Parla all'Adnkronos un professionista del servizio per le emergenze nazionale
"Mentre eliminiamo il detonatore da una bomba, un'altra in lontananza esplode, in un sottofondo continuo e martellante di spari. E' nella nostra città, a Cernihiv, che lavoriamo oggi con più attenzione che mai. E' una corsa contro il tempo per ripulire strade e tetti disseminate da schegge e macigni da 500 chili piombati come neve dove un tempo vivevamo, dormivamo, mangiavamo. Scongiurare il peggio, limitare i danni, rimuovere i segni di una guerra che fa paura. Anche a me, anche a noi che con le bombe lavoriamo". A parlare all'Adnkronos è Mykhailo Iliev, capo del gruppo di artificieri e dello sminamento sott’acqua del dipartimento generale del servizio per le emergenze nazionale nella regione di Cernihiv.
"Lavoriamo tutti i giorni. Per ora - racconta Mykhailo - solo all’interno della città perché a causa dei continui attacchi ci è impossibile operare nelle zone limitrofe. Eppure, nonostante il perimetro 'ristretto', operiamo almeno in 25 posti al giorno. Oggi, ad esempio, la nostra squadra ha dovuto dividersi in tre per coprire varie zone della città. Usciamo la mattina presto, sorvegliati a vista da una persona di guardia che osservi e ascolti tutto ciò che succede intono. Al tramonto, con il divieto di accendere le luci, lavorare è impossibile: il rischio di non vedere trappole inesplose sarebbe troppo alto".
Impossibile non chiedergli delle bombe inesplose, da quella caduta nel lavello di una cucina e la cui foto è diventata virale, a quella portata fuori da un edificio con una gru. "Ci sono coincidenze fortuite in cui una bomba cade con un’angolazione sbagliata e quindi non avviene la detonazione. Oppure i casi in cui qualcosa le fa da cuscino, come il razzo di tipo Fab 500 atterrato proprio nella segatura di una falegnameria, senza esplodere. Le persone nei paraggi si sono salvate tutte, un vero miracolo. Le bombe a grappolo, lanciate dai lanciarazzi multiplo Uragan - sottolinea l'artificiere di Cernihiv - fanno un cratere profondo 3-4 metri. Quindi c’è bisogno di scavare, anche a mano quando è impossibile portare una scavatrice".
Al fianco di Mykhailo un aiutante speciale. "Nella nostra squadra non abbiamo cani ma 'Pallottola' - continua, indicando il Jack Russell con tanto di pettorina del servizio per le emergenze nazionale - è di mio figlio. Mi sono spesso preso cura io di lui, portandolo con me al lavoro e così l’ho addestrato. Nella mia unità siamo in 19 e lui è il 20esimo 'uomo', membro a tutti gli effetti della squadra. E' la nostra mascotte, ci dà tanta allegria e trasmette la sua vivacità e energia a tutti".
Quello che serve qui, quando la guerra ha scavallato il traguardo del primo mese. "Abbiamo tutti paura, è normale - dice - ma riusciamo a concentrare i nostri sforzi sul lavoro per preservare le nostre vite e quelle dei civili . Spesso la gente ci aiuta, spieghiamo agli abitanti dei villaggi cosa cerchiamo, cosa dobbiamo fare, e si danno un gran da fare. Non vedo l’ora che la guerra finisca presto perché abbiamo voglia, tutti, di tornare alle nostre vite".
(di Silvia Mancinelli)