Bergoglio a Najaf per il colloquio con l'Ayatollah Al-Sistani. Poi l’incontro interreligioso a Ur
Il Papa, al suo secondo giorno in Iraq, ha incontrato il grande ayatollah Al Sistani. Il colloquio privato è andato avanti circa un’ora e si è trattato di un momento storico perché è la prima volta di un incontro del Pontefice con un leader sciita. "L'importanza della convivenza pacifica" e "le grandi sfide dell'umanità" sono state al centro del storico incontro, rende noto l'ufficio del leader spirituale sciita in una nota. ''I cristiani, così come tutti i cittadini iracheni, devono vivere in pace e in sicurezza'', ha dichiarato il Grande Ayatollah Ali al-Sistani al termine dell'incontro, come si legge in una nota diffusa dall'ufficio della massima autorità religiosa sciita.
Al-Sistani, si legge nel comunicato, "ha sottolineato il ruolo che i grandi leader religiosi e spirituali dovrebbero svolgere nel porre fine alle grandi tragedie'' dell'umanità, ovvero ''ingiustizia, oppressione, povertà, persecuzione religiosa e ideologica e soppressione delle libertà fondamentali e assenza di giustizia sociale".
''Le grandi potenze diano priorità alla ragione e alla saggezza, rinunciando al linguaggio delle guerre''. ''Auspico che i leader religiosi e spirituali esortino le parti interessate, e specialmente le grandi potenze, a dare priorità alla ragione e alla saggezza rinunciando al linguaggio della guerra'', si legge ancora. Le grandi potenze, prosegue il comunicato, ''non mettano prima i propri interessi a discapito dei diritti dei popoli di vivere in libertà e con dignità''.
"Durante la visita di cortesia, durata circa quarantacinque minuti, - spiega in una nota il portavoce del Vaticano Matteo Bruni- il Santo Padre ha sottolineato l’importanza della collaborazione e dell’amicizia fra le comunità religiose perché, coltivando il rispetto reciproco e il dialogo, si possa contribuire al bene dell’Iraq, della regione e dell’intera umanità".
"L’incontro - spiega ancora - è stata l’occasione per il Papa di ringraziare il Grande Ayatollah Al-Sistani perché, assieme alla comunità sciita, di fronte alla violenza e alle grandi difficoltà degli anni scorsi, ha levato la sua voce in difesa dei più deboli e perseguitati, affermando la sacralità della vita umana e l’importanza dell’unità del popolo iracheno. Nel congedarsi dal Grande Ayatollah, il Santo Padre ha ribadito la sua preghiera a Dio, Creatore di tutti, per un futuro di pace e di fraternità per l’amata terra irachena, per il Medio Oriente e per il mondo
Terminato l'incontro Bergoglio si è quindi diretto a Ur dei Caldei, una delle più antiche e importanti città sumeriche, situata a 24 chilometri da Nassiriya. "Ostilità, estremismo e violenza sono tradimenti della religione. Cari fratelli e sorelle - dice Francesco nel corso dell’incontro interreligioso - questo luogo benedetto ci riporta alle origini, alle sorgenti dell’opera di Dio, alla nascita delle nostre religioni. Qui, dove visse Abramo nostro padre, ci sembra di tornare a casa. Qui egli sentì la chiamata di Dio, da qui partì per un viaggio che avrebbe cambiato la storia. Noi siamo il frutto di quella chiamata e di quel viaggio. E oggi noi, ebrei, cristiani e musulmani, insieme con i fratelli e le sorelle di altre religioni, onoriamo il padre Abramo facendo come lui: guardiamo il cielo e camminiamo sulla terra".
