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Possibile annullare elezioni ma è extrema ratio, il rapporto del Consiglio d'Europa

La Commissione di Venezia esamina le condizioni per invalidare il voto nei paesi membri

Possibile annullare elezioni ma è extrema ratio, il rapporto del Consiglio d'Europa
18 febbraio 2025 | 16.03
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L'attacco del vice presidente degli Stati Uniti J.D.Vance alla Conferenza di Monaco sull'annullamento delle elezioni presidenziali in Romania (decisione n.32 della Corte costituzionale rumena del 6 dicembre 2024 che ha annullato il primo turno delle elezioni presidenziali tenutesi il 24 novembre 2024) e sulle affermazioni di un ex funzionario Ue che Vance ha definito "scioccanti per le orecchie degli americani" rispetto alla possibilità di un annullamento bis in Germania - dove il prossimo 23 febbraio si vota per il rinnovo del 'Bundestag'- accendono i riflettori anche sulla recente risposta della Commissione di Venezia a una richiesta avanzata il mese scorso da Theodoros Rousopoulos, Presidente dell'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa (Apce), sulle condizioni e le norme giuridiche in base alle quali una Corte costituzionale potrebbe invalidare le elezioni.

Il "rapporto urgente" pubblicato lo scorso 27 gennaio dalla Commissione di Venezia, organo consultivo del Consiglio d'Europa 'per la democrazia attraverso il diritto' (che in genere produce pareri votati sotto forma di 'raccomandazioni' dalle assemblee plenarie del Consiglio), ha confermato che una Corte costituzionale può invalidare le elezioni ma anche precisato che può farlo solo in determinate circostanze e se sono soddisfatte molteplici condizioni e garanzie. I redattori del parere, (Marta Cartabia, Italia; Christoph Grabenwarter, Austria; Eirik Holmøyvik, Norvegia; Oliver Kask, Estonia; Inga Milašiūtė, Lithuania; Angelika Nussberger, Germania) in venti pagine di analisi pubblicate in inglese, traggono spunto da alcune questioni sollecitate dal recente caso Romania (primo stato membro dell'Ue in cui le elezioni sono state invalidate a causa di presunte ingerenze straniere e presunta disinformazione attraverso tik tok) ed affrontano il tema delle tecnologie digitali nelle campagne elettorali e dell'influenza esterna da parte di un altro Stato, ma non approfondiscono i fatti del caso rumeno né valutano la decisione della Corte costituzionale rumena.

Ciò perché "la domanda posta alla Commissione di Venezia è di natura generale e si riferisce all'analisi del diritto costituzionale generale comparato e delle norme europee e internazionali", precisa l'Organo consultivo che per esprimere un orientamento ha dovuto quindi considerare le norme generali e gli standard europei e internazionali utilizzabili come guida per tutti gli stati, non solo quelli dell'Ue. Il rapporto della Commissione di Venezia poggia su due linee di indirizzo: la prima è la necessità che siano elaborate norme, standard, che assicurino "un risultato elettorale che garantisca la libera espressione dell'opinione del popolo, secondo l'Articolo 3 del Protocollo n. 1 della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo (Cedu)". La seconda linea d'indirizzo è che "gli elettori devono poter confidare sul fatto che il loro voto sia definitivo". Da cui deriva che "l'annullamento di una parte delle elezioni o dell'intera elezione può essere consentito solo in circostanze eccezionali (principio di ultima ratio)", "...al fine di preservare la fiducia degli elettori nella legittimità delle elezioni". La Commissione ritiene infatti che "dati i gravi effetti derivanti dall'annullamento ex post di un'elezione, la discrezionalità del giudice che esamina le questioni elettorali dovrebbe essere guidata e limitata dalle condizioni stabilite dalla legge". Tanto che l'Organo consultivo del Consiglio d'Europa ha richiamato anche in quest'ultimo Rapporto una sua precedente raccomandazione generale "che rimane valida", "di migliorare la legislazione sull'annullamento dei risultati elettorali".

A quali "circostanze eccezionali" per invalidare le elezioni fa riferimento la Commissione? Secondo la citata Cedu, a quelle che "... determinano un pregiudizio genuino sull'esito dell'elezione", si legge. Giacché "le conseguenze dell'invalidamento dei risultati elettorali devono essere meno dannose rispetto all'accettazione dei risultati elettorali nonostante le loro carenze". Ad invalidare le elezioni può infatti contribuire la stessa legislazione elettorale vigente: "le Corti costituzionali possono avere la competenza di valutare la costituzionalità della legislazione elettorale e di invalidare le elezioni se ritengono che la legislazione non garantisca il diritto alle elezioni libere, anche nei casi in cui la legge non regoli aspetti importanti della campagna elettorale e degli elementi principali delle elezioni". Ma le violazioni dei diritti elettorali potrebbero provenire oltre che dallo Stato anche da "attori elettorali pubblici e privati" come "ong", "media e social media", "attori statali e non statali stranieri" e le prove delle violazioni non devono basarsi esclusivamente su informazioni d'intelligence, in quanto non verificabili e trasparenti, passaggio cruciale che richiama alla mente il caso Romania.

