L'inchiesta, il ricovero e le analisi. Resta un mistero il caso della giovane marocchina testimone chiave dei processi Ruby morta il 1 marzo
Il mistero è ancora lontano dall'essere risolto. Eppure, a 18 giorni dalla sua morte, sono tante le ombre che aleggiano sul caso di Imane Fadil, la giovane marocchina morta a Milano lo scorso 1 marzo forse per avvelenamento. Testimone chiave nei processi Ruby che vedono tra gli imputati Silvio Berlusconi, ora il corpo di Imane attende l'esame dell'autopsia che dovrà chiarire cosa ne ha provocato il decesso. Ma andiamo con ordine. Chi era Imane Fadil e cosa sappiamo finora della sua morte?
CHI ERA - Il nome di Imane Fadil è legato in modo indissolubile al 'Bunga bunga' a casa dell'allora presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi. Le sue confessioni hanno permesso di svelare i dettagli delle serate hot di Arcore che hanno portato a far esplodere, nel 2011, il caso Karima El Marough e al processo - oggi al filone 'Ruby ter'. Allora 25enne, Fadil partecipò a otto 'cene eleganti' e durante alcune di queste, a suo dire, vide di tutto: spogliarelli, palpeggiamenti, travestimenti bizzarri, ma anche pagamenti generosi per l'intrattenimento. Dopo qualche tempo si presentò in procura per raccontare tutto, non omettendo nomi e cognomi delle 'olgettine'.
Le sue accuse messe a verbale, vengono ripetute a processo nel 2012. Invitata da Lele Mora ed Emilio Fede, Imane ricostruisce davanti ai giudici le serate a casa Berlusconi: ricorda Nicole Minetti e Barbara Faggioli che ballano vestite da suora, Iris Berardi travestita invece da Ronaldinho, fino al siriano che voleva mandarla ad Arcore in cambio di denaro. Al pm racconta di aver partecipato alle serate "perché ero disperata, lavoravo poco e ambivo a incarichi importanti", poi in un'intervista a Il Fatto quotidiano, nell'aprile 2018, svela: "E stata una cosa devastante, impossibile descriverla. All’inizio ero sola contro tutti, nessuno credeva alla mia versione".
A distanza di nove anni dallo scandalo Ruby, il 14 gennaio scorso - testimone nel primo processo, parte civile nel secondo - Imane viene esclusa come parte civile dal processo Ruby ter e non trattiene la sua rabbia davanti al Palazzo di giustizia.
IL RICOVERO - Dopo solo 15 giorni, è il 29 febbraio scorso, Imane viene ricoverata in condizioni gravi all'Humanitas nel reparto di terapia intensiva, e poi in rianimazione. Morirà il primo marzo. Prima di morire Imane ha detto al difensore e al fratello di avere il timore di essere stata avvelenata. Secondo quanto ricostruito e risulta sulla cartella clinica, dall'équipe medica sono stati eseguiti tutti gli accertamenti del caso: quando è arrivata all'Humanitas di Rozzano il 29 gennaio scorso, Imane aveva già una patologia grave e conclamata al midollo osseo ed è stata ricoverata in terapia intensiva. I primi esami sulla giovane marocchina hanno escluso la presenza di un linfoma o di altri tumori del sangue.
I medici dell'Humanitas hanno quindi approfondito la ricerca, senza riscontrare tuttavia nel corpo della donna malattie autoimmuni che avrebbero potuto attaccare così gravemente il midollo e causare il repentino decadimento di altri organi vitali che poi ha portato alla morte. Prima degli esami con 'test tossicologico su metalli' da cui è emersa la contaminazione, che avrebbero richiesto una decina di giorni e sono stati eseguiti in un laboratorio specializzato di Pavia, anche i primi test tossicologici su Imane erano risultati negativi.
