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Giorgia Meloni: "Rischi da aumento tassi, stop polemiche su Mes. Putin? In difficoltà"

Comunicazioni della presidente del Consiglio in vista del Consiglio Ue. Sull'Ucraina: "Italia lavora per pace giusta e duratura". Sui migranti: "Impegno in ogni sede a stroncare traffico di esseri umani"

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28 giugno 2023 | 09.41
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"Non reputo utile all’Italia alimentare in questa fase una polemica interna su alcuni strumenti finanziari, come ad esempio il Mes". Quanto alla Bce, "non si può non considerare il rischio che l'aumento costante dei tassi finisca per colpire più le nostre economie che l'inflazione". Lo ha sottolineato il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, nelle comunicazioni alla Camera in vista del Consiglio europeo di domani e venerdì. Il testo delle comunicazioni è stato poi consegnato al Senato.

MES

Quella sulla riforma della governance europea "è una partita complessa - ha detto Meloni - sulla quale io credo che l’Italia abbia obiettivi condivisi da gran parte delle forze politiche e che sono stati oggetto di sostegno bipartisan già con i governi precedenti. Per questa ragione, lo voglio dire con serenità ma anche con chiarezza, non reputo utile all’Italia alimentare in questa fase una polemica interna su alcuni strumenti finanziari, come ad esempio il Mes. L'interesse dell’Italia oggi è affrontare il negoziato sulla nuova governance europea con un approccio a pacchetto, nel quale le nuove regole del Patto di stabilità, il completamento dell’Unione bancaria e i meccanismi di salvaguardia finanziaria si discutono nel loro complesso nel rispetto del nostro interesse nazionale. Prima ancora di una questione di merito c’è una questione di metodo su come si faccia a difendere l’interesse nazionale".

Meloni è tornata sull'argomento nella sua replica alla Camera: "Sul tema del Mes non ho cambiato idea, ma quello che ho posto questa mattina non è un tema di merito, è un tema di metodo: è capire se questo sia il momento per discutere questa materia, ma non per me, per questo Parlamento, che è chiamato a difendere l'interesse italiano. Questa è la questione che vi pongo, indipendentemente da quello che si può pensare".

"Ha senso - ha chiesto la premier - che procediamo a una ratifica senza conoscere il contesto, senza conoscere come lo strumento si inserisce nella logica generale, senza sapere qual è la riforma della governance e del Patto di stabilità, senza sapere che cosa accadrà dell'unione bancaria, della garanzia sui depositi? Questioni che sono aperte, che secondo me è corretto porre sul tavolo nella loro completezza. Non è tattica, ma voglio cercare di difendere al meglio possibile l'interesse nazionale italiano e dico a tutto il Parlamento che discutere adesso questo provvedimento non è nell'interesse nazionale italiano".

Sui "ritardi sul Pnrr, la mancata ratifica del trattato di modifica del Mes c'è un racconto che non corrisponde a verità", ha poi detto replicando in Senato dopo le comunicazioni. "Ci si dice che a Bruxelles - ricorda - non hanno visto un pezzo di carta, temo che non si sia molto preparati, perché sono molti e copiosi i documenti che noi abbiamo prodotto per la commissione europe, per essere decisi rispetto ai tempi di attuazione d'un piano di ripresa e resilienza che non avevamo scritto noi e rispetto al quale le contestazioni che vengono fatte dalla commissione non sono riferibili a noi".

"Io potrei citarle lo stadio di Firenze che la commissione dice che non ritiene debba essere finanziato con i soldi del piano nazionale di ripresa e resilienza ma non sono stata io a inserire lo stadio di Firenze nel piano nazionale di riprese e resilienza", ribadisce il premier. "Quindi semmai noi stiamo producendo molte carte, cercando ovviamente di dare continuità, per quello che possiamo fare".

