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Morto Tito Stagno, raccontò lo sbarco sulla Luna

Popolarissimo volto storico della Rai, aveva 92 anni

(Fotogramma)
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01 febbraio 2022 | 07.58
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E' morto il giornalista e telecronista sportivo Tito Stagno. Popolarissimo volto storico della Rai, aveva 92 anni. Nella storia della televisione italiana in bianco e nero resterà per sempre 'il telecronista', come amava definirsi, che portò gli italiani sulla Luna per il primo sbarco degli astronauti con l'Apollo 11 il 20 luglio del 1969.

E quando la tv divenne a colori, "Mister Moonlight", come lo avevano affettuosamente ribattezzato i colleghi americani perchè spettò a lui annunciare che la navicella spaziale aveva toccato il suolo lunare, divenne il volto popolare della "Domenica sportiva", dopo essere stato "l'uomo del telegiornale". L'annuncio della scomparsa del giornalista è stato dato dalla Rai, di cui era stato un pioniere in qualità di vincitore del primo concorso nazionale per telecronisti.

Nato a Cagliari il 4 gennaio del 1930, primo di otto fratelli, Stagno si trasferì da giovanissimo con tutta la famiglia prima a Parma, poi a Pola. A soli 13 anni fece una brevissima esperienza nel mondo del cinema, partecipando al film di Francesco De Robertis dal titolo "Marinai senza Stelle". E nel 1959 tornò di nuovo sul grande schermo diretto dal regista Dino Risi che gli aveva affidato la parte di un giornalista televisivo nel film "Il vedovo" con protagonista Alberto Sordi.

Ma la carriera di Stagno era iniziata molto prima, alla radio, precisamente tre anni dopo essersi iscritto alla Facoltà di Medicina, nel 1949. Nel 1954 vinse il concorso per telecronisti e l'anno dopo il direttore Vittorio Veltroni, papà di Walter, lo chiamò per entrare a far parte della squadra del Telegiornale del Canale Nazionale. Le prime telecronache di Stagno furono tutti eventi importanti: iniziò con il commentare i giochi olimpici del '56 per poi passare ai grandi appuntamenti politici ed istituzionali che riguardavano anche la presenza di molti Capi di Stato, da Papa Giovanni XXIII a Kennedy, da Nehru a Eisenhower.

L'approccio con una telecronaca spaziale risale al 1961, quando fu chiamato a commentare il primo volo dell'astronauta sovietico Jurij Gagarin intorno alla Terra. "Un evento per me epocale, sia umanamente e che professionalmente - ha raccontato il popolare giornalista - dovendo gestire 27 ore di diretta non stop. Ricordo che ad un certo punto sul monitor sparirono le immagini ed io dovetti improvvisare quanto stava accadendo ricordando a memoria le procedure che gli astronauti erano chiamati ad effettuare. Dopo aver finito la telecronaca appresi che ero piaciuto ai dirigenti Rai e che avrebbero voluto affidarmi tutte le telecronache relative a lanci e sonde spaziali".

Nel 1966, alla vigilia del Programma Apollo, Stagno venne inviato negli Stati Uniti per un viaggio di studio e di aggiornamento: fu così che conobbe gli artefici principali della futura conquista della Luna e poté vedere nascere le macchine che avrebbero portato l'uomo sul satellite.

Così il 20 luglio 1969 Tito Stagno fu protagonista dell'indimenticabile diretta televisiva, una "veglia" entrata nell'immaginario collettivo di almeno tre generazioni di italiani, per raccontare l'allunaggio dell'Apollo 11. Si ritrovò a commentare con Ruggero Orlando, leggendario corrispondente Rai da "Nuova York", come amava dire l'interessato, in collegamento da Houston uno degli eventi che segnerà per sempre la storia del mondo e della televisione internazionale. I due giornalisti durante la diretta ebbero anche un battibecco perché non si trovarono d'accordo sul momento preciso dell'allunaggio. Per molti anni si è discusso su quel fraintendimento: da analisi successive delle registrazioni è emerso che Stagno annunciò l'allunaggio con 56 secondi di anticipo e Orlando con circa 10 secondi di ritardo. In seguito Stagno ebbe incarichi importanti e fece incontri incredibili, compresi quelli con i tre astronauti andati sulla Luna, Neil Armstrong, Buzz Aldrin e Michael Collins, con cui strinse anche un bellissimo rapporto di amicizia.

Nel 1976 Stagno divenne responsabile dello sport di Rai Uno, ruolo che ha svolto per i 17 anni successivi. Ha curato "La Domenica Sportiva" (dal 1976 al 1991 con Carlo Sassi e dal 1991 al 1993 con Alfredo Pigna) oltre a esserne anche il conduttore dal 1979 al 1981 e nella stagione 1985-1986 (con la partecipazione di Beppe Viola, Adriano De Zan, Giampiero Galeazzi e Paolo Rosi). Andato in pensione, è andato in giro a tenere convegni e a partecipare a diversi programmi televisivi, continuando a scrivere per "L'Eco di Bergamo" e "La Gazzetta di Parma". Grande ufficiale dell'Ordine al merito della Repubblica italiana (2002), nel 2014 ha ricevuto un riconoscimento: la Stella d'oro al merito sportivo, "un premio per me molto importante e significativo", commentò all'epoca.

"Ho potuto fare il mio lavoro grazie anche al supporto, che non mi è mai mancato, di mia moglie Edda e delle mie due figlie Brigida e Caterina che fanno un mestiere completamente diverso dal mio", ebbe modo di raccontare Tito Stagno che in una autobiografia ha scritto: "Se dovessi fare una sintesi e lasciare un insegnamento, dopo tanti anni di esperienza, direi che il senso della vita sta tutto in una parola: Comunicare".

Nel 2009 ha pubblicato il libro di memorie "Mister Moonlight. Confessioni di un telecronista lunatico" (con Sergio Benoni, Minimum Fax). Il fascismo, la guerra, il boom economico, la nascita della televisione, il primo uomo sulla Luna, il calcio di Maradona... "Mister Moonlight" è la storia d'Italia degli ultimi ottant'anni raccontata da Tito Stagno, il giornalista che ha vissuto da vicinissimo i grandi cambiamenti che hanno attraversato il nostro paese e il mondo. Ma "Mister Moonlight" è anche l'avventurosa biografia di un ragazzino della provincia italiana del dopoguerra che passa i pomeriggi al cinema e che all'improvviso si trova catapultato sul palcoscenico della storia, e qui si gioca la vita. Con tutta la consapevolezza che non basta essere testimoni del proprio tempo ma bisogna esserne, con curiosità e coraggio, protagonisti.

(di Paolo Martini)

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