Lo storico scrittore di montagna all'Adnkronos: "Per me é una passione. Cento anni di storia dalla primavera del 1921, molto mi lega a Big E"
(di Andreana d'Aquino)
"C'è l'Evererest e poi c'è tutto il resto". Si potrebbe partire da qui, spinti da vecchio un mantra "dell'alpinismo inglese" per iniziare a leggere "Everest" (Editori Glf Laterza), il nuovo libro dello storico scrittore di montagna Stefano Ardito. Dedicato a Big E, il volume da domani nelle librerie è il racconto di un secolo - a maggio 2021 saranno 100 anni di storia - fra ascese, esplorazioni, tentativi e misteri accaduti sul Tetto del mondo. "Un secolo fa, nella primavera del 1921, una spedizione britannica lascia le piantagioni di tè di Darjeeling per dirigersi verso la base della montagna" più alta della Terra, racconta lo scrittore. "Questo libro nasce dalla mia passione per l'Everest" scandisce senza mezzi termini Stefano Ardito conversando con l'Adnkronos dei cimenti raccontati nel libro dei migliori alpinisti del mondo da "Eric Shipton a Reinhold Messsner a Edmund Hillary". In tanti, mette in evidenza l'autore, "fra scienziati, topografi, sognatori e figure eccezionali come quelle degli sherpa" si sono inoltrati sui pendii e nelle valli di questo gigante di 8.848 metri, tra le Sette Vette del Pianeta e incassonato nella catena dell'Himalayana, al confine fra Cina e Nepal. "Sono stato varie volte a entrambi i campi base, scrivo di montagna, di alpinismo e - ammette lo scrittore - sono molto legato, per una serie di mie vicende, al mondo dell'alpinismo inglese dove l'Everest è comunque "la" presenza fondamentale". "Lo è per tutti ma lo è in particolare per i britannici anche perché gli inglesi ragionano con misure 'in piedi' non in metri" e "per loro c'è prima l'Everest e poi tutto il resto il resto" è il riferimento anche alla disputa sull'altezza dell'Everest rilanciata da Stefano, classe 1954, noto per i suoi film sulle montagne, specializzato in natura, storia e viaggi.
Al suo attivo articoli di montagna per le maggiori testate italiane - dal Messaggero a Repubblica da Meridiani a Plein Air - Stefano Ardito, giornalista, negli anni '80 intervista John Hunt, capo della famosa spedizione britannica sull'Everest nel 1953, ed Edmund Hillary, "uno dei primi due ad arrivare sulla vetta". "Erano tutti e due stupiti dall'effetto che la conquista dell'Everest aveva avuto in tutto il mondo" tanto che a Londra "erano stati accolti da un milione di persone, nello scalo a Roma c'erano centinaia di migliaia di loro fan, ma, nota di rilievo, al Cairo c'erano 600mila persone" osserva il 'narratore' delle montagne. Hunt e Hillary, continua ancora Stefano Ardito, "mi dissero che proprio grazie all'interesse dimostrato da così tante persone avevano 'capito di avere fatto una cosa bella e grande'" anche "per tutte le persone che in quegli anni - appena dopo la Seconda Guerra Mondiale - avevano bisogno di una notizia bella e di pace". "Ecco, queste frasi mi continuano a girare per la testa, mi fanno pensare che raccontare storie di questo tipo abbia un valore anche per chi non si interessa di montagna" osserva lo scrittore.
Il racconto dell'Everest scritto da Stefano Ardito inizia con "una foto scattata il 29 maggio del 1953" che "ha fatto il giro del mondo in poche ore ed è rimasta il simbolo di montagna e di avventura fino ad oggi". Quella foto, ricorda, "mostra un uomo in piedi su una vetta di neve, mentre alza il cielo in segno di vittoria una picozza alla quale sono legate le bandiere della Gran Bretagna, del Nepal, dell'India e delle Nazioni Unite". "L'uomo si chiama Tenzing Norgay, è uno sherpa nato nella regione del Khumbu, vive da anni a Darjeeling, in India. A scattare la foto è il suo compagno di cordata, il neozelandese Edmund Hillary". E "quel giorno Hillary e Tenzing cambiano la storia dell'andare per montagne. Dopo il Polo Nord e il Polo Sud, toccati rispettivamente nel 1908 e nel 1912, anche il 'terzo Polo' della Terra è stato raggiunto dall'uomo" racconta ancora Stefano Ardito portandoci, pagina dopo pagina, sull'Everest attraverso le sue valli, la sua storia anche drammatica, i suoi cammini impervi: in mezzo alla potenza di una natura che nelle pieghe di Big E sovrasta ogni pretesa dell'umanità.