"Per quello che riguarda il Mes, qui rispondo anche al senatore Monti e a Misiani, siamo d'accordo sul fatto che non si debba tornare indietro ai vecchi parametri del patto di stabilità, ma il meccanismo europeo di stabilità richiama i parametri del precedente patto di stabilità al suo interno, quindi da una parte si dice che noi non dobbiamo tornare ai vecchi parametri del patto di stabilità e dall'altra si chiede di approvare il Mes prima di vedere quali sono i parametri nuovi", ha detto ancora.

BCE

Nelle comunicazioni la premier si è soffermata sulle decisioni della Bce. L'inflazione è un'"odiosa tassa occulta" che "colpisce soprattutto i meno abbienti, chi ha un reddito fisso, dai lavoratori ai pensionati, per questo è certamente giusto combatterla con decisione - ha scandito - Ma la semplicistica ricetta dell'aumento dei tassi intrapresa dalla Banca centrale europea non appare agli occhi di molti la strada più corretta da perseguire, considerato che nei nostri Paesi l'aumento generalizzato dei prezzi non è figlio di una economia che cresce troppo velocemente, ma di fattori endogeni, primo fra tutti la crisi energetica causata dal conflitto in Ucraina. Non si può non considerare il rischio che l'aumento costante dei tassi finisca per colpire più le nostre economie che l'inflazione e cioè che la cura si riveli più dannosa della malattia".

Nella sua replica alla Camera, il presidente del Consiglio ha rimarcato: "Difendo l'indipendenza della Banca centrale europea e difendo il mio diritto a valutare le decisioni che vengono prese, perché questo è il ruolo della politica", che "non è dire sì acriticamente siamo d'accordo su tutto, il ruolo della politica è cercare di offrire il proprio punto di vista. Ritengo che sia nella mia responsabilità venire in Aula e spiegare al Parlamento italiano qual è la posizione che l'Italia ha tenuto su questa materia nelle sedi competenti".

UCRAINA

Sull'Ucraina la premier ha voluto ribadire la "ferma convinzione che difendere l'Ucraina vuol dire oggi difendere l'interesse nazionale italiano, perché la capitolazione dell'Ucraina porterebbe con sé il crollo del diritto internazionale e del sistema di convivenza tra Stati nato con la fine della seconda guerra mondiale. Se noi non avessimo aiutato gli ucraini, come anche qualcuno in quest'Aula suggerisce probabilmente per interessi di propaganda, se gli ucraini non avessero stupito il mondo con il loro coraggio, noi oggi ci troveremmo in un mondo nel quale alla forza del diritto si sostituisce il diritto del più forte. Un mondo nel quale chi è militarmente più potente può liberamente invadere il suo vicino, un mondo più instabile e più pericoloso. E in un mondo senza regole, se non quella delle armi, l'Europa e l'Italia avrebbero solo da perdere".

"Il nostro auspicio - ha proseguito - è che si possa giungere il prima possibile ad una pace giusta e duratura, nel pieno rispetto del diritto internazionale e dell'integrità territoriale dell'Ucraina. A questo obiettivo continuiamo a lavorare con impegno in ogni sede internazionale".

"Il sostegno finanziario europeo a Kiev resta solido, proseguirà di pari passo con la ricostruzione del Paese aggredito. Noi guardiamo all'Ucraina ricostruita e l'Italia - ha detto Meloni - ha tutte le carte in regola per giocare un ruolo da assoluta protagonista. Noi scommettiamo su un futuro di pace e prosperità per l'Ucraina e sull'integrazione europea di questa nazione, perché sosterremo con forza il diritto degli ucraini ad essere parte integrante della famiglia europea".

Inoltre "l’Italia continuerà a sostenere gli sforzi volti a garantire che i crimini internazionali commessi nell’ambito dell’aggressione ai danni dell’Ucraina siano perseguiti, in primis attraverso il lavoro indipendente della Corte penale internazionale. Penso, su tutti, al rapimento e alla deportazione in Russia di migliaia di bambini ucraini di cui non si hanno più notizie, perché da madre è certamente uno degli aspetti che più mi hanno segnato in questa terribile vicenda".

