Articolo su Nature Medicine: "E-cig può ridurre i danni in chi non vuole smettere, da evitare nei giovani"
"Se solo usassimo le sigarette elettroniche (e-cig) nel 20-30% dei fumatori che, pur essendo a elevato rischio cardiovascolare, non vogliono smettere di fumare, faremmo un importante passo avanti nella prevenzione di infarto e ictus". Così Francesco Fedele, ordinario di Cardiologia all'Università La Sapienza di Roma e presidente dell'Istituto nazionale ricerche cardiovascolari (Incr), commentando un articolo sul ruolo delle e-cig, per aiutare adulti che devono smettere di fumare, pubblicato su 'Nature Medicine'.
"Le sigarette elettroniche - si legge nelle conclusioni dell'editoriale - non sono la bacchetta magica che porrà fine ai danni devastanti causati dal fumo di sigaretta, ma possono contribuire al raggiungimento di questo nobile obiettivo di salute pubblica. Tuttavia, la promozione delle e-cig come strumento per smettere di fumare non è disgiunta dall'impegno continuo per ridurre l'accesso e l'uso dei prodotti da parte dei giovani che non hanno mai fumato. I due obiettivi possono e devono coesistere".
"Condivido pienamente le conclusioni di questi autori americani e inglesi - afferma Fedele - Al di là del fatto che possano aiutare a smettere di fumare, su cui c'è qualche dubbio, concludono che le e-cig possono essere una via da seguire nella riduzione dei rischi dovuti al fumo di sigaretta, senza dimenticare la necessità di preservare i giovani dal loro impiego". Questo approccio "è un segnale di forte cambiamento da parte degli anglosassoni che - riflette il professore - per cultura, distinguono chiaramente il bianco dal nero, il bene dal male" e che più difficilmente tengono insieme temi così diversi. L'articolo evidenzia infatti che, se da un lato le e-cig possono rappresentare un rischio di dipendenza da nicotina per alcuni giovani, negli adulti già dipendenti dalle sigarette possono essere una alternativa importante, e meno pericolosa, al fumo abituale di sigarette.
Gli autori - Kenneth E. Warner, University of Michigan; Neal L. Benowitz, University of California San Francisco; Ann McNeill, King's College, Londra, e Nancy Rigotti, Harvard Medical School, Boston - citano i risultati di una recente revisione sistematica della letteratura della Cochrane Library e degli studi epidemiologici condotti sia nel Regno Unito che negli Stati Uniti. Nell'articolo scrivono che "l'uso di sigarette elettroniche è associato ad un aumento di cessazione del fumo del 10-15%". Il dato, segnalano, è confermato indirettamente anche dall'andamento del mercato: quando aumentano le vendite e l'uso di sigarette elettroniche, diminuiscono le vendite di quelle tradizionali e viceversa. A partire da queste evidenze, le autorità sanitarie britanniche - ricordano gli autori - hanno introdotto le e-cig nelle strategie adottate nei centri antifumo.
A proposito della minore pericolosità della e-cig, nell'articolo si legge che "il fumo di sigaretta contiene oltre 7mila sostanze chimiche, compresi 70 cancerogeni noti. Il numero di sostanze chimiche nell'aerosol di e-cig è inferiore di molti ordini di grandezza e le sostanze tossiche comuni ai due prodotti sono presenti in concentrazioni molto minori". Nello specifico, “la nicotina - ricorda Fedele - dà assuefazione, ma nel tabacco ho sostanze cancerogene che con la combustione aumentano di quantità. Se scompongo i fattori, come nella e-cig, usando solo la nicotina, potrò diventare un nicotina addicted, ma non assumo i prodotti nocivi della combustione del tabacco". Proprio per questo "i giovani devono evitare il rischio di dipendenza dalla nicotina".
Le e-cig, quindi, non sono innocue, ma "nell'ambito della prevenzione - riflette lo specialista - ci sono strumenti che cercano di ridurre il rischio delle malattie: il profilattico per le malattie veneree, o la siringa sterilizzata in chi si drogava, per ridurre il rischio di altre malattie e di morte. E' necessario aprirsi a questa cultura: esiste un continuum nella patologia cardiovascolare, deve così esistere un continuum nella prevenzione, che va dall'eliminazione dei fattori di rischio alla loro riduzione. E' come con la questione sul vino. C'è alcol e alcol: nel vino ci sono anche altre sostanze" che non sono nocive.
Nell'articolo pubblicato su Nature Medicine si riassumono anche le politiche attivate nei vari Paesi: dalle restrizioni sui gusti delle e-cig al divieto assoluto di vendita, dalle restrizioni del contenuto di nicotina alle tasse sulle e-cig, fino alle leggi sull'età minima di vendita. In generale, una politica di ampia apertura è stata adotta da Uk e Nuova Zelanda; di parziale apertura in Canada e Usa rispetto, ad esempio, all'Australia storicamente su posizioni di rigido proibizionismo. Gli autori suggeriscono, nei Paesi più restrittivi, di prendere in maggiore considerazione il potenziale delle e-cig per favorire la cessazione del fumo.
Con le sigarette, "in generale non serve una politica di proibizionismo - avverte Fedele - Così come per il vino, le persone devono essere ben informate per poter fare le scelte giuste. Bacco tabacco e Venere devono essere trattati", visto che non si possono eradicare. "Certo, nei giovani la e-cig va vietata, ma nel fumatore incallito è un'alternativa valida. Sono un tifoso - conclude il professore - Voglio scendere in campo per vincere la partita, che è smettere di fumare. Ma dove non posso vincere, piuttosto di perdere, meglio pareggiare".