Ammonisce Bergoglio: "L’uomo non è onnipotente, da solo non ce la può fare. E se estromette Dio, finisce per adorare le cose terrene. Alziamo gli occhi al Cielo per elevarci dalle bassezze della vanità; serviamo Dio, per uscire dalla schiavitù dell’io, perché Dio ci spinge ad amare. Ecco la vera religiosità: adorare Dio e amare il prossimo. Nel mondo d’oggi, che spesso dimentica l’Altissimo o ne offre un’immagine distorta, i credenti sono chiamati a testimoniare la sua bontà, a mostrare la sua paternità mediante la loro fraternità". "Da questo luogo sorgivo di fede, dalla terra del nostro padre Abramo, affermiamo che Dio è misericordioso e che l’offesa più blasfema - scandisce Francesco - è profanare il suo nome odiando il fratello. Ostilità, estremismo e violenza non nascono da un animo religioso: sono tradimenti della religione. E noi credenti non possiamo tacere quando il terrorismo abusa della religione. Anzi, sta a noi dissolvere con chiarezza i fraintendimenti. Non permettiamo che la luce del Cielo sia coperta dalle nuvole dell’odio!".
Il Papa ricorda di nuovo la comunità yazida (lo aveva fatto anche ieri nel suo discorso alle autorità civili irachene) per comprendere tutte le comunità che hanno sofferto. "Sopra questo Paese si sono addensate le nubi oscure del terrorismo, della guerra e della violenza. Ne hanno sofferto tutte le comunità etniche e religiose.- dice Francesco - Vorrei ricordare in particolare quella yazida per quanti hanno subito tali sofferenze, per quanti sono ancora dispersi e sequestrati, perché tornino presto alle loro case". "E preghiamo perché ovunque siano rispettate e riconosciute la libertà di coscienza e la libertà religiosa: sono diritti fondamentali, perché rendono l’uomo libero di contemplare il Cielo per il quale è stato creato", dice Bergoglio.
Najaf - Situata nell'Iraq centrale, a circa 160 km a sud di Baghdad, a 30 km dall'antica Babilonia, e a 400 km a nord della città biblica di Ur, Najaf è stata fondata nel 791 d.C dal califfo Harun al-Rashid, e il suo sviluppo è avvenuto per lo più dopo il X secolo. Principale centro religioso sciita iracheno, meta di pellegrinaggio per gli sciiti di tutto il mondo, la città ospita la tomba di una delle figure più riverite dell’islam, Ali ibn Abi Talib, noto anche come Imam Ali, cugino e genero di Maometto e primo uomo ad essersi convertito all'Islam. La tomba del primo Imam degli sciiti, collocata all'interno della Moschea Imam Ali, considerata uno dei luoghi più sacri dell'Islam, con la sua cupola placcata d'oro e le sue pareti ricoperte di oggetti preziosi, è situata nei pressi del centro della città. Oltre alle moschee, ai santuari e alle scuole religiose, la città santa dello sciismo iracheno è nota per il cimitero Wadi al-Salam. Fuori dalle vecchie mura di Najaf, infatti, sopra un arido altopiano di sabbia si estende il cimitero più grande del mondo, che accoglie una distesa infinita di tombe di profeti e fedeli. Gli sciiti credono che essere sepolti a Najaf, città sacra, garantisca l'ingresso in paradiso.
Al-Sistani - Nato il 4 agosto 1930 a Mashhad, in Iran, è leader della comunità sciita irachena e direttore della hawza (ovvero del seminario religioso sciita duodecimano) di Najaf. Figlio di un'importante famiglia religiosa, studia il Corano sin da piccolo; a vent'anni lascia l'Iran per proseguire la sua formazione in Iraq, divenendo discepolo del Gran Ayatollah Abu al-Qasim al-Khoei ad Al-Najaf e guadagnandosi, con il tempo, il rispetto anche dei sunniti e dei curdi. La sua interpretazione della rivelazione islamica quietista, che predica l’astensione delle autorità religiose dall'attività politica diretta, lo porta infatti ad essere un interlocutore riconosciuto da varie correnti politiche. Nel 2004, sostiene le libere elezioni in Iraq, dando così un contributo importante alla pianificazione del primo governo democratico nel Paese, mentre nel 2014 invita gli iracheni ad unirsi per lottare contro il sedicente Stato Islamico. Più recentemente, nel novembre del 2019, quando la popolazione scende in piazza in segno di malcontento contro il carovita e l’instabilità politica nazionale, Al-Sistani invita manifestanti e polizia a mantenere la calma e a non far ricorso alla violenza. Successivamente, chiede le dimissioni del governo e la riforma elettorale. Le sue richieste vengono accolte: il primo ministro Adel Abdul Mahdi si dimette poco dopo, mentre a dicembre il Parlamento approva la riforma elettorale.