Nella replica dopo il dibattito sulle sue comunicazioni, Meloni ha evidenziato che "l'Italia e il governo italiano hanno fatto tutto quello che era possibile per favorire e sostenere la missione che il cardinale Zuppi ha portato avanti su indicazione di Papa Francesco. Dopo di che continuo ad essere convinta che il modo più serio per favorire una pace e un'apertura negoziale sia mantenere equilibrio tra le forze in campo. Se non avessimo aiutato gli ucraini come abbiamo fatto finora non ci sarebbe stato bisogno di nessun tavolo di pace, perché ci sarebbe stata l'invasione".

"Qualche sera fa mi imbatto in una trasmissione televisiva - ha poi raccontato la premier - in cui De Masi, filosofo di riferimento del Movimento 5 Stelle, sul tema dell'Ucraina dice 'è meglio vivere sotto una dittatura che morire'. Cade la maschera e si fa strage in una parola di secoli di storia in cui libertà, democrazia e tutti i valori della nostra civiltà sono stati costruiti con il sacrificio di chi era pronto a sacrificarsi per costruirli. E si fa strage della scelta che hanno fatto Paolo Borsellino e Giovanni Falcone e di quelli che hanno combattuto la mafia. Non credo che sia meglio vivere sotto una dittatura che morire, penso che dobbiamo lavorare perché le persone possano vivere libere".

Sul tema della guerra "ribadisco che ad oggi, a condizioni date, il modo più utile di favorire la fine del conflitto e l'apertura di un tavolo negoziale è sostenere l'Ucraina, perché l'ho detto e l'ho ribadito cento volte, l'unico elemento che può costringere in un conflitto le parti a mettersi intorno a un tavolo è l'equilibrio delle forze in campo, è lo stallo", ha poi aggiunto in replica al Senato. "Se noi non avessimo sostenuto gli ucraini non avremmo avuto la pace, perché avremmo avuto una invasione".

Il premier poi ricorda che "nella risoluzione del Movimento Cinque Stelle c'è scritto che non bisogna mandare armi all'Ucraina. Questo è un fatto e allora il tema non è più la pace". "Lei - dice rivolta al pentastellato Lorefice intervenuto poco prima - sa dirmi che cosa accadrebbe nel momento in cui l'Ucraina è più debole?". "Noi avremo avremmo quella che è una invasione e allora le cose vanno chiamate con il proprio nome, non vanno chiamate pace, vanno chiamate per quello che sono, va detto 'accetto un mondo nel quale chi è militarmente più forte, può liberamente invadere il suo vicino". "E purtroppo questo è il pensiero che sottintende il generico riferimento alla pace", afferma.

"Voglio sapere se Paolo Borsellino dovesse preferire vivere piegandosi alla mafia piuttosto che fare le battaglie che ha combattuto, perché non si può sostenere in coscienza una frase del genere, se non siete d'accordo e mi aspetto che lo diciate", continua Meloni facendo un paragone tra resistenza di Kiev e l'opposizione alla mafia del giudice Borsellino, fino alla morte.

"Le cose vanno chiamate signori con il loro nome - dice rivolta all'Aula - Non vanno chiamate in altro modo. Io sono una persona che è sempre stata abituata ad assumersi le sue responsabilità anche quando c'erano cose scomode. Quello che non si può fare è far finta che si vuole la pace quando in realtà non è la pace che si sta perseguendo".

RUSSIA

Parlando di quanto avvenuto in Russia, Meloni ha affermato che "l'Italia ha seguito con grande attenzione insieme ai suoi alleati gli sviluppi della crisi interna alla Federazione russa. Senza volerci addentrare in commenti su fatti interni alla Russia, mi limito a notare come questo episodio abbia contribuito a fare emergere in maniera evidente le difficoltà che sta attraversando il sistema di potere di Putin e smontare la narrazione russa secondo la quale in Ucraina stia andando tutto secondo i piani".

