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Vaticano

Papa in Iraq: "Tacciano le armi qui e altrove"

L'appello durante lo storico viaggio del Pontefice a Baghdad

(Afp)
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05 marzo 2021 | 08.11
LETTURA: 11 minuti

Papa Francesco a Baghdad, storico viaggio del Pontefice in visita in Iraq "come pellegrino di pace e fraternità". Nel suo primo discorso Bergoglio lancia un nuovo appello per il disarmo: "Tacciano le armi! Se ne limiti la diffusione, qui e ovunque!" dice. "Cessino gli interessi di parte, quegli interessi esterni che si disinteressano della popolazione locale. Si dia voce ai costruttori, agli artigiani della pace! Ai piccoli, ai poveri, alla gente semplice, che vuole vivere, lavorare, pregare in pace. Basta violenze, estremismi, fazioni, intolleranze!".

"Si dia spazio a tutti i cittadini che vogliono costruire insieme questo Paese, nel dialogo, nel confronto franco e sincero, costruttivo; a chi si impegna per la riconciliazione e, per il bene comune, è disposto a mettere da parte i propri interessi. In questi anni - dice Francesco- l’Iraq ha cercato di mettere le basi per una società democratica. E indispensabile in tal senso assicurare la partecipazione di tutti i gruppi politici, sociali e religiosi e garantire i diritti fondamentali di tutti i cittadini".

C’è, poi, un passaggio molto toccante e potente nel discorso del Papa alle autorità irachene. " Signor Presidente, distinte Autorità, cari amici! Vengo come penitente che chiede perdono al Cielo e ai fratelli per tante distruzioni e crudeltà. Vengo come pellegrino di pace, in nome di Cristo, Principe della Pace".

"Quanto abbiamo pregato, in questi anni, per la pace in Iraq! San Giovanni Paolo II - ricorda Francesco-non ha risparmiato iniziative, e soprattutto ha offerto preghiere e sofferenze per questo. E Dio ascolta, ascolta sempre! Sta a noi ascoltare Lui, camminare nelle sue vie".

"Camminiamo insieme come fratelli e sorelle". Il Papa, pellegrino di pace e di fraternità, pronuncia il suo primo discorso davanti alle autorità irachene. " Sono grato dell’opportunità di compiere questa Visita Apostolica, a lungo attesa e desiderata, nella Repubblica di Iraq; di poter venire in questa terra, culla della civiltà strettamente legata, attraverso il Patriarca Abramo e numerosi profeti, alla storia della salvezza e alle grandi tradizioni religiose dell’Ebraismo, del Cristianesimo e dell’Islam", esordisce Bergoglio.

Il Pontefice, salutando con affetto i Vescovi e i presbiteri, i religiosi e le religiose e tutti i fedeli della Chiesa Cattolica, ricorda che è arrivato in Iraq "come pellegrino per incoraggiarli nella loro testimonianza di fede, speranza e carità in mezzo alla società irachena. Saluto anche i membri delle altre Chiese e Comunità ecclesiali cristiane, gli aderenti all’Islam e i rappresentanti di altre tradizioni religiose. Dio - dice Francesco riprendendo il documento di Abu Dhabi - ci conceda di camminare insieme, come fratelli e sorelle, nella ‘forte convinzione che i veri insegnamenti delle religioni invitano a restare ancorati ai valori della pace, della reciproca conoscenza, della fratellanza umana e della convivenza comune’".

Bergoglio ha voluto a tutti i costi andare in Iraq malgrado i problemi di sicurezza e l’emergenza pandemica. "La mia visita - dice - avviene nel tempo in cui il mondo intero sta cercando di uscire dalla crisi della pandemia da Covid-19, che non ha solo colpito la salute di tante persone, ma ha anche provocato il deterioramento di condizioni sociali ed economiche già segnate da fragilità e instabilità. Questa crisi richiede sforzi comuni da parte di ciascuno per fare i tanti passi necessari, tra cui un’equa distribuzione dei vaccini per tutti. Ma non basta: questa crisi è soprattutto un appello a ‘ripensare i nostri stili di vita il senso della nostra esistenza’. Si tratta di uscire da questo tempo di prova migliori di come eravamo prima; di costruire il futuro più su quanto ci unisce che su quanto ci divide".

