
L'ex ambasciatore alla Nato mette in guardia dal riconoscimento delle parallele ambizioni territoriali della Russia in Europa e della Cina in Asia. E sottolinea che da parte danese non ci sono problemi a collaborare con gli Usa sulla sicurezza.
''Il capriccio di Trump sulla Groenlandia, le sue mire espansionistiche territoriali e di controllo nell'emisfero occidentale'' rispecchiano una ''politica che gli Stati Uniti avevano abbandonato dalla fine del 1800 e che potrebbe portare a un riconoscimento delle parallele ambizioni territoriali della Russia in Europa e della Cina in Asia''. Lo ha spiegato ad Adnkronos Stefano Stefanini, senior advisor dell'Ispi ed ex ambasciatore alla Nato, alla vigilia della visita del vice presidente americano Jd Vance e della moglie Usha ad una base degli Stati Uniti nell'isola che è territorio semiautonomo danese. E' come se Trump volesse dire a Putin ''io ti lascio l'Ucraina, però quello che succede in Groenlandia, o anche a Panama e in Canada sono affari miei'', sintetizza Stefanini. E questo è ''motivo di preoccupazione per noi europei, ma anche per i Paesi del Pacifico e per Taiwan''.
Perché di fatto, ''dal punto di vista della sicurezza la Groenlandia non avrebbe alcuna difficoltà a collaborare con gli Stati Uniti'' e ''non c'è nulla che non possa essere risolto in un contesto di collaborazione in ambito Nato tra gli Stati Uniti e la Danimarca''. A guidare Trump sembrano quindi essere piuttosto ''interessi commerciali se non addirittura interessi privati'', prosegue Stefanini ricordando che ''gli Stati Uniti hanno già due basi in Groenlandia e non ci sarebbero difficoltà a garantire un'ulteriore presenza americana per il passaggio verso l'Artico''.