Il cancro pesa sulle casse degli Stati, impegnati ad assicurare le nuove, costose terapie e a far quadrare i conti dei sistemi sanitari, ma anche, sempre di più, sul portafoglio dei singoli malati. Uno su 5 rischia il default economico e i problemi finanziari si ripercuote, negativamente, sulla prognosi. Lanciano l'allarme 'tossicità finanziaria' gli oncologi italiani, riuniti a Chicago per il 53.esimo congresso della Società americana di oncologia clinica (Asco), al via oggi.
"Per la prima volta anche in Italia si comincia a parlare di 'tossicità finanziaria', la crisi economica individuale conseguente al cancro e alle sue cure - spiega Carmine Pinto, presidente nazionale dell'Aiom (Associazione italiana di oncologia medica) - Fino a pochi anni fa era un problema confinato agli Stati Uniti, oggi interessa anche il nostro Paese. Un’analisi di 16 sperimentazioni condotte tra il 1999 e il 2015, a cui hanno partecipato 3.760 pazienti italiani con tumori del polmone, della mammella o dell’ovaio, ha evidenziato che il 22,5% presentava 'tossicità finanziaria' e un rischio di morte, nei mesi e negli anni successivi, del 20% più alto rispetto ai malati senza problemi economici".
L’analisi è stata condotta dall’Istituto nazionale tumori 'Pascale' di Napoli. E i dati emersi sono "preoccupanti perché evidenziano - prosegue l'oncologo - come il contraccolpo finanziario dovuto alla malattia si riverberi in un peggioramento della prognosi".
Inoltre, rileva l'Aiom, la spesa sanitaria pubblica italiana non riesce a tenere il passo con quella dell’Europa occidentale: nel 2015 ha assorbito nel nostro Paese circa il 9% del Pil, praticamente lo stesso dell’anno precedente. Anche nei Paesi dell’Europa occidentale il rapporto tra spesa sanitaria totale e Pil si è mantenuto stabile, ma la percentuale raggiunge il 10,4%.
Anche i numeri del cancro in Italia sono eloquenti. Nel 2016 sono stati registrati 365.800 nuovi casi, circa 1.000 ogni giorno. Ci si ammala di più, ma si guarisce anche di più. Il 63% delle donne e il 54% degli uomini sconfiggono la malattia. "Queste percentuali collocano l’Italia fra i primi Paesi in Europa per numero di guarigioni - sottolinea Pinto - perché il nostro sistema, basato sul principio di universalità, è efficiente grazie alle eccellenze ospedaliere. Ma è necessario far fronte a criticità urgenti che rischiano di compromettere la qualità dell’assistenza".
"Almeno il 15% degli esami, in particolare radiologici e strumentali, è improprio, vi sono terapie di non comprovata efficacia che costano ogni anno al sistema circa 350 milioni di euro e il peso delle visite di controllo è pari a 400 milioni - elenca l'oncologo - Uno degli obiettivi principali e non più procrastinabili del Patto è la realizzazione delle Reti oncologiche regionali, in Italia sono attive in un numero inferiore alle dita di una mano. E se alcune Regioni iniziano a muoversi, quelle del Sud presentano gravi ritardi". Secondo l'esperto, "le Reti potranno permettere ai pazienti l’accesso guidato, secondo percorsi diagnostico-terapeutici-assistenziali (Pdta), alle migliori cure e aderenza alle linee guida, con conseguente riduzione delle aree di inappropriatezza e collegamento organico tra ospedale e territorio".