Il Papa, al termine della prima giornata in Iraq, si trasferirà nella nunziatura di Baghdad. Domani giornata molto attesa per l’incontro privato con il grande l’ayatollah al Sistani. Quindi l’incontro interreligioso a Ur, terra d’Abramo.

Il richiamo all'onestà

Il Pontefice, nel suo primo discorso in Iraq, sferza le autorità civili, invitandole a combattere la corruzione e a fare crescere l’onestà. Bergoglio ricorda che la fraternità richiede dialogo: " La coesistenza fraterna ha bisogno del dialogo paziente e sincero, tutelato dalla giustizia e dal rispetto del diritto. Non è un compito facile: richiede fatica e impegno da parte di tutti per superare rivalità e contrapposizioni, e parlarsi a partire dall’identità più profonda che abbiamo, quella di figli dell’unico Dio e Creatore".

In base a questo principio, Francesco ricorda che "la Santa Sede, in Iraq come altrove, non si stanca di appellarsi alle Autorità competenti perché concedano a tutte le comunità religiose riconoscimento, rispetto, diritti e protezione. Apprezzo gli sforzi già intrapresi in questo senso e unisco la mia voce a quella degli uomini e delle donne di buona volontà affinché essi proseguano a beneficio del Paese. Una società che porta l’impronta dell’unità fraterna è una società i cui membri vivono tra loro in solidarietà".

Bergoglio, alle autorità civili, parla del valore della solidarietà: "E' una virtù che ci porta a compiere gesti concreti di cura e di servizio, con particolare riguardo per i più vulnerabili e bisognosi. Penso a coloro che, a causa della violenza, della persecuzione e del terrorismo hanno perduto familiari e persone care, casa e beni primari. Ma penso a tutta la gente che lotta ogni giorno in cerca di sicurezza e di mezzi per andare avanti, mentre aumentano disoccupazione e povertà. Il ‘saperci responsabili della fragilità degli altri’ dovrebbe ispirare ogni sforzo per creare concrete opportunità sia sul piano economico sia nell’ambito dell’educazione, come pure per la cura del creato, nostra casa comune. Dopo una crisi, non basta ricostruire, bisogna farlo bene: in modo che tutti possano avere una vita dignitosa".

Quindi la sferzata alle autorità: "In quanto responsabili politici e diplomatici, siete chiamati a promuovere questo spirito di solidarietà fraterna. E' necessario contrastare la piaga della corruzione, gli abusi di potere e l’illegalità, ma non è sufficiente. Occorre nello stesso tempo edificare la giustizia, far crescere l’onestà, la trasparenza e rafforzare le istituzioni a ciò preposte. In tal modo può crescere la stabilità e svilupparsi una politica sana, capace di offrire a tutti, specialmente ai giovani – così numerosi in questo Paese – , la speranza di un avvenire migliore".

La religione al servizio della pace

"La religione, per sua natura, dev’essere al servizio della pace e della fratellanza. Il nome di Dio non può essere usato per ‘giustificare atti di omicidio, di esilio, di terrorismo e di oppressione’". Lo ammonisce il Papa parlando alle autorità irachene nel suo primo discorso pronunciato in occasione dello storico viaggio.

"Al contrario - osserva Francesco- Dio, che ha creato gli esseri umani uguali nella dignità e nei diritti, ci chiama a diffondere amore, benevolenza, concordia". Bergoglio sottolinea quindi che "anche in Iraq la Chiesa Cattolica desidera essere amica di tutti e, attraverso il dialogo, collaborare in modo costruttivo con le altre religioni, per la causa della pace".

