Oltre 100 i palestinesi rimasti uccisi mentre aspettavano gli aiuti. Ma le versioni sono contrastanti. Vice ambasciatore: "Abbiamo bisogno di un testo che tenga in considerazione tutti i fatti"
Gli Stati Uniti hanno bloccato al Consiglio di Sicurezza dell'Onu una dichiarazione di condanna di Israele per la strage avvenuta ieri a Gaza City, dove almeno 112 palestinesi che aspettavano aiuti alimentari sono rimasti uccisi e oltre 760 feriti. Il testo, presentato dall'Algeria, esprimeva "profonda preoccupazione" ed indicava che la tragedia era stata innescata "dal fatto che le forze israeliane hanno aperto il fuoco".
Hamas e l'Autorità palestinese hanno denunciato il fatto come 'un massacro' commesso ai danni di una folla in attesa dell'arrivo di un convoglio di aiuti umanitari. L'esercito israeliano, invece, ha attribuito la maggior parte delle vittime a una fuga precipitosa e alla calca, sostenendo che circa dieci persone sarebbero rimaste uccise dai colpi di arma da fuoco.
Secondo l'ambasciatore palestinese all'Onu, Riyad Mansour, nella riunione d'emergenza a porte chiuse del Consiglio 14 su 15 membri del Consiglio sostenevano il testo presentato dall'Algeria. Ma non gli Stati Uniti: "Le parti stanno lavorando ad una formula per vedere se possiamo avere una dichiarazione, il problema è che in questa non abbiamo tutti i fatti" ha detto ai giornalisti il vice ambasciatore Robert Wood, sottolineando di volere un testo che rifletta "il necessario giusto controllo riguardo alle responsabilità".
Il diplomatico americano si riferisce al fatto che, mentre le autorità di Gaza incolpano le forze israeliane per la strage, gli israeliani affermano di non aver sparato sulla folla, ammettendo che i propri militari avrebbero sparato dei colpi di avvertimento quando le persone hanno iniziato ad avanzare verso il convoglio di aiuti. Secondo la ricostruzione fornita da Israele, la maggior parte dei civili sono rimasti uccisi nella calca e dai camion che hanno perso il controllo, mentre meno di 10 persone sarebbero rimaste uccise da militari israeliani.
Mansour ha raccontato di aver incontrato prima della riunione l'ambasciatrice Usa all'Onu, Linda Thomas-Greenfield: "l'ho implorata di fare in modo che il Consiglio di Sicurezza potesse produrre un testo che condannasse queste uccisioni ed i responsabili di questo massacro" ha detto aggiungendo che se il Consiglio avesse "la determinazione di impedire che altri massacri come questo quello di cui abbiamo bisogno è un cessate il fuoco".
La Francia chiede un'indagine indipendente per appurare le circostanze di quanto successo ieri a Gaza. Parlando a France Inter, il ministro degli Esteri Stephane Sejourné ha detto: "Chiederemo spiegazioni e che ci sia un'indagine indipendente per determinare cosa è successo. La Francia chiama le cose con il loro nome. Questo quando definiamo Hamas gruppo terroristico, ma dobbiamo chiamare le cose con il loro nome anche quando ci sono atrocità a Gaza".
Il presidente del Consiglio Europeo Charles Michel è "scioccato e disgustato". Il diritto internazionale - dichiara via social - non ammette doppi standard. Dovrebbe essere avviata immediatamente un’indagine indipendente e i responsabili devono rispondere di quello che hanno fatto. È urgentemente necessario un cessate il fuoco, per consentire agli aiuti umanitari forniti da agenzie specializzate adeguatamente finanziate, come l'Unrwa, di raggiungere i civili", conclude.
"Profondamente turbata per le immagini" provenienti da Gaza, la presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen. "Va fatto ogni sforzo - dichiara via social - per indagare su quello che è successo e assicurare trasparenza. Gli aiuti umanitari sono vitali per chi è in stato di necessità e devono essere assicurati. Siamo con i civili, chiediamo la loro tutela in linea con il diritto internazionale", conclude.
