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Conte perora patto con Ue, riforme in cambio di investimenti

Al suo primo viaggio da premier bis, dopo gli incontri con von der Leyen e Tusk: "Da Ue avremo grande sostegno". E ha sottolineato: "C'è un'assoluta consonanza"

(Foto Afp) - AFP
(Foto Afp) - AFP
11 settembre 2019 | 10.50
LETTURA: 8 minuti

( di Tommaso Gallavotti)
Un patto con l'Unione Europea. Un programma di riforme per modernizzare l'Italia, in un "po' di tempo", in cambio della possibilità di effettuare investimenti "produttivi". Con l'impegno di ridurre il debito pubblico in rapporto al Prodotto interno lordo, puntando sulla "crescita economica". E' lo scambio che il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha proposto all'Ue, nei colloqui istituzionali tenuti oggi a Bruxelles, nella prima uscita pubblica dopo aver ricevuto la fiducia, in particolare alla presidente eletta della Commissione Europea Ursula von der Leyen, che ha nominato commissario all'Economia Paolo Gentiloni.

Sull'altro fronte politicamente più sensibile, quello delle politiche migratorie, il premier punta ad un accordo "temporaneo" a livello Ue, che consenta di ricollocare i migranti salvati in mare e sbarcati sulle coste dei Paesi italiane. E chiedendo penalizzazioni finanziarie per i Paesi "riluttanti" a prendere la propria quota: un chiaro riferimento ai Paesi del gruppo di Visegrad (Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca e Slovacchia), grandi beneficiari dei fondi Ue. E poi, il Mezzogiorno, per il quale, ha detto il premier, servono "interventi straordinari". In sintesi, dunque, "la modifica del Patto di stabilità a favore della crescita, il superamento del Regolamento di Dublino, un regime interventi straordinari che favoriscano la crescita e lo sviluppo del nostro Mezzogiorno".

Con von der Leyen, il primo degli incontri che Conte ha avuto a Bruxelles nella sua prima uscita pubblica dopo la fiducia, "abbiamo parlato di quello che ci aspetta, della manovra economica. E anche del tema immigrazione". Fonti vicine alla presidente eletta confermano che i due hanno parlato anche della nuova situazione politica determinatasi in Italia, dopo la caduta del Conte uno e il passaggio della Lega dal governo all'opposizione.

Dopo von der Leyen, Conte ha visto anche il presidente del Consiglio Europeo Donald Tusk, quello del Parlamento David Sassoli, a colazione, poi il presidente della Commissione in carica Jean-Claude Juncker e quello designato del Consiglio Europeo, il premier belga Charles Michel. Da tutti sono arrivati commenti positivi, complimenti e cortesie istituzionali di varia natura nei confronti di Conte.

Segno, se ce ne fosse bisogno, del sollievo con cui la svolta politica avvenuta con la caduta del governo gialloverde è stata accolta qui a Bruxelles. Conte, sul fronte economico, ha dato la linea generale, senza scendere nei dettagli: come l'auspicato "patto" con l'Ue verrà declinato nel concreto, rispettando le regole del patto di stabilità, pur con tutta la "flessibilità" prevista, come ha sottolineato von der Leyen nella lettera d'incarico a Gentiloni, il premier non lo ha detto.

Spetterà al ministro dell'Economia Roberto Gualtieri, forte della sua profonda conoscenza delle regole comunitarie (ha presieduto a lungo la nevralgica commissione Econ del Parlamento Europeo), sbrogliare la matassa e trovare il punto d'equilibrio per la legge di stabilità 2020, a partire dall'Eurogruppo e dall'Ecofin informale che si terranno venerdì e sabato a Helsinki.

Con l'Europa, ha detto il presidente del Consiglio, l'Italia intende stabilire un "patto", per una "stagione riformatrice", che "non si esaurisce in qualche mese, evidentemente". Al nostro Paese serve "un po' di tempo", per "digitalizzare" ed orientare il sistema industriale verso "la green economy". Tutte cose che richiedono "investimenti che ci consentano crescita economica, che ci consentano di orientare il Paese verso lo sviluppo sostenibile, verso una maggiore occupazione, anche di maggiore qualità".

Per questo l'Italia del governo Pd-M5S, "in modo trasparente", vuole "fare un patto con l'Europa: queste sono le nostre carte e il nostro programma. Consentiteci di realizzare questi investimenti e per un periodo di tempo lasciateci realizzare questo progetto". Quindi, pare di capire, si penserebbe allo scorporo degli investimenti produttivi dal calcolo del deficit o a meccanismi dal risultato analogo. Che su questi temi a livello Ue siano in corso riflessioni, davanti alla recessione tecnica in cui è caduta anche la 'locomotiva' tedesca, non è un mistero.

