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Salute: oltre 70 medici e scienziati a Governo, no a modifica limiti elettrosmog

Secondo gli esperti sono gravissimi i rischi per la salute e per l'ambiente legati all'esposizione crescente a campi elettromagnetici a radiofrequenza e microonde che sono emessi da cellulari, tablet, smartphone, computer collegati in reti senza fili, antenne Wi-Fi, Wi-Max, radar e ripetitori

FOTO FOGAROLO/INFOPHOTO - PRISMA
FOTO FOGAROLO/INFOPHOTO - PRISMA
26 febbraio 2015 | 14.31
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Un appello firmato da oltre 70 fra medici, fisici, biologi, ricercatori e 50 tra associazioni e comitati, contro la modifica dei limiti dei campi elettromagnetici attualmente in vigore nel nostro Paese. "Sono gravissimi i rischi per la salute e per l'ambiente - scrivono in una lettera inviata al Governo - legati all'esposizione crescente a campi elettromagnetici a radiofrequenza e microonde che sono emessi da cellulari, tablet, smartphone, computer collegati in reti senza fili, antenne Wi-Fi, Wi-Max, radar, ripetitori della radiofonia, della radiotelevisione e della telefonia mobile Dect, Gsm, Umts e Lte (4G)".

Insieme all'appello è stata lanciata una petizione 'per la difesa della salute dalle radiazioni', con la raccolta delle firme fino al 30 marzo, per sensibilizzare anche la popolazione su questi temi. "E' intenzione del Consiglio dei ministri - sottolineano i medici e le associazioni - di procedere a breve all'approvazione di due provvedimenti sulla 'Strategia per la banda ultralarga' e la 'Crescita digitale', in cui sono contenuti i propositi di innalzare i limiti elettromagnetici attualmente in vigore nel nostro Paese nonché di diffondere la tecnologia 'Wi-Fi' nei luoghi pubblici, in particolare scuole, ospedali e uffici".

I medici, gli scienziati e le associazioni chiedono di "riportare la misurazione dei campi elettromagnetici su una media di 6 minuti anziché di 24 ore; l'approvazione di un decreto attuativo della Legge 36 del 2001 per quanto riguarda i dispositivi mobili con l'adozione degli stessi limiti di esposizione delle antenne dei sistemi fissi; la promozione di investimenti pubblici e della detassazione per la connettività in fibra ottica e via cavo che è la tecnologia più efficiente e completamente sicura per la salute; il divieto di installazione di reti 'Wi-Fi' negli asili e nelle scuole frequentate da bambini e ragazzi al di sotto dei 16 anni. Infine, l'obbligo per gli enti predisposti alla tutela della salute pubblica ad assumere le proprie valutazioni del rischio sulla radiofrequenza, selezionando gli studi scientifici indipendenti ed escludendo quelli finanziati dall'industria delle telecomunicazioni".

Secondo i firmatari dell'appello tra cui Livio Giuliani, fisico e portavoce della Commissione internazionale per la sicurezza dei campi elettromagnetici (Icems), e Fiorenzo Marinelli, ricercatore dell'Istituto di genetica molecolare del Cnr di Bologna, "la diffusione pressoché ubiquitaria di questi strumenti per le telecomunicazioni nelle abitazioni, nei luoghi di lavoro, nelle università, nelle scuole, negli ospedali non solo è irrazionale, ma comporta seri danni alla salute - si sottolinea - compromettendo la capacità riproduttiva, quelle neuro-cognitive e la conservazione del genoma".

Nella lettera inviata al Governo, le associazioni - tra cui l'Associazione malattie da intossicazione cronica e ambientale (Amica) - e gli scienziati elencano prove e studi sul rischio correlato all'esposizione all'inquinamento elettromagnetico. "Nell'ultimo decennio si sono profuse risoluzioni scientifiche e governative, consensus conference e documenti - scrivono le associazioni e ricercatori - per invitare a limitare la diffusione dell'uso di tecnologie di comunicazione senza fili e per promuovere standard di sicurezza per i campi elettromagnetici basati sulle evidenze biologiche, con un limite di esposizione che per le radiofrequenze è stato individuato in 0,6 Volt per metro".

"E' ormai noto, infatti - proseguono - che gli standard promossi dalla Ieee (Institute of Electrical and Electronic Engineers) del 1992 sono obsoleti, perché si basano esclusivamente sugli effetti termici dei campi elettromagnetici, ovvero sul riscaldamento prodotto, mentre è stato ampiamente dimostrato che campi elettromagnetici deboli, non in grado di produrre alcun riscaldamento - chiariscono scienziati e associazioni - producono numerosi effetti biologici. Questo avviene perché la materia vivente funziona attraverso scambi chimici e segnali elettromagnetici, che possono subire alterazioni in presenza di campi elettromagnetici esterni anche debolissimi".

L'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro ha classificato nel 2011 la radiofrequenza come "possibile cancerogeno per l'uomo in classe 2B, smentendo - sottolineano i firmatari dell'appello - che esistono solo effetti termici di tali campi. Tuttavia, sono emerse in poco tempo nuove evidenze scientifiche del rischio cancerogeno: uno studio epidemiologico svedese e uno studio francese, entrambi del 2014, concludono che la radiofrequenza dovrebbe essere classificata come 'cancerogeno certo per l'uomo' in Classe 1 e che gli effetti dell'esposizione sono cumulativi".

L'attuale limite italiano per le radiofrequenze è di 6 Volt per metro per i luoghi ove si soggiorna per più di 4 ore. "Questo limite, stabilito dal Dpcm dell'8 luglio del 2003, era riferito a una misurazione calcolata su una media di 6 minuti, che è il tempo in cui avviene la compensazione degli effetti termici dei campi elettromagnetici. Nel 2012 l'allora Governo Monti - denunciano i medici e le associazioni - decise con il Decreto Sviluppo, e senza alcuna valutazione di carattere sanitario, di innalzare il tempo di misurazione dei campi a 24 ore, creando di fatto un artificio per aumentare i limiti di legge: di notte le antenne hanno emissioni molto basse perché i dispositivi mobili non sono in uso e tali valori compensano i limiti più elevati delle ore diurne nel calcolo della media".

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