Nel 1973 la pronuncia dei giudici che modificava di fatto la legislazione sull'aborto
Era il 22 gennaio 1973 quando con la sentenza 'Roe vs Wade' la Corte Suprema Usa cambiò di fatto la legislazione americana sull'aborto sancendo il diritto delle donne di interrompere per qualunque motivo la gravidanza.
A portare il caso in tribunale fu un gruppo di avvocate che aveva preso in carico il caso di Jane Roe (al secolo Norma McCorvey), una ragazza della Louisiana per metà nativa americana che a 16 anni aveva sposato un uomo violento e dopo aver avuto due figli aveva espresso la volontà di non far nascere il terzo. Henry Wade era l'avvocato che rappresentò lo Stato del Texas nel processo del 1970.
La causa finì due anni dopo davanti alla Corte Suprema a cui veniva chiesto di stabilire se la Costituzione Usa riconoscesse o meno il diritto all'aborto anche in assenza di problemi di salute della donna, del feto o di altre problematiche non legate alla semplice volontà della donna di interrompere la gravidanza. La pronuncia dei giudici arrivò a maggioranza (7 favorevoli e 2 contrari) il 22 gennaio '73 quando, in base a un'interpretazione del Quattordicesimo Emendamento, stabilirono che esiste un diritto alla privacy inteso come diritto alla libera scelta di ciò che attiene alla sfera più intima dell'individuo e dunque anche alla scelta di avere o meno un bambino.
Inoltre, nell'opinione della maggioranza, il giudice Harry Blackmun argomentò che negare l'accesso all'aborto provoca dei danni che comprendono la minaccia alla salute fisica e mentale delle donne, costi finanziari e stigma sociale. "Quindi noi concludiamo che il diritto alla privacy personale comprende la decisione di abortire", scriveva sostenendo che questo diritto deve "prevalere sugli interessi regolatori degli Stati".
La sentenza che lasciava così massima libertà alle donne poneva però dei limiti temporali entro i quali è possibile abortire. I giudici stabilirono che l'interruzione di gravidanza è consentita fino al momento in cui il feto diventa in grado di sopravvivere al di fuori dell'utero materno anche con l'ausilio di un supporto artificiale. Ma in caso di pericolo per la salute della donna, l'aborto è comunque legale anche se questo limite di tempo sia stato superato.
Nella bozza della decisione attuale dei giudici che il 3 maggio scorso era stata anticipata da Politico, si afferma che la sentenza del '73 deve essere "ribaltata" perché "clamorosamente sbagliata sin dall'inizio", fondata su "un'argomentazione eccezionalmente debole che ha avuto conseguenze negative" con il risultato di "infiammare il dibattito ed aumentare le divisioni: è arrivato il momento di tornare alla Costituzione e restituire la questione dell'aborto ai rappresentati del popolo".
Anche se estremamente rara, la decisione della Corte Suprema di ribaltare e annullare un suo precedente è possibile.