Sul tipo di investimenti che l'Italia dovrebbe fare, viene in aiuto un rapporto dello European Fiscal Board pubblicato oggi: "Una strategia di spesa che miri ad aumentare la quota di investimenti pubblici - si legge - avrà probabilmente effetti che amplificano la crescita. Un risultato che pare vero specialmente per gli investimenti produttivi nel campo dell'educazione, della ricerca e sviluppo, delle infrastrutture pubbliche e dei trasporti".

"Attenzione - ha precisato Conte - il nostro obiettivo è la riduzione del debito", attraverso "la crescita economica, una crescita ragionata, con investimenti produttivi". Investimenti "produttivi", dunque, esattamente come quelli raccomandati dallo European Fiscal Board. L'obiettivo è far crescere il denominatore, il Pil, oggi pressoché fermo, più rapidamente rispetto al numeratore, il debito, che lievita inerzialmente, anche se i rendimenti in calo dei titoli di Stato aiutano.

Lo spread Btp-Bund è intorno a 153 punti, ma il rendimento della carta italiana è dello 0,97% a dieci anni: la Germania ha tassi negativi a 10 anni, a -0,56%, come gli Oat francesi, a -0,25%. Finanziare gli investimenti, a maggior ragione nell'Eurozona 'core', è estremamente conveniente. Restando al fronte economico, Conte ha rivendicato il risultato portato a casa con la nomina di Paolo Gentiloni a commissario agli Affari Economici, con deleghe, ha sottolineato, "aumentate".

L’Italia, ha aggiunto il premier, "si rafforza, è un portafoglio di primaria importanza. Se siamo italiani dobbiamo essere contenti". Sul fronte migrazioni, ha sostenuto il premier, a livello Ue "c'è grande disponibilità a trovare subito un accordo" per la redistribuzione dei migranti salvati in mare, "ancorché temporaneo". Perché, ha continuato, "assolutamente dobbiamo uscire dalla gestione dei casi emergenziali affidati alla sola Italia".
Qui "abbiamo la massima disponibilità: adesso dobbiamo definire un po' i dettagli. Sicuramente - ha rimarcato il presidente del Consiglio - l'Italia vuole che anche in questo meccanismo temporaneo ci sia la sostanziale condivisione e ripartizione" dei migranti soccorsi in mare.

Una volta stabilito un meccanismo di redistribuzione, ha detto ancora Conte, "in prospettiva, quando perfezioneremo" l'accordo temporaneo per ridistribuire tra i vari Paesi Ue i migranti salvati in mare, "probabilmente avremo dei Paesi riluttanti. C'è consapevolezza però che chi non parteciperà ne risentirà sul piano finanziario, in modo consistente". "Se siamo in Europa - ha continuato Conte - tutti devono partecipare a meccanismi di redistribuzione: quindi un meccanismo di solidarietà non può essere disatteso, se non a grave prezzo, per quanto mi riguarda".

I Paesi del gruppo di Visegrad fin dall'inizio della crisi migratoria del 2015 si sono opposti con vigore, e finora con successo, ai piani di ricollocamento dei migranti salvati in mare i quali, con il regolamento di Dublino che non si è ancora riusciti a riformare, rimangono a carico dei Paesi di primo arrivo, cioè, in questi anni, quelli che si affacciano sul Mediterraneo. E il sistema dei rimpatri di chi non ha diritto a rimanere sul suolo Ue, ha aggiunto Conte, "dovrà essere gestito a livello europeo e soprattutto integrando gli accordi" con i Paesi di origine.

Accordi che, insiste il premier, "devono essere a livello europeo, e non possono essere affidati bilateralmente ai singoli Stati, come l'Italia". Questo per aumentare la forza negoziale nei confronti di Paesi spesso molto riluttanti a firmarli, dato che gli accordi in questo campo tendono a rendere molto impopolari i governi che li stipulano. Infine, il Mezzogiorno. Alla von der Leyen, ha detto il premier, "ho spiegato che, nell'ambito del progetto" di riforme del Paese, "un pilastro importante è ottenere una sorta di regime agevolato, ma non vorrei essere frainteso, per il Mezzogiorno.
Dobbiamo tenere conto - ha ricordato - che ci sono delle aree che sono disagiate sul piano economico e sociale e per queste aree bisogna creare una cintura di protezione, misure e un piano di interventi che sia nel segno della straordinarietà", ha concluso il premier, nativo di Volturara Appula.

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