Al via il primo di una serie di incontri promossi da Motore Sanità insieme a Diabete Italia, per migliorare la vita dei pazienti e delle loro famiglie
Trento, Bolzano, Venezia, Trieste 27 ottobre 2021 - Il 6 per cento degli italiani, circa 3milioni e 600mila persone, ha il diabete. Attenzione: questi sono solo i numeri ufficiali, in realtà i soggetti interessati sarebbero molti di più se contiamo anche il sommerso, cioè coloro i quali, pur essendo diabetici, non sanno ancora di esserlo.
Un tema di strettissima attualità che ha spinto Motore Sanità e Diabete Italia ad aprire un tavolo di confronto Regionale coinvolgendo istituzioni, clinici (specialisti e medici di medicina generale), caregiver, farmacisti, pazienti.
“Il diabete rappresenta il modello paradigmatico della cronicità e questo lo diciamo da anni”, ha esordito Cesare Miranda, Presidente AMD Friuli-Venezia Giulia, durante il primo di questi webinar dedicati, dal titolo ‘LA PANDEMIA DIABETE IN TRENTINO, ALTO ADIGE, VENETO, FRIULI-VENEZIA GIULIA: MODELLI ORGANIZZATIVI E CRITICITÀ GESTIONALI’. “Abbiamo però problemi di mancanza di infermieri dedicati, psicologi e a questo poi aggiungiamo purtroppo la miopia di chi è preposto a prendere decisioni per le quali si continua a ragionare sempre per silos. La gestione non deve più essere verticale, ma orizzontale. Voglio poi ricordare che ogni anno 7mila italiani subiscono un’amputazione, di cui il 40% sono amputazioni maggiori, però se andiamo a vedere in Friuli-Venezia Giulia, nessuna struttura sanitaria pubblica ha la figura del podologo. Secondo me, quindi, al di là dei documenti, vorremmo tutti che si passasse all’applicazione degli stessi”.
Una riflessione condivisa anche da Enzo Bonora, Professore Ordinario di Endocrinologia, Università di Verona - Direttore UOC Endocrinologia, Diabetologia, Malattie del Metabolismo, AOUI Verona: “Il Veneto ha un PDTA (Percorsi diagnostici terapeutici assistenziali) della gestione del diabete di tipo 2 che è stato condiviso fra specialisti, medici di famiglia, rappresentanti di Regione, rappresentanti dei pazienti che è in standby e sul quale noi ci abbiamo lavorato per anni. Però un conto è avere un PDTA, un altro è applicare un PDTA. Sono contento che il PNRR (Piano nazionale di ripresa e resilienza) abbia disponibilità economiche, però PNRR nell’ambito della diabetologia può essere declinato in due modi: Piano nazionale della rassegnazione e della resa (ci arrendiamo), oppure Piano nazionale della resistenza e della riscossa (credo che stiamo facendo resistenza e spero che ci sarà la riscossa). In questo momento abbiamo problemi di accesso ai device, al meglio della tecnologia, ai farmaci (creando delle discriminazioni), alle strutture di diabetologia (rispetto al 65-70% degli Anni ’80 siamo scesi oggi a poco più del 30%). Spero che nel PNRR ci siano risorse per le specialità in generale, non solo per la diabetologia, perché nel nostro Sistema Sanitario c’è bisogno di specialisti che affianchino i medici di medicina generale”.
A proposito di numeri, la regione autonoma del Trentino-Alto Adige attualmente ha pochissimi casi di diabete di tipo 2: 1 a Bolzano e solo 3 a Trento.
“Penso che questo dipenda in gran parte anche dallo stile di vita”, ha commentato Petra Reinstadler, Referente SIEDP Trentino, Alto Adige. “Per quanto riguarda la nostra provincia, abbiamo soprattutto pazienti con diabete di tipo 1 con una durata della malattia tra 0 e 17 anni. Ovviamente non possiamo soddisfare tutti i criteri del PDTA perché nei nostri due centri, a Trento e a Bolzano, abbiamo medici che lavorano a tempo parziale. Però abbiamo un team di medici esperti nella gestione del diabete di tipo 1. Per quanto riguarda l’accessibilità alle cure e alle tecnologie, possiamo dire che siamo a un buon punto. Quello che notiamo è un aumento di incidenza di diabete di tipo 1 e una diagnosi tardiva dovuta sia alla pandemia da Covid, sia probabilmente a fattori socio-economici. Stiamo pensando a una nuova campagna informativa per rivedere questo problema e partecipiamo anche a uno studio multicentrico nazionale per determinare i fattori di rischio”.
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