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Pnrr, "per 83% dei manager occasione unica per rilancio del Paese"

E' uno dei risultati di una survey condotta da EY e Swg su un campione di oltre 1.230 soggetti tra manager e opinione pubblica

(Fotogramma)
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15 marzo 2022 | 08.14
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L’83% dei manager vede il Pnrr (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) come occasione unica per il rilancio del Paese. E' uno dei risultati di una survey condotta da EY e Swg su un campione di oltre 1.230 soggetti tra manager e opinione pubblica, che analizza il sentiment e la fiducia sull’impatto del Recovery Plan, con un focus sulla riforma fiscale, a più di sei mesi dall’approvazione in via definitiva del Pnrr. La ricerca è stata presentata con i rappresentanti del mondo istituzionale, accademico e delle imprese nel corso dell’EY Tax Day, incontro organizzato da EY presso Palazzo Mezzanotte a Milano.

Stefania Radoccia, managing partner di EY Tax & Law in Italia, in apertura dell’incontro ha affermato: “Siamo di fronte a un momento senza precedenti: dopo anni di incertezza pandemica, iniziamo ad avvertire le conseguenze delle crescenti tensioni geopolitiche, ma non possiamo perdere il focus sulla trasformazione del Paese e del tessuto produttivo. La trasformazione passa anche e in gran parte dal Pnrr, sul quale però l’ottimismo è in rallentamento: i dati della survey EY-Swg rilevano che l’83% degli intervistati, contro il 92% di settembre 2021, vede il Piano come occasione unica per il rilancio del Paese. Il Pnrr è quindi una sfida complessa che richiede grande capacità di execution e ritmo nella messa a terra delle riforme, a partire dal fisco, vere abilitatrici di un Paese più attrattivo e competitivo a livello internazionale”.

La riforma fiscale, rimarca Davide Bergami, partner di EY Tax & Law e Business Development leader Italia, “riveste un ruolo senz’altro strategico per la crescita del Pil italiano e l’attrazione dei capitali stranieri. Tentazioni divisive e logiche frammentarie devono rapidamente cedere il passo a una revisione strutturale e unitaria del sistema che consenta di allineare le specificità del sistema economico italiano alle sempre più copiose istanze Ue”. Per quanto i momenti di confronto sugli obiettivi e i risultati del Pnrr stiano procedendo da mesi, un’ampia quota della popolazione e 1/3 dei manager intervistati affermano di non conoscere o comprendere i vari aspetti del Piano in maniera adeguata in quanto si rileva una moltiplicazione e diffusione delle informazioni ritenuta non ottimale.

Tuttavia, secondo l’83% dei manager e della popolazione, il Pnrr rappresenta un’occasione unica per modernizzare e rilanciare il Paese dopo gli anni di crisi sanitaria. Dai dati si rileva inoltre una certa fiducia nei confronti dell’azione svolta dal Governo, soprattutto tra i manager intervistati, tra i quali sfiora il 70%, anche se per quasi il 40% la grande importanza attribuita al Pnrr rischia di mettere in secondo piano altre priorità per il futuro del Paese (soprattutto alla luce dell’evoluzione dell’attuale conflitto geopolitico). Anche in relazione al raggiungimento degli scopi previsti, oltre un terzo degli intervistati (ovvero 34% della popolazione e 36% dei manager) indica che gli obiettivi ad oggi conseguiti con il Pnrr sono inferiori rispetto a quanto concordato in sede europea, suggerendo dunque un certo scetticismo generale sullo stato della sua attuazione.

I dati della survey EY-Swg illustrano quali sono le riforme percepite più importanti tra quelle previste dal Piano, delineando dunque le priorità su cui focalizzare l’attenzione per un’attuazione puntuale ed efficace. Tra queste vi sono la realizzazione delle infrastrutture tecnologiche che, secondo il 50% dei manager, sono fondamentali per il rilancio economico del Paese. Le riforme della pubblica amministrazione (secondo il 48% dei manager) e della giustizia amministrativa (per oltre il 30%) sono invece centrali per lo snellimento burocratico e l’efficientamento amministrativo del Paese, mentre le riforme del fisco e della giustizia civile (entrambe per il 32% dei manager) sono essenziali per aumentare l’attrattività del Paese nei confronti degli investitori esteri.