"Secondo la Commissione di Venezia - si legge - dovrebbe essere possibile contestare i risultati elettorali basati su violazioni dei diritti, delle libertà e degli interessi elettorali non solo dallo Stato, ma anche da parte degli attori elettorali pubblici e privati, tenendo conto che lo Stato ha obblighi positivi di garantire elezioni libere, comprese le campagne eque; ciò si applica anche all'influenza delle organizzazioni non governative, dei media e dei social media in particolare, inclusi quelli sponsorizzati e finanziati dall'estero, nonchè degli attori statali e non statali stranieri". Come provare le violazioni della legge mediante campagna online e sui social media? Indicando "le violazioni e le prove", che non si basino esclusivamente su "informazioni d'intelligence", scrive l'Organo consultivo. La Commissione ne parla al punto 59 del rapporto, quando sull'annullamento dei risultati elettorali riscontra: "... provare violazioni della legge attraverso le campagne online e sui social media è particolarmente difficile. Decisioni ben motivate e trasparenti su tali questioni sono cruciali. Secondo la Commissione di Venezia, tali decisioni devono indicare precisamente le violazioni e le prove, e non devono basarsi esclusivamente su informazioni d'intelligence (che possono essere utilizzate solo come informazioni contestuali), in quanto ciò non garantirebbe la necessaria trasparenza e verificabilità".

Non sfugge all'occhio della Commissione l'Intelligenza artificiale: la "propaganda elettorale on line inclusa l'Ia, che ha il potenziale di amplificare l'effetto della disinformazione e della manipolazione dell'opinione pubblica" potrebbe essere causa di annullamento elettorale. L'auspicio è che gli stati membri regolamentino, con un occhio attento ai discorsi d'odio: ".....indipendentemente dalla forma e dal mezzo, le dichiarazioni politiche nel contesto della campagna sono tipicamente dichiarazioni di valore o giudizi che rientrano nella libertà di espressione del candidato, a meno che non superino i limiti ammissibili, ad esempio sotto forma di discorsi d'odio contro gli avversari politici. Idealmente, gli Stati dovrebbero regolare le conseguenze dei disordini informativi, degli attacchi informatici e di altre minacce digitali all'integrità elettorale". E "sebbene la campagna elettorale online tramite piattaforme social possa essere nuova nella forma e nell'impatto": "il suo utilizzo dovrebbe comunque essere soggetto alle regole generali sul finanziamento della campagna e sulla trasparenza - raccomanda la Commissione - Il ruolo del giudice che esamina le questioni elettorali è decidere se la campagna online di un candidato - e il ricevimento di supporto alla campagna da terzi, sia online che non - abbia violato queste regole e, in relazione alle conseguenze di tale violazione, se la violazione sia così significativa da poter aver influenzato l'esito dell'elezione".

All'ultimo punto del Rapporto, la Commissione di Venezia formula in sintesi una serie di raccomandazioni principali: le decisioni di annullare i risultati elettorali dovrebbero essere prese dall'organo elettorale più alto e tali decisioni dovrebbero essere rivedibili dal massimo organo giudiziario, la Corte costituzionale o una Corte elettorale specializzata, quando tale organo giudiziario esiste; Il potere delle corti costituzionali di invalidare le elezioni ex officio - se c'è - dovrebbe essere limitato a circostanze eccezionali e chiaramente regolato; l'annullamento di una parte delle elezioni o delle elezioni nel loro complesso può essere consentito solo in circostanze eccezionali come ultima ratio e a condizione che le irregolarità nel processo elettorale possano aver influenzato l'esito del voto.

La Commissione stabilisce inoltre che il processo decisionale relativo ai risultati elettorali deve essere accompagnato da adeguate e sufficienti garanzie che assicurino, in particolare, una procedura equa e obiettiva e una decisione sufficientemente motivata basata su fatti chiaramente accertati che dimostrino irregolarità così significative da poter aver influenzato l'esito delle elezioni; le parti interessate devono avere l'opportunità di presentare le proprie opinioni e prove, e la discrezionalità del giudice che esamina le questioni elettorali dovrebbe essere guidata e limitata dalle condizioni stabilite dalla legge; le decisioni devono essere adottate entro termini ragionevoli.

Dovrebbe essere possibile contestare i risultati elettorali basati su violazioni dei diritti elettorali, delle libertà e degli interessi da parte dello Stato, degli attori elettorali pubblici e privati, e sull'influenza dei media, e dei social media in particolare, inclusi quelli sponsorizzati e finanziati dall'estero; gli Stati dovrebbero regolare le conseguenze dei disordini informativi, degli attacchi informatici e di altre minacce digitali all'integrità elettorale; i candidati e i partiti devono avere accesso equo e giusto ai media online, e dovrebbero essere implementate normative per garantire che i sistemi di intelligenza artificiale da parte degli intermediari internet non favoriscano alcuni partiti o candidati rispetto ad altri; le regole generali sul finanziamento delle campagne e sulla trasparenza dovrebbero essere applicate alle campagne online che utilizzano piattaforme social media; gli Stati dovrebbero anche regolare che la pubblicità elettorale online debba essere identificata come tale e deve essere trasparente, e che le piattaforme di social media siano obbligate a divulgare i dati sulla pubblicità politica e sui loro sponsor.(di Roberta Lanzara)

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