"Come sappiamo la situazione è in evoluzione - ha proseguito la premier - anche a seguito delle ultime dichiarazioni dei vertici russi che riguardano il tema della brigata Wagner, il dispiegamento dei suoi uomini nei diversi scenari di guerra, un tema che per noi chiama in causa anche l'Africa, dove la presenza di Wagner è molto significativa".

MIGRANTI

"Voglio innanzitutto unirmi al cordoglio per la recente tragedia avvenuta a largo delle coste greche, rinnovando a nome del governo la nostra vicinanza ai familiari delle vittime e il nostro impegno in ogni sede a stroncare il disumano traffico di esseri umani che continua a mietere vittime nel Mediterraneo", ha detto Meloni nelle comunicazioni. "Al Consiglio europeo straordinario del febbraio scorso, grazie all'azione dell'Italia, finalmente è stato riconosciuto da tutti gli Stati membri e dalle istituzioni europee - ha ricordato - che la migrazione è una sfida europea e dunque richiede risposte europee".

"Serve un segnale del Consiglio europeo per consolidare con ulteriori progressi, in vista del negoziato col Parlamento europeo, l’intesa che è stata raggiunta al Consiglio Giustizia e Affari interni sulle proposte di regolamento in materia di asilo e migrazione volte a superare le regole di Dublino, regole che ormai sono considerate da tutti superate. Le proposte che abbiamo concordato, certamente da perfezionare, vanno però nella giusta direzione - ha affermato - Proponevano che gli Stati che dovessero rifiutare i ricollocamenti dei migranti pagassero quelli che dovevano ricollocare i migranti. Ma io non avrei mai accettato di essere pagata per trasformare l’Italia nel campo profughi d’Europa. Quello che abbiamo chiesto e ottenuto è che quelle risorse alimentino invece un fondo per difendere i confini esterni. Non per gestire l’immigrazione illegale, ma per contrastarla".

"Il vero nodo della questione - ha proseguito la premier - per noi rimane uno: distinguere i migranti economici da chi ha diritto invece alla protezione internazionale. Sono due materie molto diverse che per anni sono state colpevolmente sovrapposte. Per noi la difesa dei confini esterni è l’aspetto fondamentale. Chi ha dato fiducia a me e a questo governo si aspetta risultati concreti nel contrasto all’immigrazione irregolare, e li avrà. E non importa se servirà tempo per ottenerli, perché i risultati ai quali stiamo lavorando saranno strutturali e duraturi".

"Questo è l’impegno che ci siamo assunti, questo è quello che faremo. E voglio dire - ha scandito Meloni - che sono fiera di essere arrivata alla guida di questa nazione quando era lanciata a folle velocità verso la cancellazione dei confini nazionali, il riconoscimento del diritto inalienabile alla migrazione e quindi ad essere accolti in Europa senza vincoli e senza distinzioni, il divieto di adottare qualsiasi misura di contenimento dell’immigrazione illegale, arrivando perfino a legittimare chi sperona le navi dello Stato italiano; e di ritrovarmi oggi a rappresentare una nazione che si fa portatrice di una visione diametralmente opposta".

Poi nella sua replica alla Camera ha annunciato che "il Piano Mattei verrà formalmente presentato nella sua versione definitiva in autunno, quando abbiamo diversi appuntamenti, la Conferenza Italia-Africa e altri appuntamenti, c'è un coinvolgimento in atto dei Paesi che vengono coinvolti".

"Temo che il tema dei corridoi umanitari sia in contrapposizione con la politica delle porte aperte che si è fatta in questi anni, è proprio questo il tema", ha aggiunto quindi nella replica in Senato. "Un'immigrazione regolare - sottolinea - è purtroppo difficilmente compatibile con la politica delle porte aperte tant'è che negli anni nei quali c'erano altri al governo, i decreti cioè i decreti con i quali si norma la quantità, la provenienza dei migranti regolari sono stati praticamente azzerati, perché le quote di immigrazione in Italia erano tutte coperte da quella illegale".