E ricorda che la presenza dei cristiani in terra irachena vuole potere continuare: "L’antichissima presenza dei cristiani in questa terra e il loro contributo alla vita del Paese costituiscono una ricca eredità, che vuole poter continuare al servizio di tutti. La loro partecipazione alla vita pubblica, da cittadini che godano pienamente di diritti, libertà e responsabilità, testimonierà che un sano pluralismo religioso, etnico e culturale può contribuire alla prosperità e all’armonia del Paese".

Bergoglio esorta a lavorare per il bene comune: "Cari amici, desidero esprimere ancora una volta sentita gratitudine per tutto quello che avete fatto e continuate a fare al fine di edificare una società improntata all’unità fraterna, alla solidarietà e alla concordia. Il vostro servizio al bene comune è un’opera nobile. Chiedo all’Onnipotente di sostenervi nelle vostre responsabilità e di guidarvi tutti sulla via della sapienza, della giustizia e della verità. Su ciascuno di voi, sulle vostre famiglie e sui vostri cari, e sull’intero popolo iracheno invoco l’abbondanza delle benedizioni divine".

"No ai cittadini di seconda classe"

"Nessuno sia considerato cittadino di seconda classe. Incoraggio i passi compiuti finora in questo percorso e spero che rafforzino la serenità e la concordia" ammonisce il Papa, parlando alle autorità civili in Iraq.

Bergoglio chiama in causa la comunità internazionale e ricorda che il conflitto siriano va avanti da un decennio: "Ha un ruolo decisivo da svolgere nella promozione della pace in questa terra e in tutto il Medio Oriente. Come abbiamo visto durante il lungo conflitto nella vicina Siria – dal cui inizio si compiono in questi giorni ben dieci anni! –, le sfide interpellano sempre più l’intera famiglia umana. Esse richiedono una cooperazione su scala globale al fine di affrontare anche le disuguaglianze economiche e le tensioni regionali che mettono a rischio la stabilità di queste terre".

Bergoglio ringrazia "gli Stati e le Organizzazioni internazionali, che si stanno adoperando in Iraq per la ricostruzione e per provvedere assistenza ai rifugiati, agli sfollati interni e a chi fatica a ritornare nelle proprie case, rendendo disponibili nel Paese cibo, acqua, alloggi, servizi sanitari e igienici, come pure programmi volti alla riconciliazione e alla costruzione della pace. E qui non posso non ricordare le tante agenzie, tra cui diverse cattoliche, che da anni assistono con grande impegno le popolazioni civili. Venire incontro ai bisogni essenziali di tanti fratelli e sorelle è atto di carità e di giustizia, e contribuisce a una pace duratura".

Il dolore per gli yazidi

"Negli scorsi decenni, l’Iraq ha patito i disastri delle guerre, il flagello del terrorismo e conflitti settari spesso basati su un fondamentalismo che non può accettare la pacifica coesistenza di vari gruppi etnici e religiosi, di idee e culture diverse". Lo ricorda il Papa nel suo primo discorso in terra irachena. Bergoglio, rivolgendosi alle autorità, ricorda con dolore che "tutto ciò ha portato morte, distruzione, macerie tuttora visibili, e non solo a livello materiale: i danni sono ancora più profondi se si pensa alle ferite dei cuori di tante persone e comunità, che avranno bisogno di anni per guarire".

" E qui, - dice Francesco- tra i tanti che hanno sofferto, non posso non ricordare gli yazidi, vittime innocenti di insensata e disumana barbarie, perseguitati e uccisi a motivo della loro appartenenza religiosa, e la cui stessa identità e sopravvivenza è stata messa a rischio. Pertanto, solo se riusciamo a guardarci tra noi, con le nostre differenze, come membri della stessa famiglia umana, possiamo avviare un effettivo processo di ricostruzione e lasciare alle future generazioni un mondo migliore, più giusto e più umano".

" A questo riguardo, la diversità religiosa, culturale ed etnica, che ha caratterizzato la società irachena per millenni, è una preziosa risorsa a cui attingere, non un ostacolo da eliminare. Oggi l’Iraq - ammonisce il Pontefice- è chiamato a mostrare a tutti, specialmente in Medio Oriente, che le differenze, anziché dar luogo a conflitti, devono cooperare in armonia nella vita civile".

