"Per genitori e professori che sono intorno al ragazzo, una cassetta degli attrezzi da usare"
L'epidemia di Covid-19 ci ha lasciato tanti strascichi e quello forse più problematico riguarda la salute mentale dei ragazzi. "Dopo la pandemia abbiamo avuto un aumento del disagio che interessa i giovani già nella fascia pre-adolescenziale: è una vera emergenza. Vediamo ragazzi vittime di autolesionismo, disturbi del comportamento alimentare, disregolazione del comportamento. Questo in una situazione dove non ci sono le risorse nel servizio sanitario per prendere per mano questi ragazzi e aiutare loro e le famiglie che vivono questi problemi". Lo evidenzia Daniela Chieffo, responsabile Unità operativa Psicologia clinica Fondazione Policlinico Gemelli Irccs di Roma, per lo speciale Adnkronos Salute dedicato al disagio psicologico dei giovani italiani.
Il Covid è stata la causa? "Ci sono una serie di ingredienti e considerazioni, c'era già un sottobosco implicito - risponde Chieffo - che non era così colorato e rappresentato come oggi, la pandemia e il lockdown hanno alimentato forme di alienazione e stare tanto tempo in famiglia ha permesso ai genitori di capire e comprendere meglio il disagio dei ragazzi e allo stesso tempo i giovani sono stati 'obbligati' dalla chiusura per il Covid a dare spazio alle loro difficoltà emotive in famiglia".
Nel reparto di Psicologia clinica arrivano pazienti che hanno bisogno di cure, qual'è l'identikit dei ragazzi? "Sostanzialmente abbiamo due profili: una forma di disturbo può essere una psicopatologia, con depressione o ansia. Sono ragazzi che non rientrano nei percorsi di psicoterapia e che hanno un 'trigger' psichiatrico. Poi abbiamo un malessere psicologico: sono manifestazioni che si potrebbero intercettare precocemente. Ultimamente - continua - vediamo vittime di episodi ridondanti di cyberbullismo, oppure l'aumento dei disturbi alimentari: non solo disturbi del cibo ma del ritmo dell'assunzione del cibo, ad esempio si mangia durante la notte o si abusa di cibo spazzatura. Sono profili con aspetti organici che hanno necessità di percorsi di cura personalizzati e non necessariamente di assumere farmaci".
Quali sono le figure che possono intercettare il disagio? "Secondo la nostra esperienza, sulla base delle storie che raccogliamo, è importante l'approccio personalizzato, ogni paziente ha una sua storia e alcuni disturbi possono nascere in diverse fasi. Noi puntiamo su una sensibilizzazione nella vita di tutti i giorni, chi fa questo viaggio insieme agli adolescenti ha una grande opportunità. La scuola è una cornice fondamentale, non perché vogliamo caricarla di responsabilità, ma perché siamo con la scuola. Sicuramente in quel contesto i ragazzi hanno la possibilità di manifestare il malessere. I pediatri con gli adolescenti hanno un ruolo già più secondario a quell'età, e anche le famiglie sono molto avvantaggiate rispetto ad una informazione, spesso chiedono aiuto in modo inappropriato: serve segnalare il disturbo quando condiziona la vita del figlio".