Disposti i domiciliari, saranno effettivi solo quando le condizioni fisiche saranno idonee. Il 19enne ricordato nel corso dei cortei a Milano per lo sciopero generale
E' in coma, ventilato meccanicamente, il ragazzo di 22 anni, tunisino, che guidava lo scooter che nella notte tra il 23 e il 24 novembre, si è reso protagonista di una fuga lunga 8 chilometri fino allo schianto che ha portato alla morte di Ramy Elgaml, 19 anni. Dal centro di Milano fino al Corvetto, inseguiti da una gazzella dei carabinieri, il presunto contatto tra l'auto e il mezzo a due ruote è ora al centro di un'inchiesta della procura e ha infiammato la periferia sud-est della città.
Per il giovane alla guida dello scooter, ricoverato e piantonato al Policlinico (potrebbe essere sottoposto a intervento chirurgico), la gip Marta Pollicino ha convalidato l'arresto per resistenza aggravata e ha disposto gli arresti domiciliari - una volta che i medici avranno dato l'ok - data la giovane età e la disponibilità della sorella ad accoglierlo in casa. Contraria la procura che aveva chiesto il carcere.
La giudice non ha ancora potuto ascoltare il ventiduenne, vista la gravità delle sue condizioni, e dunque il provvedimento non è stato ancora formalmente notificato al giovane che ha a suo carico diversi precedenti penali. Intanto, è in corso l'autopsia del 19enne morto nell'impatto.
Spazio per il ricordo di Ramy alle due manifestazioni milanesi per lo sciopero generale. All’arrivo in piazza San Babila del corteo principale, il segretario generale della Cgil Milano Luca Stanzione dal palco ha dedicato la giornata proprio a Ramy. “Bisogna scegliere da che parte stare. Guardiamo a quello che succede nella nostra meravigliosa città dal punto di vista di un padre, di una madre, magari immigrati come sono state le nostre madri e i nostri padri, che hanno vissuto solo nella speranza che la vita dei loro figli valesse la pena di essere vissuta appieno. Siamo tutti quegli immigrati manovali, camerieri, operai, magazzinieri, driver. Siamo tutti padri e madri di elettricisti che sono cresciuti qui, che hanno studiato qui, che vivono, amano e sperano qui. Siamo tutti oggi madri e padri di Ramy”, le parole di Stanzione.
“Un ragazzo che muore inseguito dalle forze dello Stato, persone pagate una miseria lanciate nelle strade a rincorrere e soccorrere da sole, mentre il mondo grida e sbraita. Ramy muore, sarà la magistratura a dire come è morto, ma su quello scooter sono morti i sogni dei suoi genitori. Il sogno che loro figlio potesse vivere una vita migliore della loro, una vita sicura. E allora diteglielo voi a quella famiglia dilaniata che lo Stato sta dalla loro parte, che lo Stato non li ha traditi. Qui in questa piazza c’è un popolo che si sente abbandonato dallo Stato”, ha detto Stanzione.
All’altro corteo, quello organizzato dai sindacati di base, partito da piazza Fontana e giunto in piazza della Scala, le parole di condanna sono state ancora più dure. Un’esponente di Adl Cobas, parlando al comizio finale, ha ricordato “Ramy, ammazzato dai carabinieri. Sindaco, vergogna. Vergogna perché le nostre sono periferie abbandonate, sono volutamente dei ghetti dove non c’è niente, dove l’economia di guerra colpisce più forte che altrove, perché i tagli che vengono fatte nelle scuole delle periferie sono dolorosi”. Poi un messaggio al governo, all’indomani dell’annuncio del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi sull’arrivo di nuove forze dell’ordine in città: “Non abbiamo bisogno di 600 carabinieri in più, possibili assassini. Abbiamo bisogno di soldi per la scuola, per i servizi sociali, per i giovani sempre più precari e abbandonati a loro stessi”, ha detto l’esponente di Adl Cobas.