"Revisione del processo per la verità"
“Io feci il comizio quando il 30 settembre del 1977 venne ucciso a Roma Walter Rossi, giovane militante comunista appartenente a Lotta Continua, ed era quel giro lì che l’aveva fatto fuori, quindi prima di schierarmi per l’innocenza di Francesco Mambro e Valerio Fioravanti ci pensai molto. Però un giorno venne nel mio ufficio Italo Mambro, fratello di Francesca, e mi disse che se ero davvero un garantista, dovevo difendere anche sua sorella. Allora presi tutte le carte dell’inchiesta, le lessi e poi chiesi un consiglio anche ad Adriano Sofri, e lui mi disse di farlo, perché bisognava essere garantisti anche con i nemici di sempre”. A dirlo all’AdnKronos è Mimmo Pinto, ex membro di Lotta Continua, parlamentare prima candidato nelle liste di Democrazia Proletaria e poi in quelle del Partito Radicale.
Pinto, che ha sempre fatto parte del comitato: “E se fossero innocenti”, si domanda “perché Mambro e Fioravanti, dopo essersi assunti la responsabilità di tanti omicidi, pubblicando anche un libro, avrebbero dovuto mentire proprio sulla strage di Bologna?”. Per l’ex deputato, inoltre, “le contraddizioni in quella inchiesta erano enormi, ed era chiara, bastava leggere bene le carte, la presenza dei servizi segreti, e allora decisi di schierarmi, perché ero e sono ancora convinto dell’innocenza di Mambro e Fioravanti. Mi dispiace per i familiari delle vittime, perché io sono uno di sinistra che si schiera in questo senso, però si è di sinistra anche se si ha il coraggio di difendere un fascista”.
Pinto ricorda anche che per un periodo, a causa di questa sua presa di posizione, non poteva “girare per Roma, una volta i “compagni” mi sputarono anche in faccia, mi minacciarono, per fortuna io venivo dalla strada e sapevo come rispondere”. L’ex deputato poi aggiunge: “Parlai a lungo con Mambro e Fioravanti, loro avevano altri obiettivi, non erano stragisti, non lo erano, e poi questo è un Paese che puzza, dietro le stragi c’è sempre lo zampino dello Stato e dei servizi segreti”.
Quanto al perché, nonostante i molti dubbi, pm e giudici hanno concluso per la colpevolezza degli ex Nar, Pinto spiega: “Dopo la sua scarcerazione, io feci il giro dell’Italia con Enzo Tortora, e i magistrati erano convintissimi della sua colpevolezza. Poi venne fuori che non era vero nulla. Il magistrato, in questo Paese, è l’unica persona che se si affeziona a una sua idea, a una sua sensazione, può diventare tragedia, ecco perché penso che sia necessario un uso più discreto e più dubbioso del loro ruolo, perché le scelte dei magistrati hanno conseguenze sulla vita delle persone. Avere dei dubbi non è un reato”.
Per Pinto, “la strage di Bologna non solo deve rimanere etichettata come fascista, ma deve anche diventare un capitolo chiuso, perché questo Paese non si può permettere di avere capitoli aperti. E quindi hanno liquidato così la vicenda. Credo sia giusta una revisione del processo che ha condannato Mambro e Fioravanti anche, nel caso, per emettere una condanna più certa, più chiara, oppure per assolverli. Sempre che si abbia voglia di conoscere la verità. In nome delle vittime e dei loro parenti. Se io fossi parente di una delle vittime della strage -conclude- non vorrei un colpevole a tutti i costi, ma la verità a tutti i costi”.