Sul piano personale ha soprattutto contribuito a facilitare la conciliazione vita-lavoro e la gestione dei propri figli
Il giudizio di chi ha sperimentato lo smart working nell’ultimo anno si divide tra una metà che lo ha ritenuto una grande occasione per migliorare la propria vita e un’altra che invece lo ha reputato, alla lunga, una costrizione a stare chiusi in casa. Fra chi lo pratica ancora, prevale, tuttavia, una valutazione più positiva (61%) del lavoro a distanza. E' quanto emerge da un sondaggio Swg.
Sul piano lavorativo, lo smart working ha avuto effetti ambivalenti: da una parte sembra aver peggiorato le relazioni interne, quelle fra colleghi in primis, e in qualche misura, anche con il proprio responsabile. Dall’altra, è opinione diffusa che questa modalità lavorativa abbia favorito la qualità dell’attività svolta e permesso di ottimizzare le tempistiche per attività ritenute poco utili. Sul piano personale, il lavoro da remoto ha avuto conseguenze prevalentemente positive: ha soprattutto contribuito a facilitare la conciliazione vita-lavoro e la gestione dei propri figli.
Per una significativa quota di lavoratori ha migliorato le relazioni con i familiari conviventi e anche l’umore. Occorre segnalare, tuttavia, che per il 31% tale esperienza ha impattato negativamente sulla condizione psicofisica. Le donne sono risultate più sensibili al cambio di modalità di lavoro: tutti gli effetti dello smart working - sia positivi che negativi - si sono infatti rivelati più pronunciati nell’ambito femminile. Allo scadere dello stato di emergenza occorrerà regolamentare il lavoro a distanza: l’accordo individuale tra lavoratore e impresa è l’opzione ritenuta più adeguata dai rispondenti all’indagine (37%).