Una storia (vera) di spie, faccendieri, monuments men, intrighi internazionali e preziose opere ‘prigioniere di guerra’: è quella che raccontano Tommaso Romanin e Vincenzo Sinapi nel libro ‘Bottino di Guerra – il giallo dei quadri razziati dai nazisti e deportati a Belgrado’, edito da Mursia.
Tutto inizia nel giugno del 1949, quando 166 oggetti lasciano per sempre il palazzo di Monaco di Baviera dove gli Alleati avevano stipato l’arte saccheggiata dai nazisti nei Paesi occupati. A portarli via il croato Ante Topic Mimara, che si accredita come rappresentante jugoslavo. I beni raggiungono Belgrado e vengono acquisiti dal Museo nazionale. Qui rimangono per anni, catalogati e restaurati con l’aiuto del governo italiano e di alcune sovrintendenze. Una collaborazione che porta quei dipinti “ricercati” anche in mostra in Italia per un breve periodo.
L'inchiesta giudiziaria risale al 2014, nata dall’intuizione di un appuntato dei carabinieri e dalla scoperta del primo quadro illecitamente portato all’estero. Primo di una serie di otto opere d’arte -che portano anche la firma di Tintoretto e Carpaccio- e che potrebbero anche essere molte di più, fatte espatriare in tempo di guerra o subito dopo il conflitto mondiale.