Anche Pechino condanna "con fermezza" quanto avvenuto ieri a Gaza. "La Cina è scioccata da questo incidente e lo condanna fermamente", ha dichiarato la portavoce del ministero degli Esteri cinese, Mao Ning, che ha espresso le sue condoglianze alle famiglie delle vittime. Allo stesso modo, invita "tutte le parti interessate, in particolare Israele, a cessare il fuoco e fermare la guerra, proteggere efficacemente i civili, garantire l'accesso agli aiuti umanitari ed evitare un disastro umanitario ancora più grave". Mao ha ricordato che la Striscia di Gaza "sta vivendo un disastro umanitario senza precedenti" e ha chiesto al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite di "agire al più presto possibile per favorire un cessate il fuoco e la fine della guerra”. "I principali Paesi devono mantenere un atteggiamento giusto e responsabile e svolgere un ruolo costruttivo nel promuovere un cessate il fuoco immediato", ha affermato, assicurando che Pechino continuerà a lavorare in questo senso e a "promuovere la soluzione dei due Stati" e "raggiungere la pace e la stabilità a lungo termine in Medio Oriente".
''Quello che sta accadendo a Gaza non è un confitto, e un genocidio. E questo perché le guerre hanno le loro regole'', ha dichiarato il presidente turco Recep Tayyip Erdogan in apertura del Forum diplomatico di Antalya. ''Bambini, donne, civili sono stati brutalmente assassinati a Gaza, ma anche la fiducia della gente nella giustizia e nell'ordine globale è stata messa a dura prova'', ha aggiunto il presidente turco. ''La crisi di Gaza è una testimonianza del crollo dell'attuale ordine globale'', ha proseguito Erdogan citato dall'agenzia di stampa Anadolu. ''Mi sto riferendo ad attacchi traditori e spregevoli, di barbarie prive di qualsiasi senso dell'onore", ha sottolineato.
Secondo Erdogan "la comunità internazionale ha un solo modo per ripagare il debito che ha con il popolo palestinese, ovvero con la creazione di uno Stato palestinese''. "E' fondamentale'', ha aggiunto il leader turco, che sia formato ''uno Stato palestinese indipendente, sovranità, con una integrità territoriale e Gerusalemme Est come sua capitale sulla base dei confini del 1967'', ha precisato. ''Le potenze occidentali che dall'inizio del conflitto hanno sostenuto in modo incondizionato Israele sono complici dello spargimento di sangue con le loro politiche ipocrite'', ha aggiunto.
L'Egitto spera ancora che si possa arrivare prima del Ramadan a un accordo per la fine delle ostilità nella Striscia di Gaza e alla liberazione degli ostaggi trattenuti nell'enclave palestinese. Lo ha dichiarato il capo della diplomazia egiziana Sameh Shoukry, dicendo di augurarsi che i colloqui avviati in Qatar possano portare risultati concreti prima del 10 marzo, giorno nel quale inizia il mese sacro all'Islam. ''Speriamo di poter arrivare alla fine delle ostilità e allo scambio di ostaggi. Tutti sappiamo che abbiamo un tempo limitato per riuscire ad avere successo prima dell’inizio del Ramadan'', ha detto il ministro egiziano intervenendo al forum diplomatico in corso ad Antalya, in Turchia.
Ad un mese dall'inizio dell'inchiesta sulle denunce di coinvolgimento di dipendenti dell'Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati palestinesi (Unwra) nel massacro del 7 ottobre, l'Onu è ancora in attesa dei documenti di intelligence israeliani che confermerebbero le denunce. Il portavoce delle Nazioni Unite Stéphane Dujarric ha detto in un briefing che l'Ufficio di supervisione interna (Oios) sta attualmente cercando di "verificare ulteriori informazioni e di confrontare i dati ottenuti con i materiali in mano alle autorità israeliane, che l'OIOS si aspetta di ricevere a breve".
Israele ha accusato diversi dipendenti dell'Unwra di essere coinvolti negli attacchi terroristici del 7 ottobre e molti dei principali donatori occidentali dell’agenzia, tra cui Stati Uniti e Germania, hanno temporaneamente sospeso i contributi all’agenzia.
Il segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres ha definito credibili le accuse e ha promesso un’indagine approfondita, oltre a licenziare un certo numero di membri dello staff. A più di quattro settimane dall'inizio delle indagini, gli investigatori dell'Onu stanno ora programmando un viaggio in Israele per ottenere informazioni dalle autorità locali. Finora sono stati analizzati numerosi altri documenti, anche provenienti da altri paesi. Stando alla Dpa, Israele avrebbe fornito all'Onu 12 nomi e dati di geolocalizzazione sul 7 ottobre, dati che sono stati verificati dall'Onu.