Moschea dell'Imam Ali - Considerata dagli sciiti terzo luogo santo dell'Islam, dopo la Sacra Moschea della Mecca e la Moschea del Profeta di Medina. La prima struttura della moschea, costruita sulla tomba di Ali, cugino e genero di Maometto e primo uomo ad essersi convertito all'Islam, caratterizzata da una cupola verde, risale al 786. Gli sciiti credono che al suo interno siano stati seppelliti anche Adamo ed Eva e Noè. La moschea è stata distrutta e riedificata più volte nel corso dei secoli. L'ultima ricostruzione, iniziata nel 1623, è stata ultimata nel 1632. La cupola è stata ricoperta da 7777 lastre di mattoni dipinti d'oro nel 1742 da Nader Shah. In seguito sono stati realizzati numerosi altri interventi e abbellimenti. Il colore predominante all'esterno è l'oro brillante. Due i minareti (alti 38 metri) ai lati dell’ingresso con tre portali monumentali; mosaici turchesi ricoprono le pareti laterali e posteriori. All’interno il mausoleo di Ali è intarsiato con mosaici e circondato da un cortile. Nel 1991, nel corso dell’insurrezione seguita alla guerra del Golfo, la moschea è stata danneggiata dalla Guardia repubblicana irachena di Saddam Hussein: nel luogo di culto si erano rifugiati i membri dell'opposizione sciita al regime che sono stati tutti massacrati. Rimasta chiusa per qualche anno, la moschea è stata restaurata dal capo spirituale degli ismailiti Dawudi Bohra, il 52esimo daimuṭlaq, Syedna Mohammad Burhanuddin.
Ur, la 'collina della pace'- Conosciuta oggi come Tell al-Muqayyar, ''collina della pace'', è stata la capitale di un impero, quello Sumerico, che alla fine del III millennio a.C. dominava su tutta la Mesopotamia. La posizione molto vantaggiosa, tra i fiumi Tigri ed Eufrate, vicino al Golfo Persico, ne facilitò lo sviluppo commerciale e il predominio politico, trasformandola in una delle città più prospere e potenti della regione. Ur, nel suo primo impianto, risale almeno al quarto millennio a.C. e vive due momenti di grande espansione, con la I (2500-2300 a.C.) e la III dinastia (2000-1900 a.C.), di cui rimangono templi, tombe e palazzi. Sotto Ur-Nammu, fondatore della III dinastia, viene costruita la maestosa torre a gradoni Ziqqurat, dedicata a Nannar, dio della Luna per i sumeri. Il regno di Ur-Nammu segna la rinascita di Ur, che in seguito riesce a sopravvivere alle dominazioni elamita, babilonese e persiana, ma viene abbandonata nel V sec. d.C.
Oggi i resti dell’antica Ur sono visibili grazie agli scavi archeologici del 1919 di Henry Reginald Holland Hall, e grazie a quelli della missione, del 1922, del British Museum e dell’Università della Pennsylvania, diretti da Leonard Woolley. La città, dove, secondo la tradizione, il ''Patriarca di molti'', Abramo, parlò per la prima volta con Dio, è citata nella Bibbia (Genesi 11: 28-31) e comunemente indicata come il luogo di nascita del Patriarca che unisce i destini di ebrei, cristiani e musulmani. È qui che Dio chiederà ad Abramo di lasciare la sua patria, Ur dei Caldei, e tutto quello che ha, per trasferirsi nel paese di Canaan.