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Diciotti, il Senato blinda Salvini

No dell'Aula ai magistrati di Catania che chiedevano processo dopo 'stop' allo sbarco dei 177 migranti

(foto da Twitter/Matteo Salvini)
(foto da Twitter/Matteo Salvini)
20 marzo 2019 | 15.47
LETTURA: 4 minuti

di Francesco Saita

Con il voto a favore di Matteo Salvini - che non sarà processato - in Senato si chiude la vicenda Diciotti. Il ministro dell'Interno, che i magistrati catanesi lo scorso 23 gennaio avevano chiesto di giudicare, chiedendo il via libera ai senatori, come previsto dal regolamento della Giunta per le Immunità e le autorizzazioni, non finirà sul banco degli imputati. Si archivia così il caso nato lo scorso agosto, che ha dato il via a un duro scontro politico, in relazione alla vicenda Diciotti, la nave della guardia costiera italiana bloccata per cinque giorni di fronte al porto di Catania, con 177 migranti a bordo.

Dopo l'intervento dei magistrati la Lega fa subito scudo al suo leader, con Forza Italia e Fratelli d'Italia in appoggio 'esterno', condividendo la scelta della linea dura di Salvini sui porti; dall'altra invece il Pd e la sinistra, che chiedono di concedere il via libera ai giudici e alcuni ex Cinque Stelle, che hanno già detto no al decreto sicurezza di Salvini, come Gregorio De Falco. I Cinque Stelle, che hanno vissuto un lacerante dibattito interno sulla vicenda, sono chiamati a difendere Salvini, spalleggiato dal premier Giuseppe Conte, oltre che dai ministri Luigi Di Maio e Danilo Toninelli, che hanno presentato apposite memorie per condividere con il titolare dell'Interno la responsabilità del blocco della nave con a bordo i migranti.

Dopo l'arrivo delle richiesta di processo a Palazzo Madama, lo scorso gennaio, la giunta per le autorizzazioni e le immunità, presieduta dal senatore di Forza Italia, Maurizio Gasparri, inizia i suoi lavori, per arrivare al voto sulla richiesta di procedere per il ministro Salvini. Sul tavolo di Sant'Ivo alla Sapienza, sede della giunta, il titolare dell'Interno, dopo aver fatto sapere che avrebbe chiesto di non dare il via libera al processo, manda una sua 'memoria' che spiega come la scelta di non far sbarcare subito i migranti fosse legata "a un preminente interesse pubblico", relativo alla "prevenzione e il contrasto rafforzato dell’immigrazione illegale e della tratta degli esseri umani".

Avendo agito inoltre, come sottolinea il leader della Lega, "il governo italiano, quindi non Matteo Salvini personalmente, al fine di verificare la possibilità di un'equa ripartizione tra i Paesi dell’Ue degli immigrati a bordo della nave". Parole che vengono rafforzate da due documenti allegati alla memoria, che ribadiscono come si sia trattato proprio di una linea comune del governo. Il primo, a firma del premier Giuseppe Conte, il secondo co-firmato da Di Maio e Toninelli, che ribadiscono la scelta fatta in sintonia tra alleati. "Siamo tutti corresponsabili della scelta fatta sui migranti della Diciotti", è la parola d'ordine dell'esecutivo. Parole che però non fanno passare i maldipancia agli ortodossi del M5S che chiedono di non derogare dai principi del movimento.

Una situazione che Di Maio, alla vigilia del voto in giunta, decide di risolvere ricorrendo alla consultazione della base il 18 febbraio. Il voto sull'immunità al vicepremier leghista spacca gli alleati. La piattaforma Rousseau registra 52.417 votanti, di cui il 59,05% a favore del no al processo, il 40,95% per il sì. Un risultato che viene 'adottato' il giorno dopo in giunta, dove i sei senatori del Movimento, guidati da Mario Michele Giarrusso votano insieme alla Lega, Fi e FdI per dire no al processo a Salvini. E mandano la palla in Aula, dove si dovrà dare il parere definitivo sulla richiesta della magistratura.

Aula che oggi ha 'approvato' la relazione Gasparri, dicendo quindi no al processo nei confronti di Matteo Salvini. Che incassa il voto a suo favore, portando a casa un risultato arrivato al termine di mesi di tensioni, anche aspre, tra le fila del governo. Testimoniato dalle parole, dette oggi in Aula dalle senatrici del movimento Nugnes e Fattori, che hanno rivendicato il loro voto in dissenso dalla linea dettata da Rousseau, e finiranno - loro sì - processate dai probiviri, che dovrebbero procedere alla loro espulsione.

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