E' questo il dato significativo che emerge dall’ultimo 'Report Donne' sui manager privati
Donne sempre più protagoniste del mondo del lavoro e della managerialità italiana. Nell’ultimo anno le donne in posizioni dirigenziali hanno fatto segnare un +8,1%, dal 2008 ad oggi sono cresciute del 92%. E' questo il dato significativo che emerge dall’ultimo 'Report Donne' sui manager privati, elaborato da Manageritalia sugli ultimi dati ufficiali resi disponibili dall’Inps che vedono un aumento complessivo dei manager in Italia pari al +3,8%. Le donne sono oggi il 21,4% del totale a fronte del 12,2% nel 2008. La rincorsa è quindi in atto, grazie anche al ricambio generazionale che vede già le dirigenti donne essere il 39% tra gli under 35. E tra i quadri, anticamera della dirigenza, le donne sono già il 32% in assoluto e il 40% tra gli under 35. Le donne dirigenti sono di più nel terziario (25,4%) rispetto all’industria (15,9%), nelle aree più sviluppate e nelle aziende più grandi e strutturate con una valida presenza e gestione manageriale.
“L’aumento delle donne manager nelle imprese italiane – commenta il Presidente di Manageritalia Mario Mantovani – rappresenta un progresso culturale e sociale, un concreto segnale del superamento degli stereotipi che spesso hanno limitato le opportunità delle donne nel mondo del lavoro e del management aziendale. La strada da fare per una vera parità di genere è ancora lunga ma questi numeri dimostrano come siamo sulla giusta direzione. E' interesse di tutti, anche perché le aziende con donne ai vertici performano meglio”.
“Come associazione - spiega Luisa Quarta, coordinatrice gruppo donne manager Manageritalia - siamo impegnati da oltre 3O anni nel sensibilizzare aziende e istituzioni nel promuovere azioni e progetti che favoriscano non solo un miglior bilanciamento vita lavoro e una migliore inclusione delle donne manager a cominciare da 'Fiocco in szienda' per incoraggiare la maternità passando per 'Women on board' il progetto per favorire l’ingresso delle donne nei cda della imprese pubbliche e private sino a 'Managing for inclusion', il nuovo percorso ideato da Manageritalia per accompagnare le piccole e medie imprese all’ottenimento della Certificazione di Genere”.
L’incremento dei manager, e in particolar modo della componente femminile, è visibile in tutti gli ambiti economici italiani. A cominciare dal mondo del Terziario che segna un complessivo aumento dei manager del +5.3% in cui le donne fanno registrare un +8,5%. Ottimi risultati anche per i comparti delle sanità e assistenza sociale con un +18.3% totale con le donne che raggiungono il +20,2%. Significativo l’incremento femminile anche nel settore dei servizi d’informazione e nella comunicazione d’impresa che fanno segnare un + 10,5% rispetto al totale dei nuovi manager che si ferma al +6,5%.
Tra i settori più lenti a percepire il cambiamento in atto l’industria che vede solo un +7.1% di nuove manager e in incremento manageriale complessivo solo del +1,8%. In negativo il comparto dell’istruzione e dell’insegnamento che vede un calo complessivo del -34.6% e addirittura - 48% per le donne, segno del cambiamento dei tempi e delle mutate ambizioni delle donne che ora guardano sempre di più ad altri settori e ambiti lavorativi.
La crescita dei dirigenti coinvolge quasi tutte le regioni italiane (tabella 1), con la sola eccezione di Trentino-Alto Adige (-1,8%), Molise (-1,4%), Campania (-1,5%) e Calabria (-5,3%). Il Mezzogiorno tira quindi il fiato, dopo la forte crescita generalizzata del 2021, mentre crescono di più, oltre a Puglia (+21,2%) e Valle d’Aosta (+7,2%), proprio le regioni già più managerializzate e cioè Lazio (+5,2%) e Lombardia (+5%). Un divario, quello a livello manageriale, che resta ancora forte considerando il rapporto tra dirigenti e lavoratori dipendenti che è 0,9 a livello nazionale, 1,7 in Lombardia e 0,3-0,2 al Sud. La Regione con la percentuale più elevata di donne in posizioni dirigenziali è la Sicilia (28%), seguita nell’ordine da Lazio (27,6%), Puglia (24%), Molise (23,1%) e Lombardia (23,3%). Agli ultimi tre posti Trentino-Alto Adige (10,9%), Umbria (13%) e Friuli-Venezia Giulia (13,6%).