"Il motivo di tanti morti in Italia resta è un mistero. Una teoria è perché abbiamo una popolazione anziana, ma non basta. Solo Regno Unito e Spagna registrano simili perdite, mentre gli Stati Uniti sono più bassi e la Germania pure. La letalità del Covid non è drammatica rispetto ad altre malattie, ma se riferita agli anziani diventa devastante". Lo afferma Lorenzo Richiardi, 45 anni, professore ordinario di epidemiologia e statistica medica all'Università di Torino analizzando il record di 993 morti dall'inizio della pandemia in una intervista a 'La Stampa'.
A cosa si deve questo numero terrificante? "Purtroppo i morti sono gli ultimi a scendere dopo contagiati e ricoverati. E molto complesso fare questo tipo di valutazioni, ma esiste un ritardo tra il picco di incidenza dei casi rilevati e i deceduti. Si può immaginare che ci sia una distanza di due o tre settimane, per cui - evidenzia Richiardi - i 993 di ieri si sarebbero ammalati a inizio novembre". Può influire il ritardo nella trasmissione dei dati? "Sì e molto dipende pure dalla tempestività della diagnosi. Rispetto alla prima fase - precisa - in cui gli ammalati arrivavano in ospedale già gravi e morivano dopo poco, ora i contagiati vengono presi in carico prima e hanno un decorso più lungo".
Il sistema è più efficiente e i morti sono malati di lungo corso? "Esattamente, la diagnosi spesso è precoce, le cure mirate e passa più tempo. Detto questo, purtroppo, come abbiamo messo in luce coi colleghi Micheli e Forastiere sulla rivista 'Epidemiologia e prevenzione' l'età resta il fattore principale di mortalità", chiosa.
Cosa altro sta studiando? "Seguo un gruppo di bambini dalla nascita ai 15 anni per rilevare la frequenza del Covid o di altri problemi indotti - racconta Richiardi - E con dei colleghi informatici proviamo dei modelli sulla diffusione del virus in Piemonte. Se per esempio aumentasse la capacità di individuare i casi cosa succederebbe? Oppure quali chiusure risultano più influenti?".
Ora siamo sul plateau? "Siamo anche oltre, almeno per quel che riguarda i nuovi casi. Per le terapie intensive siamo ancora sul plateau", risponde l'epidemiologo. E una discesa lenta? "La velocità è quella attesa, anzi è più veloce della prima fase. Ora bisogna completare la discesa, cercando di evitare la terza ondata a febbraio", aggiunge. Cosa ha contribuito di più alla discesa? "Il punto determinante è sempre la riduzione dei contatti personali - suggerisce - Impedire le riunioni sembra aver avuto un ruolo importante, ma è l'insieme delle misure che fa effetto. Ora con la discesa dei contagi ripartirà la capacità di fare test e allora i numeri potrebbero leggermente aumentare".
Il Natale rischia di essere il detonatore della terza ondata? "Potrebbe, ma non siamo a zero casi come quest'estate per cui più che la creazione di una terza ondata c'è da temere la ripresa della seconda", precisa Richiardi che alla domanda su una possibile ricaduta spiega che "non è un Natale spensierato. Bisogna allontanare la terza ondata - avverte - rendendo più efficienti test, tracciamenti e misure di prevenzione". E dopo la terza ondata? "Intanto per ora è solo una preoccupazione, poi ragionerei un'ondata alla volta anche se l'andamento della pandemia è su e giù, come uno yo-yo. Il motivo per cui si calma sono le misure di contrasto, in attesa del vaccino", conclude.