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Italiani rapiti in Libia, condannati vertici Bonatti

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22 gennaio 2019 | 13.45
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Condannati a Roma in rito abbreviato i vertici della Bonatti, la società per la quale lavoravano i 4 tecnici italiani rapiti in Libia nel luglio 2015 a cui seguì la morte di due di loro, Salvatore Failla e Fausto Piano, a marzo dell’anno successivo, nel corso di un conflitto a fuoco. Failla e Piano vennero rapiti a Sabrata il 19 luglio del 2015 insieme ai colleghi Filippo Calcagno e Gino Pollicardo mentre in auto lasciavano la Tunisia per raggiungere il cantiere di Mellitah. In particolare il gup Maria Paola Tomaselli ha condannato a un anno e 10 mesi, con sospensione della pena, il presidente della Bonatti, Paolo Ghirelli, i due membri del cda, Dino Martinazzoli e Paolo Cardano, e l’ex responsabile Bonatti per la Libia, Dennis Morson. E’ stato invece rinviato a giudizio Giovanni Di Vincenzo, altro membro del cda. Tutti erano accusati di "cooperazione colposa nel delitto doloso". Disposta per la società anche una sanzione di 150mila euro.

Secondo la motivazione del gup, la società Bonatti non ha valutato i rischi cui andavano incontro i propri lavoratori in Libia. In sostanza, la Bonatti avrebbe omesso di predisporre il documento di valutazione di rischio nell'ambito dell’attività dei suoi dipendenti all’estero. E’ stata quindi riconosciuta la linea della Procura e del pm Sergio Colaiocco, secondo cui il rapimento dei quattro tecnici si sarebbe potuto evitare se la società avesse attuato le misure di sicurezza previste per chi lavora in quell'area.

L'AZIENDA - L'azienda ricorrerà in Appello. "Con riferimento alla decisione di condanna emessa dal gup di Roma", fa sapere la Bonatti in una nota, "la società e i suoi amministratori, prendendo doverosamente atto della decisione, si indicano fiduciosi che nel giudizio di appello, che sarà prontamente proposto, emergerà la mancanza di qualsiasi loro responsabilità, considerato anche che la prospettazione giuridica dei fatti sottoposta all'esame del gup della Procura della Repubblica di Roma deve ritenersi nuova ed è meritevole sicuramente di ulteriori riflessioni da parte degli interpreti".

ISIS - La Procura di Roma ha chiuso le indagini sui tre libici arrestati il 16 marzo dello scorso anno per il rapimento dei tecnici italiani. I tre, per i quali a questo punto potrebbe arrivare la richiesta di rinvio a giudizio, sono accusati di sequestro di persona con finalità di terrorismo aggravato dalla morte di due ostaggi. Grazie alle indagini, condotte dai carabinieri del Ros e dal pm Sergio Colaiocco, si è arrivati ai responsabili del sequestro. Si tratta dell'autista Youssef Aldauody, il basista del gruppo, e di Ahmed Dhawadi e Ahmad Elsharo, tutti già in carcere a Tripoli per altri reati. I tre confessarono i fatti dichiarandosi membri dell'Isis e dissero di aver ideato e organizzato il sequestro per finanziare l'organizzazione terroristica. Al sequestro e alla sua gestione avrebbero partecipato almeno un'altra decina di persone, morte assieme a Piano e Failla, nel conflitto a fuoco scoppiato il 3 marzo del 2016 durante il trasferimento degli ostaggi in un'altra 'prigione' in seguito al bombardamento americano su Sabrata. Aldauody, autista per il gruppo di lavoratori italiani, avrebbe fatto da basista, avvertendo gli altri che due giorni dopo avrebbe trasportato in macchina un gruppo di italiani.

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