COSA DICONO LE ANALISI - Nelle analisi del sangue e delle urine di Imane sono stati riscontrati livelli alti di alcuni metalli pesanti, come l'antimonio "che ha dato a un esame sommario su un campione di sangue già lavato un risultato di 3, mentre il range è tra 0,02-0,22" ha reso noto il procuratore capo di Milano, Francesco Greco, a capo delle indagini. La presenza di eventuali sostanze radioattive nel corpo della 34enne è dunque un'ipotesi senza certezze. La presenza di metalli pesanti nel sangue e nelle urine non è sufficiente per stabilire la causa del decesso o determinare la presenza di eventuali elementi radioattivi nel corpo della giovane ex modella.
Oltre all'antimonio è stata registrata la presenza di cadmio urinario "di 7 (forbice 0,1-0,9), molibdeno elevano, cromo al 2,6 (0,1-0,5)", parametri che di per sé nulla dicono sulla pericolosità degli elementi stessi fino a quando non si conoscerà il valore dell'eventuale radioattività dei metalli che "si fissano sulle ossa" o su organi "come fegato e reni".
L'AUTOPSIA - I risultati sono attesi a giorni, solo dopo - tra giovedì e venerdì - ci sarà l'autopsia che sarà eseguita da un pool di esperti guidati dall'anatomopatologa Cristina Cattaneo, insieme al Nucleo radiologico e batteriologico dei vigili del fuoco, per far luce sulle cause del decesso. Quel che è certo, finora, è che l'autopsia avrebbe potuto essere eseguita subito, sia il giorno della morte - quando è stato disposto il sequestro di tutta la documentazione clinica e della salma -, sia il 6 marzo scorso, quando l'Humanitas ha ricevuto gli esiti tossicologici e li ha comunicati agli inquirenti.
L'ULTIMA INTERVISTA E IL LIBRO - Nella sua ultima intervista lo scorso 14 gennaio davanti alle telecamere di Repubblica tv, Imane aveva detto: "Tutto questo è iniziato quando avevo 25 anni e oggi ne ho 34. In nove anni sono sempre stata lineare, ho sempre detto la verità al contrario degli altri e ho respinto tantissimi tentativi di corruzione da parte di Silvio Berlusconi e di tutto il suo entourage". Fu allora che i giudici di Milano respinsero la sua richiesta di essere parte civile nel processo Ruby ter. Nell'ultima sua apparizione in tribunale, la 33enne sosteneva che "per ciò che succedeva ad Arcore noi abbiamo pagato più di tutte le altre, quelle che hanno deciso di farsi corrompere".
IL LIBRO - La ragazza era pronta a pubblicare un libro sulla sua storia. "Prima o poi tutti lo vedranno, prima o poi sarà pubblicato - aveva sottolineato Imane -. Ho fiducia nella giustizia italiana e ho fiducia nel fatto che le cose stiano cambiando". Secondo il procuratore capo di Milano, il brogliaccio del libro non contiene elementi utili per spiegare il suo decesso.
IL DIFENSORE - "Il fratello è spaventatissimo, i fratelli temono l'esposizione mediatica e di perdere il lavoro, sono confusi dalle notizie contrastanti". Così Paolo Sevesi, difensore di Imane Fadil, interviene dopo essere stato ascoltato dai pm Tiziana Siciliano e Luca Gaglio, titolari dell'inchiesta per omicidio volontario contro ignoti. In attesa dell'autopsia sulla morte della giovane testimone chiave dei processi Ruby, il difensore non sa dare una spiegazione alla morte della 34enne, che temeva di essere stata avvelenata, né sa indicare i tempi per eventuali risultati utili sulle ultime analisi eseguite sul corpo dell'ex modella deceduta all'Humanitas l'1 marzo scorso dopo un ricovero di oltre un mese. "Imane viveva facendo lavori saltuari, sperava di avere un futuro nel mondo dell'editoria, dopo la pubblicazione del suo libro", conclude il difensore prima di lasciare il Palazzo di giustizia.