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Stellantis, Tavares: "Nessuna intenzione di lasciare Italia ma politica dia risposte"

L'Ad in audizione a Montecitorio per due ore e mezzo: "Vedo un certo livore, ma i decisori siete voi"

Carlos Tavares (Fotogramma)
Carlos Tavares (Fotogramma)
11 ottobre 2024 | 18.19
LETTURA: 3 minuti

Se la politica italiana chiede risposte a Stellantis, Carlos Tavares chiede risposte alla politica italiana. Oggi in audizione a Montecitorio, per due ore e mezza, alle Commissioni Attività produttive della Camera e Industria del Senato, l'Ad del gruppo automobilistico, di ritorno dal Cda di Detroit che lo ha confermato fino a fine mandato (2026), illustra la situazione e, soprattutto, le criticità del settore: incertezza normativa e di costi, la competizione cinese, l'elettrico che costa troppo, l'assenza di incentivi e il prezzo dell'energia troppo elevato in Italia.

Alcune certezze ci sono, o "buone notizie" come le definisce lui: primo, Stellantis non ha nessuna intenzione di lasciare l'Italia "e lotteremo come dannati per mantenere la nostra leadership qui"; nessuna intenzione di vendere Maserati, assicura l'Ad; Termoli "è nei nostri piani"; e il Gruppo un piano industriale strategico ce l'ha eccome, "l'ho presentato io stesso ai sindacati", dice Tavares (provocando subito qualche reazione).

Poi, ci sono le dolenti note. Stellantis, dice Tavares, è pronta per la transizione ma servono regole certe. "Abbiamo fatto i compiti, noi siamo pronti. Non chiederemo modifiche ma di garantirci stabilità su quanto deciso", e questa è la prima stoccata alla politica. Poi, il secondo affondo: Tavares fa notare che "per poter vendere i veicoli elettrici, devo farlo allo stesso prezzo dei veicoli a combustione interna" ma produrre elettrico costa "un 40% in più", cosa che crea "all'interno della filiera, una tensione insopportabile" e "voi leader politici dovete spiegarmi come faccio a gestire questi attriti dovuti al fatto che io devo per forza aumentare del 40% i costi".

Le auto elettriche in Italia non si vendono perché costano troppo, dice Tavares, "dobbiamo renderle accessibili con incentivi e sussidi. Come? Attraverso imposte? Questa è una vostra decisione" ma "per sostenere la domanda in Italia servono notevoli iniezioni di incentivi sennò non ce la facciamo". Poi, c'è la minaccia dei nuovi concorrenti cinesi: le loro auto costano un 30% in meno, dice l'Ad di Stellantis, "e questo aumenta la pressione e dobbiamo assorbire un ulteriore shock. La situazione è davvero difficile. Non mi stupisco che il settore sia sotto pressione". E "in Italia il costo dell’energia è il doppio di quello della Spagna. Perché qui l'energia costa il doppio? Non lo so ma è uno svantaggio notevole".

Detto questo, "abbiamo diversi impianti industriali in Italia e un piano preciso, che abbiamo già condiviso con nostri partner, e l'attività di allocazione dei veicoli sarà assicurata fino al 2030, fino al 2033 in alcuni casi. Possiamo tirare quindi un sospiro di sollievo? No, perché non posso assegnare un nuovo veicolo a un impianto oltre il 2030 perché non posso ignorare l'elemento costo del veicolo, dipende dalla velocità con cui assorbiremo quel 40% di costi in più". Insomma, difficile fare programmi oltre il 2030 "se non so il prezzo a cui potrò vendere i veicoli".

Ma mentre Tavares chiede risposte e certezze al Paese, perché "i decisori siete voi", i rappresentanti di maggioranza e opposizione (c'erano anche la segretaria del Pd Elly Schlein e il presidente del M5S Giuseppe Conte in collegamento) chiedono risposte e certezze da lui, e non risparmiano aspre critiche. Tanto che, riprendendo la parola dopo i numerosi interventi nella Sala del Mappamondo, il numero uno di Stellantis nota: "Mi sembra di vedere una certa rabbia, un certo livore. Io, con rispetto, vorrei dire che è lo stesso atteggiamento che hanno i dipendenti Stellantis. Vorrei solo che riconosceste però che le regole alla base della situazione non le ha volute Stellantis, sono state votate in Ue, non vi piacciono? Abbiamo un problema, dobbiamo risolverlo".

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