"Il problema che poniamo è che finché noi non distinguiamo tra chi ha diritto a stare in Europa per protezione internazionale, per la convenzione di Ginevra, la protezione sussidiaria dell'Unione Europea e chi non ha diritto perché migrante economico e quindi va gestito e affrontato in maniera completamente diversa, noi non aiuteremo davvero chi ha maggiore bisogno e diritto a essere aiutato", conclude Meloni.

TUNISIA

"Si comincia a comprendere che se si vuole affrontare alla radice il problema dell’immigrazione ci si deve porre il tema dello sviluppo dell’Africa, con la sua popolazione in crescita, le sue sfide e le sue opportunità. L’obiettivo è ambizioso ma molto chiaro - ha evidenziato - garantire prosperità, pace e amicizia duratura. Con un modello di cooperazione allo sviluppo che deve essere paritario e non predatorio. Anche per questo nelle ultime settimane il governo si è impegnato, e mi sono impegnata personalmente con le recenti missioni del 6 e dell’11 giugno - quest’ultima con la presidente della Commissione von der Leyen e il premier olandese Mark Rutte - perché l’Europa mantenesse alta l’attenzione sulla stabilità della Tunisia, obiettivo fondamentale per la sicurezza dell’intero Mediterraneo e, conseguentemente, dell’Europa".

"L’adozione della Dichiarazione congiunta Ue-Tunisia e il lavoro che continua in queste ore per giungere alla definizione di un pacchetto europeo a sostegno di Tunisi rappresentano un segnale molto importante, e sono per questo grata alla Commissione per il lavoro che sta portando avanti. Così come saluto con soddisfazione - ha aggiunto la premier - che questa priorità sia stata riconosciuta come punto a sé nell’agenda di politica estera di questo Consiglio europeo".

Poi nella sua replica alla Camera ha scandito: "Per carità di Patria non entriamo sul tema delle autocrazie, perché le lezioni da quelli che andavano a braccetto con la Cuba comunista di Fidel Castro e con tutte le altre dittature comuniste del mondo di oggi non le accetto. Quando si accusa il governo italiano di trattare in Tunisia con il dittatore, vi siete resi conto che in Tunisia sono stata con la presidente della Commissione europea, con il Primo ministro olandese? Quindi mi state dicendo che sono così brava che ho convinto la Commissione europea a trattare con un dittatore? E non state dicendo che l'Unione europea tratta con dei dittatori per assecondare e compiacere la Meloni".

"Consiglio cautela sulle parole che vengono usate su queste materie. Quello che stiamo cercando di fare con la Tunisia è impedire che una nazione, che oltre tutto è nostra dirimpettaia, vada in default e cerchiamo di farlo per i cittadini della Tunisia e a voi - ha detto la premier rivolgendosi all'opposizione - non interessa, perché voi fate di tutto una questione politica".

Quanto al "memorandum Italia-Libia fu stipulato dal presidente Gentiloni, il dossier fu seguito dal ministro Minniti e oggi ci si dice che è abbastanza discutibile dialogare con queste persone. In buona sostanza alcuni lo possono fare e altri no". "Sì, sono cambiate le cose - ha aggiunto la premier rivolgendosi all'opposizione - in effetti sono cambiate le cose che oggi al governo non c'è più il Pd e quindi le cose non si possono fare".

"Non è vero che la Tunisia ci ha sbattuto le porte in faccia, è vero che c'è una trattativa in corso, è vero che è già firmata una dichiarazione congiunta obiettivo che non era scontato", ha detto ancora nelle repliche in Senato.

"E' vero che adesso si sta lavorando per arrivare diciamo a una iniziativa più sostanziosa, eh io non voglio dare tempi di quando questo accadrà, ma insomma continuiamo a lavorare e mi pare che passi in avanti se ne stanno facendo", aggiunge. "E voglio dire anche che non è vero che noi abbiamo chiesto al presidente di fare in buona sostanza il gendarme dei migranti per qualche milione di euro", conclude.

