forma diretta e mediata, nonché delle risultanze del Certificato del Casellario (da cui risultano a carico del predetto precedenti penali per istigazione alla corruzione, violazione di sigilli, omesso versamento di ritenute certificate e omesso versamento delle ritenute previdenziali e assistenziali continuato), unica misura idonea e pienamente rispondente alle esigenze cautelari del caso di specie, oltre che proporzionata all'entità dei fatti ed alla sanzione che si ritiene potrà essere irrogata, appare quella della custodia cautelare in carcere".

Per il Gip, infatti, "trattasi invero dell'unica misura in grado di recidere radicalmente le possibilità di porre in essere ulteriori illeciti, anche tramite contatti/comunicazioni con altri indagati e con soggetti terzi fornendo agli stessi istruzioni e direttive; contatti e comunicazioni in riferimento ai quali le possibilità di controllo ipotizzabili in regime di arresti domiciliari appaiono, con riguardo al predetto, del tutto inadeguate".

Con riguardo a Massimo Ferrero, alla figlia Vanessa e al nipote Giorgio (e altri tre indagati), "i forti interessi personali sottesi alle condotte in esame, l'elevato grado di coinvolgimento nel contesto soggettivo e oggettivo di riferimento, il numero e la gravità delle condotte loro ascritte per come indicate nella provvisoria imputazione e l'inserimento delle stesse in un contesto soggettivo e oggettivo allargato, fanno ritenere - recita ancora l'ordinanza - che l'applicazione di una misura non custodiale sia inidonea allo scopo".

"Appare infatti elevato – aggiunge il Gip - il pericolo che, ove liberi di circolare sul territorio, gli indagati possano operare illecitamente in maniera sia diretta che mediata, anche attraverso contatti e comunicazioni reciproche e/o con terzi". "Secondo quanto precede – conclude il Gip sul presidente Ferrero - non può farsi affidamento sull'autolimitazione e sul rispetto da parte dello stesso (persona tra l'altro gravata da un precedente per violazione di sigilli) delle limitazioni imposte dall'Autorità".

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