Il sistema fiscale è uno dei temi centrali per il futuro del Paese. La possibilità di capire e quindi attuare l’imposizione tributaria nelle sue varie articolazioni è alla base del cosiddetto patto sociale e richiede semplificazioni oltre che nuove forme di ricerca del senso e del consenso, tanto in chiave domestica che di attrattività estera. Questa attenzione nasce da una valutazione particolarmente severa del sistema attuale che vede popolazione e manager allineati nel ritenere il sistema di oggi poco efficace, equo ed efficiente. Non stupisce che, secondo l’85% dei manager e l’83% della popolazione, la complessità del sistema fiscale italiano è un ostacolo alla competitività internazionale delle imprese italiane e, secondo l’86% dei manager, la sua complessità ostacola l’ingresso di imprese estere interessate a investire nel Paese.

Le aspettative legate a una riforma del sistema più equo ed efficiente vanno innanzitutto nella direzione di una maggiore stabilità della normativa al netto di eventuali cambiamenti di natura politica. Sono soprattutto i manager a chiedere (85%) maggiore stabilità, limitando il ricorso a decretazioni d'urgenza evitandone la retroattività (secondo il 69%), ma anche (58%) coinvolgendo le parti sociali nelle discussioni e mettendo a disposizione dei servizi personale più competente (secondo il 54% dei manager intervistati). L’intero pacchetto di richieste si orienta fortemente verso un intervento per la creazione di un sistema fiscale stabile e affidabile che consenta di programmare le attività anche nel medio periodo e con il quale sia possibile costruire delle interlocuzioni positive a vari livelli. È necessario dunque superare logiche corporative di breve periodo e abbracciare la visione di un fisco come infrastruttura di medio lungo periodo (a prescindere dalle alternanze in termini governativi e politici).

Al netto di questa aspettativa, si constata che la riforma in corso non è ancora in grado di raggiungere gli obiettivi desiderati: solo poco più del 30% dei manager ritiene che il processo di riforma in atto sia vicino alle esigenze delle imprese e ancora meno (il 28%) reputa che favorisca la competitività delle imprese italiane. Sul fronte della giustizia tributaria, i manager intervistati concordano nella costruzione di un sistema più snello e semplice, con un maggiore livello di competenza e di professionalità dei vari attori e che consenta un’interlocuzione costante tra Stato e contribuenti ai vari livelli possibili.

Nel rapporto tra sistema fiscale e Green Deal europeo, secondo l’84% dei manager e l’85% della popolazione, la tassazione delle imprese dovrebbe presentare maggiore uniformità all’interno dei Paesi europei e l’80% dei manager concorda nell’affermare che le aziende che inquinano di più dovrebbero avere una tassazione più elevata a compensazione dei danni arrecati all'ambiente. Appare pertanto evidente al 78% dei manager che si tratta di una leva fondamentale per accelerare azioni di aziende e consumatori nell’adozione di comportamenti più sostenibili, fornendo incentivi fiscali ai soggetti più virtuosi (secondo l’80% dei manager i prodotti con certificazione green di sostenibilità ambientale e sociale dovrebbero poter godere di un’imposizione indiretta agevolata).

Sul fronte degli incentivi fiscali implementati negli ultimi anni, si registra un riconoscimento unanime del loro impatto positivo relativamente alla crescita dei consumi e alla capacità di rilanciare investimenti e volumi di affari in settori cruciali o che avevano subito forti impatti durante la pandemia. Circa l’80% degli intervistati tra manager e popolazione riconosce che questo sistema ha portato vantaggi alle città, alle imprese e ai consumatori; tuttavia, è altrettanto forte la percezione di come sia importante la presenza di meccanismi di controllo mirati per evitare abusi ma anche per non ostacolare i sistemi economici da premiare.

Questo appare evidente soprattutto dalle valutazioni relative all’ecobonus dove, se da un lato è ampio l’accordo (oltre 70%) rispetto ai benefici che ha prodotto verso le imprese, le abitazioni e in generale il PIL del Paese, dall’altro è evidente la percezione che abbia creato una serie di distorsioni del mercato (in particolare secondo l’83% dei manager intervistati per quanto riguarda l’aumento dei prezzi) e di problemi di gestione anche a causa di linee guida emesse in ritardo e a tratti farraginose e poco coerenti, secondo l’80% degli intervistati. L’aumento forzato della domanda, soprattutto nel settore edile, se ha portato a evidenti vantaggi per la collettività relativamente alle modalità con cui è avvenuto ed è stato gestito, ha comportato anche alcune distorsioni e forzature che dovranno essere puntualmente e rapidamente corrette per evitare la penalizzazione dei molti operatori che hanno tenuto comportamenti virtuosi.

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