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Covid, paura varianti blocca lo sci: stop fino al 5 marzo

Il provvedimento firmato dal ministro della Salute. Protestano le Regioni

(AFP)
(AFP)
15 febbraio 2021 | 07.32
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L'incubo della varianti blocca la ripartenza dello sci fino al 5 marzo 2021. Ieri il ministro della Salute Roberto Speranza ha firmato un provvedimento che vieta lo svolgimento delle attività sciistiche amatoriali fino alla data di scadenza del Dpcm 14 gennaio 2021. Un'ordinanza in extremis, che è arrivata alla vigilia delle previste riaperture e che sollevato le proteste delle Regioni e della Lega.

L'ORDINANZA - Il provvedimento, si legge in una nota, tiene conto dei più recenti dati epidemiologici comunicati venerdì 12 febbraio dall’Istituto Superiore di Sanità, attestanti che la variante VOC B.1.1.7, detta variante Uk e caratterizzata da maggiore trasmissibilità, rappresenta una percentuale media del 17,8% sul numero totale dei contagi. La preoccupazione per la diffusione di questa e di altre varianti del virus SARS-CoV-2 ha portato all’adozione di misure analoghe in Francia e in Germania. Nel verbale del 12 febbraio, il Comitato Tecnico Scientifico, con specifico riferimento alla riapertura degli impianti sciistici nelle Regioni inserite nelle cosiddette “aree gialle”, afferma che “allo stato attuale non appaiono sussistenti le condizioni per ulteriori rilasci delle misure contenitive vigenti, incluse quelle previste per il settore sciistico amatoriale”. Il Governo si impegna a compensare al più presto gli operatori del settore con adeguati ristori, conclude la nota del ministero della Salute.

LE REGIONI - "Trovo assurdo apprendere dalle agenzie di stampa la decisione del ministro della Salute di non riaprire gli impianti sciistici a poche ore dalla scadenza dei divieti fin qui in essere, sapendo che il Cts aveva a disposizione i dati da martedì, salvo poi riunirsi solo sabato", commenta il presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana. “Una decisione - aggiunge il presidente - dell’ultimo secondo che dà un ulteriore colpo gravissimo a un settore che stava faticosamente riavviando la propria macchina organizzativa. Ancora una volta si dimostra che il sistema delle decisioni di ‘settimana in settimana’ è devastante sia per gli operatori, sia per i cittadini. Solo sette giorni fa lo stesso Cts nazionale aveva dato il via libera a un regolamento molto severo per poter riaprire. Su quella base avevamo consentito la riapertura”.
Così commenta il governatore del Veneto, Luca Zaia: "Prendiamo atto della ordinanza del ministro Speranza che fa slittare la chiusura impianti sci fino al 5 marzo. Pur considerando che la salute dei cittadini viene prima di tutto, è innegabile che questo provvedimento in zona Cesarini mette in crisi tutti gli impiantisti". "In Veneto, in particolare, io avevo firmato un’ordinanza che decretava il via dal 17. Per cui tutti gli operatori avevano già predisposto ogni cosa: erano state preparate le piste, i rifugi erano già pronti ad accogliere. E avevamo previsto di aprire al 30 per cento, rispettosi delle regole di salute pubblica ", sottolinea.
''Sono allibito da questa decisione che giunge a poche ore dalla riapertura programmata per domani''. Così, in una nota, il presidente della Regione Piemonte Alberto Cirio. "Il Comitato tecnico scientifico nazionale soltanto dieci giorni fa, il 4 febbraio, aveva stabilito che in zona gialla da lunedì 15 si sarebbe potuto sciare. Su queste direttive il Piemonte si è mosso, nel rigoroso rispetto delle regole. Regole che non possono cambiare tutte le settimane. E, soprattutto, i dati aggiornati sulla situazione epidemiologica sono in possesso del Cts e del Governo da mercoledì. Mi chiedo se non fosse il caso di fare queste valutazioni prima, invece di aspettare la domenica sera. E' una mancanza di rispetto inaccettabile da parte dello Stato che dovrebbe garantire i suoi cittadini, non vessarli'', conclude.
"Chiediamo al nuovo Governo di cambiare sistema perché evidentemente questo è un risultato fallimentare vista la decisione dell'ultimo momento che riguarda gli impianti da sci". Lo afferma il governatore del Friuli Venezia Giulia Massimiliano Fedriga. "Già la settimana scorsa - prosegue Fedriga - si conosceva la situazione pandemica e bisognava avvisare quindi con il dovuto anticipo operatori e lavoratori del settore della montagna e non far pagare un'ulteriore perdita per quanto riguarda l'organizzazione delle riaperture. Un danno che si somma alla perdita che c'è già stata e che ci sarà". Fedriga indica come "necessaria" una ristrutturazione dell'organizzazione del Comitato tecnico scientifico, "perché - rincara - non ci possiamo trovare ancora in questa situazione: in mezzo a questa indecisione a rimetterci sono le imprese e i lavoratori".
"Il governo regionale della Valle d'Aosta, prendendo atto della decisione del ministro Speranza di fare slittare l'apertura degli impianti, esprime il proprio vivo disappunto per la mancanza di serietà nei confronti di chi vive e di chi lavora in montagna". Cosi una nota della Regione in cui di sottolinea che il presidente Erik Lavevaz "porterà al tavolo della Conferenza Stato /Regioni lo sconcerto di tutta la comunità valdostana per la decisione relativa all'apertura dei comprensori, sottolineando che le stazioni si sono preparate e hanno messo a punto con impegno tutte le azioni volte al rispetto dei protocolli".

BONACCINI - "Non posso non esprimere stupore e sconcerto, anche a nome delle altre Regioni, per la decisione di bloccare la riapertura degli impianti sciistici a pochissime ore dalla annunciata e condivisa ripartenza per domani. Solo una settimana fa il Cts nazionale aveva validato la riapertura di queste attività in zona gialla attraverso linee guida molto stringenti, formulate dalle Regioni in accordo coi gestori e secondo le indicazioni degli stessi tecnici". Ad affermarlo è il presidente della Regione Emilia-Romagna, e della Conferenza delle Regioni, Stefano Bonaccini, in un post su Facebook.

LEGA - "La montagna, finora dimenticata, merita rispetto e attenzione: che risposte si danno e in che tempi al documento predisposto dalle regioni? Non è solo questione di cifre: non è detto nemmeno che bastino i 4,5 miliardi richiesti quando la stagione non era ancora compromessa, probabilmente ne serviranno di più, a maggior ragione se ci sono altri stop". Lo dicono i ministri Giancarlo Giorgetti e Massimo Garavaglia dopo la decisione del ministro. "È prima di tutto una questione di rispetto per un sistema delicato che tanto contribuisce al benessere del Paese. Gli indennizzi per la montagna devono avere la priorità assoluta, quando si reca un danno, il danno va indennizzato; già subito nel prossimo decreto”, aggiungono. "Non si può continuare con il 'metodo Conte', annuncio la domenica e chiusura il lunedì, ad opera del trio Ricciardi Arcuri Speranza. Serve un cambio di passo e rispetto per la gente di montagna e per chi lavora, oltre a rimborsi veri e immediati: aldilà di Speranza, appena riconfermato ministro, è necessario un cambio di squadra a livello tecnico”. Così i capigruppo della Lega Massimiliano Romeo e Riccardo Molinari.

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