
Luigi Scordamaglia, amministratore delegato di Filiera Italia, intervistato dall'Adnkronos sulle incognite ed i rischi che si profilano all'orizzonte per l'export dei prodotti made in Italy che potrebbero essere sottoposti a dazi negli Stati Uniti, per effetto di una 'guerra' commerciale tra Ue e Usa.
"Guardiamo con attenzione alle mosse di Trump ma i dazi non sono ancora arrivati e se guardiamo agli effetti di quelli del 2019 vediamo che hanno senza dubbio colpito e danneggiato alcuni nostri prodotti, come i formaggi e gli spirits, ma è vero che, anche con questi dazi, come settore agroalimentare siamo costantemente cresciuti, anche prima che fossero ritirati, perché, che si tratti di formaggio o di acciaio, parliamo di prodotti premium sicuramente meno intaccabili dai dazi rispetto a prodotti di base". Ad affermarlo è Luigi Scordamaglia, amministratore delegato di Filiera Italia, intervistato dall'Adnkronos sulle incognite ed i rischi che si profilano all'orizzonte per l'export dei prodotti made in Italy che potrebbero essere sottoposti a dazi negli Stati Uniti, per effetto di una 'guerra' commerciale tra Ue e Usa.
Ma si tratta di un’analisi che non può sottovalutare gli effetti che eventuali dazi potrebbero avere sulla stessa economia Usa. "È confermato - sostiene Scordamaglia - che l’applicazione di dazi pari a quelli che Trump preannuncia determinerebbe un aumento dell’inflazione in America e una relativa riduzione del potere di acquisto degli americani, inoltre l’aumento dell’inflazione farebbe sì che la Fed non potesse più ridurre i tassi d’interesse e di conseguenza con un dollaro forte si favorirebbe l’export da altri Paesi e i dazi avrebbero così un effetto contrario a quello sperato rivelandosi una scelta onerosa soprattutto per le famiglie americane".
"Guardare con attenzione - prosegue l’amministratore delegato di Filiera Italia - ma negoziando il più possibile. Del resto l’Italia in questo contesto assume un ruolo chiave, non solo per il dialogo privilegiato ma anche perché è il Paese che è cresciuto di più negli ultimi anni con le importazioni di gas naturale liquefatto (Gnl) dagli Usa, il nostro Paese quindi è in condizione di negoziare come Europa, ma con la voce italiana".
"Il mercato statunitense per l’agroalimentare italiano non è sostituibile". sostiene Scordamaglia. "Un mercato di sbocco quello americano per l'export che nel 2024 ha segnato il record di 7,8 miliardi di euro per il solo comparto agroalimentare, il 18% in più rispetto all’anno precedente". Una cifra importante che diventa ancora più rilevante se consideriamo che l’export complessivo italiano nello stesso anno ha registrato un calo dello 0,4%, mentre quello dell'agroalimentare verso tutto il mondo ha registrato un aumento dell'8%. "Dati che ci suggeriscono che il mercato Usa nel giro di un di paio di anni potrebbe passare da secondo a primo sbocco per l'agroalimentare italiano, superando anche la Germania" azzarda l’ad di Filiera Italia.
Dati confermati anche dalle stime Sace, secondo cui i 14 paesi più in crescita per il nostro export totale, tutti insieme, valgono circa 77 miliardi di euro, mentre il solo mercato americano vale 67 miliardi. "Il mercato americano per qualsiasi settore è insostituibile - dice ancora Scordamaglia - non possiamo pensare di farne a meno". E questo vale anche in relazione al Mercosur, il cui valore complessivo per tutte le categorie di prodotto dalla chiusura dell’accordo varrebbe, sempre secondo Sace, 5-6 miliardi di euro: "Va da sé - sottolinea Scordamaglia - che non può avere senso pensare di compensare il mercato Usa correndo sull’accordo Mercosur: i numeri parlano da soli".
Infine, Scordamaglia fa un'ultima riflessione sulla cosiddetta 'guerra' dei dazi. "Come Europa dobbiamo essere coerenti: non esistono dazi buoni e dazi cattivi. Sono dazi cattivi quelli di Trump, come lo sono quelli Ue sui veicoli elettrici cinesi, tra l’altro la Cina ha minacciato, di risposta, dazi compensativi sull’agroalimentare europeo, e sono negativi anche quelli che applicano ai prodotti importati in Europa per compensare le emissioni di Co2 di questi stessi prodotti con costi a carico dei cittadini europei". (di Cristina Armeni)