Il presidente dell'Associazione: "Nell'anno appena trascorso -20/25% fatturato rispetto a pre-Covid"
"Nel 2023 ci aspettiamo di tornare alla normalità anche se abbiamo paura di una fase un po' stagnante causa appunto principalmente le tensioni geo-politiche. Siamo molto fiduciosi perchè abbiamo fatto anche nel 2022 un grande lavoro con Ice-Agenzia con la quale siamo riusciti ad avere un incoming molto importante di buyer che pensiamo di potere ripetere anche nel 2023 grazie a questa buona collaborazione esistente. E magari scoprire e far arrivare buyer anche da aree considerate emergenti, e quindi riuscire così a sostituire quei buyer che oggi mancano dall'Est Europa". Così, con Adnkronos/Labitalia, Maurizio Danese, presidente di Aefi, l'associazione delle Fiere italiane, sui progetto del comparto per il 2023.
Un comparto, quello delle fiere, che ha visto da poco chiudersi un anno positivo, viste anche le premesse iniziali. "A febbraio-marzo 2022 -ricorda Danese- non sapevamo neanche se saremmo riusciti a riaprire le fiere italiane. Sono passati poco più di 10 mesi da allora e adesso possiamo dire che abbiamo fatto un 2022 decisamente buono, abbiamo trovato slancio da una grande incertezza. Non abbiamo fatto il fatturato pre-Covid, diciamo che abbiamo fatto una performance del 20-25% in meno rispetto al 2019 ma direi che tutto sommato è stato un buon anno, di ripresa di fatto, che getta le basi per il 2023 che speriamo, ripeto, possa essere di vera ripartenza, nonostante le tensioni geo-politiche in atto", ribadisce il numero uno di Aefi.
Secondo Danese sull'anno appena trascorso e su quello appena iniziato pesano infatti gli effetti del conflitto in corso in Ucraina. "Nel corso del 2022, e purtroppo ciò accadrà anche nel 2023, abbiamo dovuto fronteggiare un aumento dei costi delle materie prime, dell'energia e anche della manodopera. E quindi anche nel 2023 avremo delle fiere che faranno un buon fatturato ma soffriranno dal punto di vista della redditività, nonostante la ripresa del mercato", sottolinea.
E per Danese uno dei problemi principali è che "molti allestitori di fiere, negli anni di Covid, in cui sono dovuti restare fermi, hanno perso molte maestranze, formate, che si sono trasferite in altri settori. E quindi da quando abbiamo riaperto la situazione non è semplice, non si trova personale e non è semplice formarli da un giorno all'altro, è un aspetto che costa tempo e denaro", aggiunge.
Difficoltà che impattano su un settore chiave per il made in Italy. "Come Aefi abbiamo commissionato uno studio a Prometeia che ha analizzato l'andamento di 25mila imprese che hanno fatto fiere, paragonate ad altrettante aziende degli stessi settori e delle stesse proporzioni che non le hanno fatte. Ed è emerso che c'è una differenza importante, con una crescita, tra il 2012 e il 2019, del 12,6% del fatturato delle imprese che hanno creduto e partecipato alle fiere rispetto a chi non l'ha fatto. Le fiere si confermano quindi come uno strumento fondamentale per la crescita delle nostre aziende", sottolinea Danese.
Il binomio fiere-made in Italy è centrale per alcuni comparti e territori in particolare. "I primi cinque settori rappresentati dal sistema fieristico italiano (complessivamente tra manifestazioni nazionali e internazionali) sono agricoltura/silvicoltura e zootecnia; food&bevarage e ospitalità; sport e hobby; tessile/moda; arredamento/forniture. Sono settori a grande vocazione internazionale legati a doppio filo con le fiere. Una liaison che si evince nella geografia dei quartieri sede di grandi eventi internazionali, in grado di attirare circa 10 milioni di operatori l’anno di cui 1,6 milioni stranieri. Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto – che da sole costituiscono quasi i 2/3 delle fiere internazionali italiane – sono infatti anche le prime 3 regioni per export del Belpaese", spiega Danese.
Numeri che attestano l'importanza del settore, e di conseguenza, la necessità di supportarlo il più possibile per generare sviluppo. "Noi abbiamo fatto un tavolo l'altro ieri con il governo per la promozione del Sistema Paese dove era coinvolto tutto l'ambiene 'Ice-Simest'. Speriamo che si continui a fare quanto è stato fatto finora. L'aspetto in cui noi fiere abbiamo bisogno di una mano decisa del governo è l'internazionalizzazione delle nostre imprese. Cercare quindi di studiare con il governo uno strumento che possa darci una mano per portare le nostre aziende all'estero, al di là dell'incoming delle nostre fiere internazionali che tra l'altro nel 2022 sono cresciute e quindi vuol dire che abbiamo avuto fiere nazionali che sono diventate internazionali", chiede Danese.
Centrale potrà essere per le nostre fiere il mercato cinese. "Speriamo che si possa risolvere il problema Covid per la Cina in modo che possiamo riavere i nostri buyer cinesi e potere ricominciare a fare fiere in quelle aree in cui sono state quasi tutte sospese. Adesso è un momento difficile ma crediamo che poi la Cina tornerà a essere un mercato molto importante per le fiere", sottolinea Danese.
Fiere che necessità sempre più di formare i loro collaboratori. "Per quanto riguarda i manager del mondo fieristico, non ci sono in Italia percorsi per formare professionalità e specializzazioni. Se oggi una struttura cerca un manager specializzato nel settore delle fiere non lo trova, se lo trova è perchè si è formato all'interno delle fiere. C'è qualche segnale che è arrivato da Fiera Milano ma diciamo che come sistema su questo soffriamo un po'", spiega.
Dal punto di vista della formazione, per Danese, buoni segnali sembrano arrivare dal nuovo governo perchè "mettere l'azienda al centro e chiedersi che bisogni ha credo che sia la base per fare una formazione che possa essere soddisfacente per l'impresa". "Il sistema fieristico, ad esempio, ha bisogno anche di avere degli allestitori che siano formati in maniera corretta in modo che abbiano le giuste competenze", aggiunge.
Ma oltre alle competenze, lo sviluppo delle fiere potrebbe arrivare dalla collaborazione. "Il lato positivo della pandemia è che oggi le fiere italiane si 'parlano' tra loro, ci sono interlocuzioni importanti tra enti fieristici e credo che questo possa essere l'inizio di uno sviluppo di collaborazione tra le fiere, a differenza di qualche anno fa quando questo appariva più difficile. Quindi credo che il valore aggiunto per le fiere, oltre alla digitalizzazione, sia anche il fatto che ci sia la volontà di collaborare", conclude Danese.