E' morto Enzo Mari, 88 anni, padre nobile del design italiano e tra i più grandi del Novecento. "Ciao Enzo. Te ne vai da Gigante", le parole con cui ha dato l'annuncio Stefano Boeri, presidente Triennale Milano dove solo due giorni fa era stata inaugurata la mostra 'Enzo Mari curated by Hans Ulrich Obrist with Francesca Giacomelli' per documentare oltre 60 anni di attività di uno dei principali maestri e teorici del design italiano.
Con la creazione di oltre 1.600 oggetti, con celebri mobili che sono considerati dei 'pezzi rivoluzionari' dell'arredamento di interni, Enzo Mari ha raggiunto fama internazionale nel settore del design, in cui si è distinto per la sperimentalità della sua ricerca formale e la qualità dei suoi contributi teorici.
Padre nobile del design Made in Italy, Mari ha svolto un significativo ruolo, oltre che progettuale, soprattutto teorico e critico, in particolare opponendosi alla crescente subordinazione della produzione industriale al marketing. Il suo lavoro pionieristico è stato il risultato di precise prese di posizione a livello ideologico e politico, d'ispirazione egalitaria e marxista.
Mari ha realizzato oggetti per aziende quali Alessi, Artemide, Danese, Driade, Ideal Standard, Olivetti, Zanotta, Gavina, Gabbianelli, molti dei quali esposti nei principali musei di arte e design del mondo, dalla Galleria nazionale d'arte moderna di Roma al Louvre di Parigi al Museum of modern art di New York, oltre che al Philadelphia Museum of Art, al Moderna Museet di Stoccolma, allo Stedelijk Museum di Amsterdam, al Museum für Kunst und Gewerbe di Amburgo e alla Galleria nazionale d'arte moderna di Roma. Per Danese, in particolare, ha progettato gli oggetti esposti nella mostra "The Italian manifesto", tenutasi ad Aspen, in Colorado, nel 1989. Fra i pezzi più noti del designer si ricordano: la sedia Tonietta prodotta da Zanotta (1985); la sedia in legno Paolina per Pozzi e Verga (1986); la serie di tavoli in legno Resegone, Hot-dog e Altino per Lema (1988); la famiglia di contenitori per la casa prodotti da Zanotta (libreria pensile Lubecca con ripiani ribaltabili in estruso d'alluminio e tiranti d'acciaio; libreria Treviri in lamiera piegata e forata; vetrina a coulisse Wunderkammer; cassettiera a ponte Monaco, in legno con cassetti in lamiera piegata, tutti del 1994).
Design pluripremiato, Enzo Mari ha ricevuto il Compasso d'oro cinque volte (1967, 1969, 1986, 2001) e nel 2011 gli è stato assegnato il Compasso d'oro alla carriera dall'Adi. Nel 1987 a New York gli è stato conferito l'International Design Center Prize. Fra i numerosi riconoscimenti ricevuti, spicca l'ammissione fra i Royal designers for industry, conferitagli nel 2000 dalla Royal society of arts di Londra. Nel 1993 Mari aveva assunto la direzione artistica della Königliche Porzellan-Manufaktur di Berlino. Nel 2002 gli è stata conferita la Laurea Honoris Causa in Disegno Industriale dalla Facoltà di Architettura del Politecnico di Milano.
Tra le altre centinaia di prodotti disegnati da Mari figurano anche: le pentole Copernico (1989) e le posate Piuma (1991) per Zani&Zani; il sistema di vetrine Wunderkammer (1993) e la libreria componibile Ulm (1996-98) per Zanotta; lo scolapasta Em02 (1997) e lo spremilimoni Squeezer (2000) per Alessi; i cavalletti Ypsilon (1999), il portaombrelli Eretteo (2000) e l'appendiabiti Togo (2001) per Magis; il tavolo Legato (2001) per Driade, per il quale ha ricevuto il suo quarto Compasso d'oro.
Nato a Novara il 27 aprile 1932, Enzo Mari ha studiato all'Accademia di Brera (1951-56); la sua prima mostra personale è del 1953, alla Galleria San Fedele di Milano. Legato al Gruppo N di Padova nel 1962 e nell'anno successivo al gruppo di Nuova Tendenza, ha partecipato all'attività di questi movimenti, esponendo a importanti rassegne internazionali come la mostra dell'Industrial design a Lubiana nel 1964 e nel 1966, alla Triennale di Milano e a diverse Biennali di Venezia. Nel 2008 la Galleria di arte moderna e contemporanea di Torino gli ha dedicato la personale retrospettiva "Enzo Mari: l'arte del design".
Le prime ricerche teoriche di Mari come artista risalgono al 1952 e appaiono centrate sul problema della psicologia della visione e successivamente su quello della programmazione nel campo delle ricerche estetiche. Proprio questi orientamenti lo hanno portato a partecipare al Gruppo N di Padova e a ricerche d'arte programmata e visuale. In seguito la sua attività come designer è diventata sempre più determinante, sia attraverso la pratica (a partire dal 1967 si è occupato di disegno industriale legato a oggetti d'uso domestico) che in ricerche teoriche.
Tra i suoi scritti teorici: Funzione della ricerca estetica (1970); Ipotesi di rifondazione del progetto (1978); Dov'è l'artigianato (1981); Tre piazze del Duomo (1984); La libertà della manifattura (1994); Progetto e passione (2000); Lezioni di disegno: storie di carte, draghi e struzzi in cattedra (2008); La valigia senza manico (2004); 25 modi per piantare un chiodo (2011).
Il designer, secondo la concezione di Mari, non si sarebbe dovuto limitare alla creazione di oggetti belli e forme piacevoli: l'aspetto funzionale era imprescindibile, così come lo era l'efficienza delle scelte progettuali in campo di materiali e lavorazioni, "non può esservi poesia senza metodo". Nella sua visione, l'utente non è più consumatore passivo, ma diventa un fruitore di un oggetto e di un processo (quello del design) in cui ha una parte attiva. A parere di un altro grande del design italiano, Alessandro Mendini, Mari "non è un designer, ma la coscienza di tutti noi designer". Critico verso ciò che era diventato il design una volta conclusa l'epoca d'oro degli anni '60 e '70, Mari ha attribuito al marketing la colpa di aver trasformato il designer da filosofo creativo in semplice interprete di tendenze.