L'incontro con la comunità cattolica

Il Papa, nella cattedrale siro cattolica di Nostra Signora della Salvezza a Baghdad, dove dieci anni fa ci fu un attentato terroristico, pronuncia parole di riconciliazione. "Ringrazio Sua Beatitudine il Patriarca Ignace Youssif Younan e Sua Beatitudine il Cardinale Louis Sako per le parole di benvenuto. Siamo riuniti in questa Cattedrale di Nostra Signora della Salvezza - ricorda Francesco - benedetti dal sangue dei nostri fratelli e sorelle che qui hanno pagato il prezzo estremo della loro fedeltà al Signore e alla sua Chiesa. Possa il ricordo del loro sacrificio ispirarci a rinnovare la nostra fiducia nella forza della Croce e del suo messaggio salvifico di perdono, riconciliazione e rinascita".

"Il cristiano - esorta Bergoglio - è chiamato a testimoniare l’amore di Cristo ovunque e in ogni tempo. Questo è il Vangelo da proclamare e incarnare anche in questo amato Paese. Come vescovi e sacerdoti, religiosi e religiose, catechisti e responsabili laici, tutti voi condividete le gioie e le sofferenze, le speranze e le angosce dei fedeli di Cristo. I bisogni del popolo di Dio e le ardue sfide pastorali che affrontate quotidianamente si sono aggravate in questo tempo di pandemia. Tuttavia, ciò che mai dev’essere bloccato o ridotto è il nostro zelo apostolico, che voi attingete da radici antichissime, dalla presenza ininterrotta della Chiesa in queste terre fin dai primi tempi".

Bergoglio incoraggia la comunità cattolica: "Sappiamo quanto sia facile essere contagiati dal virus dello scoraggiamento che a volte sembra diffondersi intorno a noi. Eppure il Signore ci ha dato un vaccino efficace contro questo brutto virus: è la speranza che nasce dalla preghiera perseverante e dalla fedeltà quotidiana al nostro apostolato. Con questo vaccino possiamo andare avanti con energia sempre nuova, per condividere la gioia del Vangelo, come discepoli missionari e segni viventi della presenza del Regno di Dio, Regno di santità, di giustizia e di pace".

"La morte dei fratelli e delle sorelle ci ricorda con forza che l’incitamento alla guerra, gli atteggiamenti di odio, la violenza e lo spargimento di sangue sono incompatibili con gli insegnamenti religiosi. E voglio ricordare tutte le vittime di violenze e persecuzioni, appartenenti a qualsiasi comunità religiosa" scandisce Bergoglio nella chiesa che dieci anni fa fu colpita dall'Isis.

Bergoglio ricorda che domani, a Ur, incontrerà "i leader delle tradizioni religiose presenti in questo Paese, per proclamare ancora una volta la nostra convinzione che la religione deve servire la causa della pace e dell’unità tra tutti i figli di Dio. Questa sera voglio ringraziarvi per il vostro impegno di essere operatori di pace, all’interno delle vostre comunità e con i credenti di altre tradizioni religiose, spargendo semi di riconciliazione e di convivenza fraterna che possono portare a una rinascita di speranza per tutti".

Bergoglio invita, poi, vescovi e sacerdoti a prendersi cura dei giovani: "Ovunque sono portatori di promessa e di speranza, e soprattutto in questo Paese. Qui infatti non c’è solo un inestimabile patrimonio archeologico, ma una ricchezza incalcolabile per l’avvenire: sono i giovani! Sono il vostro tesoro e occorre prendersene cura, alimentandone i sogni, accompagnandone il cammino, accrescendone la speranza".

"Benché giovani, - osserva Bergoglio- la loro pazienza è già stata messa duramente alla prova dai conflitti di questi anni. Ma ricordiamoci, loro – insieme agli anziani – sono la punta di diamante del Paese, i frutti più saporiti dell’albero: sta a noi coltivarli nel bene e irrigarli di speranza".

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