Il segretario della Cgil interviene all'indomani delle parole dell'amministratore delegato dell'azienda Carlos Tavares: "Governo convochi sindacati e azienda”
"Meloni scenda in capo convocando un incontro con Stellantis e i sindacati a palazzo Chigi". E' quanto chiede il segretario della Cgil Maurizio Landini all'indomani delle parole dell'amministratore delegato Carlos Tavares, secondo il quale "l''Italia dovrebbe fare di più per proteggere i suoi posti di lavoro nel settore automobilistico". "I tagli ci sono già stati, in questi anni si sono persi molti posti di lavoro e già adesso molti stabilimenti sono in cassa integrazione. Siamo di fronte ad una situazione che da tempo denunciamo", dice Landini a margine di un convegno a Roma.
"La capacità produttiva dell'azienda in Italia è di oltre 1,5 milioni di auto, ma la produzione è ferma a 500mila - aggiunge - Il tema è aperto ed è necessario che venga assunto: gli incentivi di per sé non risolvono e c'è bisogno di una logica di intervento più forte. In Francia è presente anche lo Stato in aziende strategiche importanti. Torniamo a chiedere che anche lo Stato italiano entri. Non è una novità. Lo chiediamo da tempo’’.
A Travers ha replicato ieri il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso: "Se Tavares o altri ritengono che l'Italia debba fare come la Francia, che recentemente ha aumentato il proprio capitale sociale all'interno dell'azionariato di Stellantis, ce lo chiedano. Se vogliono una partecipazione attiva possiamo sempre discuterne", ha detto al termine del tavolo sull'automotive.
"Le affermazioni di Tavares sono gravissime e gettano ulteriore incertezza sul futuro dell'industria dell'auto in Italia”, sostiene all’Adnkronos il segretario provinciale della Fiom torinese, Edi Lazzi che aggiunge: “Adesso gli incentivi ci sono, anche se non possono essere l'unica leva e comunque non sono la soluzione. Servirebbe invece un piano complessivo che preveda nuovi modelli di auto da assemblare, ricerca e sviluppo, infrastrutture di ricarica dei veicoli elettrici, produzione di energia pulita a basso costo tramite il fotovoltaico, ma purtroppo di tutto ciò non si vede traccia e le conseguenze le pagano le lavoratrici e i lavoratori con la cassa integrazione e i licenziamenti nell'indotto".
L’Ingresso dello Stato in Stellantis? “Aspettiamo che si convochi un tavolo dedicato ma ci preoccupa la mancanza di politica industriale da parte del governo che sembra avere su questo poche idee e confuse. Non si può chiedere a stellantis se vuole lo Stato nel Cda ma la scelta dovrebbe arrivare solo dopo aver individuato un obiettivo che descriva esattamente cosa fare. Come si fa a pensare di vendere un pezzo di Poste , un pezzo di Eni e poi comprare un pezzo di Stellantis?”, afferma il leader Uil, Pierpaolo Bombardieri, commentando l’ipotesi del ministro delle imprese, Adolfo Urso ad un supporto alla produzione di auto nel corso di una conferenza stampa.
“Ci aspettiamo da Stellantis un impegno serio e responsabile ad investire in tutti gli stabilimenti italiani a cominciare da Pomigliano aumentando la produzione di auto in Italia, garantendo i livelli occupazionali. A Tavares vogliamo ricordare che gli incentivi sono risorse pubbliche e non regalìe. Il Governo si faccia garante di un patto tra istituzioni, impresa e sindacati sul rilancio del settore auto nel nostro paese”, chiede il leader Cisl Luigi Sbarra oggi concludendo il consiglio generale della Cisl di Salerno. Sbarra, nel corso del suo intervento, è tornato a sostenere anche la necessità di “una nuova politica dei redditi per contrastare un’inflazione che pesa ancora moltissimo su milioni di lavoratori, pensionati e famiglie”.
“Dobbiamo rinnovare tutti i contratti, pubblici e privati- ha continuato- accelerare gli investimenti rafforzando la governance partecipata del PNRR a partire dai territori per guadagnare al riscatto il Mezzogiorno, colmando quei divari occupazionali, economici e infrastrutturali che feriscono la giustizia e frenano lo sviluppo”. “L’agenda 2024 per la Cisl- ha aggiunto il sindacalista- è sorretta da due principi cardine su cui costruire crescita e coesione: partecipazione, intesa sia come evoluzione delle relazioni industriali, sia come metodo di codeterminazione sociale delle politiche di sviluppo. E redistribuzione che non significa solo equità e giustizia sociale, ma anche possibilità di indirizzare sulla crescita risorse altrimenti bloccate nelle rendite delle fasce più forti”.