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Inchiesta Juve, pm: "Contesto criminale di allarmante gravità"

Le "condotte illecite" contestate dai pm torinesi ai 12 indagati sarebbero da ricondurre a "l’allarmante situazione economica, patrimoniale e finanziaria del club"

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02 dicembre 2022 | 18.54
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"Un contesto criminale di allarmante gravità essendosi di fronte a condotte illecite, reiterate e protratte nel tempo, per ben tre esercizi, di indubbio spessore ponderale (440.887 mln di rettifiche al patrimonio netto in tre esercizi), ramificate e diversificate". Così i pm torinesi descrivono i fatti oggetto dell’inchiesta sui conti della Juventus, evidenziando che "i reati analizzati, per le modalità effettive di realizzazione, delineano un’elevata pericolosità soggettiva dei rei, rendendo innegabilmente concreto il periodo lo che gli stessi, qualora si presenti l’occasione, continuino a delinquere".

Secondo quanto emerge dalle carte dell'inchiesta, le "condotte illecite" contestate dai pm torinesi ai 12 indagati -per i quali l’accusa ha chiesto il rinvio a giudizio - sarebbero da ricondurre a "l’allarmante situazione economica, patrimoniale e finanziaria di Juventus". In particolare, nei tre esercizi finiti sotto la lente d’ingrandimento dei magistrati "oltre a registrare un pesante indebitamento finanziario, ha costantemente registrato significative e crescenti perdite di esercizio, 39,9 mln nell’esercizio al 30/6/2019, -89,7 mln nell’esercizio al 30/6/2020, -209,9 mln nell’esercizio al 30/6/2021"

La grave situazione economica "è confermata dal ricorso a ben due aumenti di capitale a distanza di due soli anni (2019 e 2021) per l’importo complessivo di 700 mln di euro" che tuttavia "si palesano ab initio insufficienti ed aprono le porte ad un preoccupante scenario presente e futuro". Ad aggravare il quadro ci sarebbero poi "posizioni debitorie non registrate e non confluite in contabilità, fatto particolarmente grave ove si ponga a mente la natura quotata delle azioni della società". Inoltre, "sulla preoccupante situazione" avrebbe, "senza dubbio, inciso la diffusione del Covid e le misure di contenimento" per limitare il diffondersi del virus ""tuttavia, contrariamente a quanto rappresentato esternamente dalla società, la pandemia ha avuto soltanto effetti di limitato aggravamento in ordine a una situazione già fortemente compromessa".

Un contesto "di assoluta criticità", in cui gli indagati "hanno deliberatamente e consapevolmente fatto ricorso a 'manovre correttive', che altro non sono che 'stratagemmi illeciti' al fine di garantire la prosecuzione dell'attività sociale e di alterare, migliorandoli, i dati nei documenti destinati al pubblico (relazioni finanziarie): le plusvalenze 'artificiali', derivanti da operazioni 'di scambio'" e "le c.d. manovre stipendi".

Nelle carte della procura torinese si legge inoltre che "Agnelli risulta pienamente al corrente della grave situazione patrimoniale, economica e finanziaria della società e della necessità di ‘manovre correttive’". "Le ‘manovre correttive’ in questione, tuttavia, sono ‘manovre illecite’ ed Agnelli è pienamente consapevole di questo", scrivono i giudici.

Quanto a Fabio Paratici, "al vertice dell’area sportiva negli anni di interesse, ha ricoperto senza dubbio un ruolo centrale nell’ideazione, nello sviluppo e nella realizzazione delle plusvalenze ‘artificiali’.

Per la procura, poi, "Pavel Nedved, vicepresidente del cda e persone di fiducia di Agnelli, appare pienamente a conoscenza delle dinamiche societarie nell’ottica riferita di ovviare ai costi in eccesso non con condotte di effettivo risparmio ma con condotte anomale, in ultima istanza illecite".

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