di Enzo Bonaiuto
La decisione del Governo di non dare subito il via libera nella Fase 2 alle messe celebrate in chiesa con i fedeli, pur nel rispetto delle misure di sicurezza, pare dividere il Vaticano e il Papa in persona dalla Cei, che rappresenta i cardinali e vescovi italiani; almeno secondo alcuni retroscena apparsi su diversi organi di stampa, che 'leggono' le frasi pronunciate ieri da Francesco durante la messa di Santa Marta - "Preghiamo il Signore, perché dia al suo popolo, a tutti noi, la grazia della prudenza e dell’obbedienza alle disposizioni perché la pandemia non torni" - in contrasto con la "esigenza" di riprendere le cerimonie religiose pubbliche, prima sottolineata dalla Conferenza Episcopale italiana durante le 'trattative' con il Governo, specie con il Viminale, e poi ribadita a gran voce con una dura nota nella stessa serata in cui, pochi minuti prima, il premier Conte aveva spiegato la Fase 2 contenente anche il divieto di aprire le chiese per celebrare messa.
Scrive, ad esempio, Massimo Franco su 'Corriere della sera' che "da fonti accreditate, è circolata la voce secondo la quale lunedì, poche ore dopo la dura presa di posizione della Conferenza episcopale contro le misure del governo nella fase 2, ci sarebbe stato una telefonata tra il presidente del Consiglio Giuseppe Conte e Casa Santa Marta, residenza papale dentro il Vaticano. Da lì sarebbero nate l’ipotesi di un protocollo per svolgere le messe in sicurezza, all’aperto, dall’11 maggio; e la presa di posizione di Francesco che ieri mattina, poco prima della messa a Santa Marta, ha scolpito poche parole suonate come appoggio al governo e frenata, se non sconfessione, delle critiche della Cei. Parole di grande responsabilità, accolte tuttavia con una punta di imbarazzo e di sorpresa ai vertici della Chiesa italiana".
Se il 26 aprile, i vescovi la Cei ha attaccato il Dpcm che rinviava la celebrazione delle messe, affermando perentoriamente che "i vescovi non possono accettare di vedere compromessa la libertà di culto; la decisione del governo è arbitraria", ieri - fa notare ancora il 'Corsera' - sono risuonate di nuovo le parole papali. Sono smarcamenti nei quali non si avverte la volontà di delegittimare la Cei, sebbene di fatto il risultato sia questo. Appaiono semmai il riflesso della difficoltà anche di Papa Francesco a fronteggiare un’emergenza che modifica il modo di essere della religione cattolica e chiama in causa i rapporti tra Stato e Chiesa: una questione di principio, nella quale il Papa si è ripreso la scena a spese della Cei".
Anche per Domenico Agasso jr sulla 'Stampa', "Papa Francesco disapprova nettamente la strategia dello scontro. E il suo contrordine è diventato un prezioso assist al premier Conte in questi giorni di trattative e tensioni fra prelati, governo e Comitato tecnico-scientifico sulla riapertura delle celebrazioni ai fedeli. 'Più che sconfessare direttamente la dura nota di domenica sera, il Pontefice vuole evitare che nella Cei prevalga la linea del muro contro muro nei confronti dell’esecutivo italiano' afferma un alto prelato vaticano. I vertici della Cei sono da settimane sotto pressioni interne: 'enormi', le descrive il presule per il quale parlare di disaccordi è riduttivo".
'Il Fatto Quotidiano' mette in risalto che "c'è una vistosa mancanza di comunicazione e ci sono forti incomprensioni tra Papa Francesco e la Cei". Fa eco Paolo Rodari su 'Repubblica': "Fra Cei e governo entra in campo Francesco. Il Papa, ieri mattina, sentiti i suoi collaboratori e informato di come una parte dell’episcopato italiano stesse pressando la presidenza della stessa Conferenza episcopale, cardinale Gualtiero Bassetti in testa, per andare al muro contro muro con l’esecutivo circa la celebrazione delle messe in presenza di popolo, richiama tutti alla ragione e a una linea più morbida".
E se "in questo modo il Papa non sconfessa la Cei e la sua nota di due giorni fa nella quale si mostrava il dispiacere dell’episcopato per le decisioni prese da Conte, ma piuttosto invita ad abbassare i toni per ottenere un dialogo costruttivo e che porti a risultati nel rispetto della distinzione dei ruoli fra Stato e Chiesa", tuttavia "nella sede della Cei, le parole del Papa di ieri mattina sono state accolte con non poco sollievo. Il Pontefice, infatti, diviene un appoggio per la presidenza per calmierare le spinte dei presuli più intransigenti, molti di questi appartenenti alla vecchia guardia, a un episcopato per il quale la Chiesa cattolica in Italia deve fare attività di lobbying per imporre visioni e istanze allo Stato laico. Francesco ha scardinato da tempo questa linea".