KOSOVO

In vista del prossimo Consiglio Ue Meloni ha spiegato che ci sarà la "ferma condanna del Consiglio europeo dei violenti incidenti nel nord del Kosovo a fine maggio", aggiunta "alla necessità di un’immediata de-escalation nella tensione, di ripresa del Dialogo facilitato dall’Ue tra Belgrado e Pristina. Confermo l'impegno italiano per la pace e la stabilità del Kosovo e di tutta l’area dei Balcani occidentali, a cui stiamo dedicando molte, molte energie".

"Voglio, a questo proposito, ribadire l’indignazione italiana - ha aggiunto la premier - per l’attacco di fine maggio a danno della missione Kfor, che ha coinvolto anche militari italiani. A loro, come a tutti gli uomini e le donne in uniforme che onorano il Tricolore, difendendo ovunque nel mondo pace e democrazia, va il nostro grazie a nome dell’Italia intera. A loro, e a tutti i cittadini italiani, voglio dire che in tutti i consessi europei e internazionali viene oggi riconosciuto all’Italia il ruolo di una nazione solida, credibile, affidabile. Forte delle sue ragioni e dei suoi interessi, forte della sua tradizione di dialogo e del suo ruolo geopolitico".

CINA

Poi la Cina. "Il futuro delle relazioni con Pechino è oggetto di un intenso dibattito a livello Ue. Certo, andrebbe, a monte, aperto un lungo capitolo sulla miopia con la quale anche l’Unione europea ha gestito le conseguenze dell’ingresso della Cina nell’Organizzazione mondiale del commercio - ha affermato la premier - Ma oggi, più pragmaticamente, dobbiamo prendere atto che quella cinese e quella europea sono economie per molti aspetti interdipendenti, il cui rapporto è stato spesso viziato da pratiche distorsive e dovrebbe invece evolvere verso standard e regole comuni".

"Sul piano geopolitico, la Cina - ha ricordato il presidente del Consiglio - è diventata interlocutore imprescindibile nelle relazioni internazionali, anche laddove la sua leadership politica sembra spesso perseguire un diverso ordine internazionale, ed è attore imprescindibile per dare adeguate risposte ad alcune sfide globali, pensiamo il clima, perché è evidente che non possiamo affrontare sfide come quella climatica gravando solo e unicamente sulle nostre economie".

"Per tutte queste ragioni, intendiamo perseguire con la Cina un rapporto che - lungi dall’essere ostile - vuole però essere maggiormente equilibrato. La Cina è a tutt’oggi un rivale sistemico che chiama l’Unione europea ad essere da una parte ferma nella difesa dei propri valori e dell’ordine internazionale basato sulle regole e, dall’altra, pragmatica nel perseguimento dei propri interessi economici e nel confronto sulle sfide globali".

PNRR

Nella replica alla Camera Meloni ha parlato anche del Pnrr, ribadendo che le risorse non verranno utilizzate per le armi. "In Europa si è scelto di aprire all'utilizzo delle risorse del Pnrr anche per l'acquisto di armi. Mi pare che il governo italiano nello spazio di cinque minuti, rispetto alla decisione, abbia garantito, dichiarato, e lo ribadisco anche qui in Aula, che non intende utilizzare in alcun modo le risorse del Pnrr per questo scopo", ha affermato il presidente del Consiglio.

"Voglio anche dire che il tema della trasparenza rispetto al Pnrr mi fa un po' specie, penso che il ministro Fitto sia stato in questi otto mesi di governo in parlamento diverse volte, ne contavamo a memoria cinque o sei a riferire o a parlare o approfondire il tema del Pnrr", ha poi aggiunto in Senato nelle repliche.

