L’ex commissario straordinario per l'emergenza Covid è indagato anche per corruzione ma per questa accusa la Procura ha chiesto l’archiviazione
L’ex commissario straordinario per l'emergenza Covid, Domenico Arcuri, è indagato dalla Procura di Roma nell’ambito della fornitura di mascherine provenienti dalla Cina e finite al centro dell’inchiesta in cui sono indagati tra gli altri il giornalista Rai in aspettativa, Mario Benotti, Andrea Vincenzo Tommasi ed Edisson Jorge San Andres Solis.
Per Arcuri le accuse sono peculato e abuso d’ufficio. L’ex commissario straordinario è indagato anche per corruzione ma per questa accusa la Procura ha chiesto l’archiviazione.
La Guardia di Finanza, su disposizione della Procura di Roma, ha notificato alla struttura commissariale nazionale e alle strutture regionali un decreto di sequestro in relazione alle mascherine provenienti dalla Cina, risultate non regolari, e finite al centro dell’inchiesta. Il reato contestato dai pm Gennaro Varone e Fabrizio Tucci è frode nelle pubbliche forniture. Le indagini riguardavano affidamenti per un valore di 1,25 mld di euro effettuati da Arcuri a favore di tre consorzi cinesi, per l'acquisto di oltre 800 milioni di mascherine, effettuate con l'intermediazione di alcune imprese italiane che hanno percepito commissioni per decine di milioni di euro.
"L'esame fisico/chimico delle mascherine e dei dispositivi di protezione acquistati, compiuto tanto dall'Agenzia dogane di Roma" che da "consulenti nominati" dai pm, ha dimostrato che "gran parte" dei dispositivi sequestrati "non soddisfano i requisiti di efficacia protettiva richiesti dalle norme Uni En" e "addirittura alcune forniture sono state giudicate pericolose per la salute". E' quanto si legge nel decreto di sequestro. In particolare, si tratta di mascherine chirurgiche, Ffp2 e Ffp3 o Kn95 che non hanno superato i test all'"aerosol di paraffina" e "aerosol al cloruro di sodio". Per i pm di Roma, "appare necessario procedere al sequestro probatorio di tutte le mascherine chirurgiche e di tutti i dispositivi di protezione attualmente giacenti. Sia di quelli appartenenti a partite giudicate inidonee, sia quelli appartenenti a partite non esaminate - potenzialmente inidonee o pericolose - non essendo stato possibile, in base alla informazioni ottenute dalla struttura commissariale, distinguerli da quelli di partite esaminate con esito regolare al fine di garantire la possibilità della perizia, evidentemente necessaria per la prova di responsabilità penale e per l’accertamento di idoneità".