"Il piano italiano è il più complesso di tutti, è bene che questo lavoro sia fatto con serietà, quindi non ci sono ritardi. C'è semplicemente un lavoro serio che stiamo cercando di fare senza fare polemica, perché avremmo potuto fare polemica, invece non abbiamo fatto polemica, noi ci siamo messi ai remi e abbiamo cominciato a lavorare. Per mandare avanti un piano che è importante per l'Italia, anche sugli aspetti che potevamo non condividere complessivamente".

"Perché quando si tratta di interesse nazionale noi ci mettiamo a lavorare e mi fa specie francamente che i partiti che hanno di fatto steso il piano sul quale oggi si lavora, e che in alcuni casi richiede da parte della commissione europea delle modifiche, siano anche quelli che se la prendono con l'attuale governo". "Mi fa mi fa specie anche che lo faccia il commissario Gentiloni che il piano immagino lo avesse letto prima e che oggi chiama in causa il governo italiano, dicendo che bisogna correre e fare di più, ma insomma se si fosse vigilato un po' di più in passato probabilmente oggi si farebbe più velocemente".

UNIONE EUROPEA

In una riflessione sull'Ue, Meloni ha spiegato che "quello che in questi anni noi abbiamo rivendicato - e per questo siamo stati definiti spesso dei nemici dell'Unione europea - era un principio che è scritto nei Trattati e che non è stato applicato sempre, ovvero il principio di sussidiarietà: non si occupi Bruxelles di quello di cui si può meglio occupare Roma e non faccia Roma da sola quello per cui serve Bruxelles. Non è esattamente quello che è stato fatto ed è la ragione per la quale oggi serve un diverso approccio. E sono contenta di questo cambio di passo, sono fiera di tentare di dare una mano in questo senso. È cambiato l'approccio e noi dobbiamo essere consapevoli del fatto che, quando qualcuno cercava di accendere i riflettori su alcune necessità e su alcune mancanze, non lo faceva perché era nemico, ma lo faceva perché gli amici veri sono quelli che ti dicono le cose come stanno, non sono quelli che ti dicono sempre di sì".

"Sono convinta che quello sulla riforma della governance europea, in tema di stabilità e crescita, è una di quelle materie sulle quali ragionevolmente anche in passato le posizioni del parlamento sono state posizioni più ampie di quelle delle singole maggioranze, spero che sarà così anche in questo caso", ha poi detto Meloni in replica al Senato. "Ovviamente tutti ci rendiamo conto di come le future regole della governance devono essere orientate soprattutto a garantire la crescita, la quale come dicevo, è anche molto più difficile, noi crediamo che da questo punto di vista, sarà una battaglia che vorremmo fare insieme".

E ancora: "Il tema dello stato di diritto, io lo sento tornare spesso e lo sento da esponenti della sinistra di vario genere, parlamentari, opinionisti, suona come un incitamento alla Commissione Europea ,cioè come se una parte della sinistra nella speranza di colpire il governo, cercasse di accendere i riflettori su un problema che sa che non esiste per tentare di colpire il governo, magari mandarlo a casa voi".

"Vi rendete conto di quanto questo sarebbe grave? Vi rendete conto di quanto sarebbe grave chiedere un intervento esterno, bloccando l'Italia le sue risorse e i suoi diritti", sottolinea: "È su queste cose che secondo me è il limite. Confido che è un limite sul quale saremo tutti d'accordo. Questo è un limite sul quale confido saremo tutti d'accordo. Prima viene l'interesse dell'Italia prima vengono i diritti della nazione e poi vengono gli interessi di partito".

CAMERA APPROVA RISOLUZIONE MAGGIORANZA

La Camera ha approvato la risoluzione di maggioranza presentata dopo le comunicazioni della premier Meloni. Il testo è stato 'spacchettato' e votato quattro volte per parti separate, tutte approvate dall'Aula. Anche gli altri testi depositati a Montecitorio sono stati votati per parti separate, consentendo così un incrocio di voti tra i diversi Gruppi e anche tra maggioranza e opposizione.

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